2006, alla conquista dello spazio e della Rete

Uno stralcio dell’ottavo capitolo di «Irriverenti e libere. Femminismi nel nuovo millennio» di Barbara Bonomi Romagnoli (*)

«Per conquistare il futuro bisogna prima sognarlo». Marge Piercy

Una delle prime robot senza anima, doppio tecnologico della donna dolce materna un po’ santa, compare nel capolavoro indiscusso dell’era del cinema muto, «Metropolis» di Fritz Lang, e costituisce «la prima rappresentazione cinematografica del mostruoso tecnologico femminile, incarna la visione distopica del progresso tecnologico, le paure legate al rapporto fra macchine e umani…». Uno scenario, quello prefigurato dal regista, dove, fra l’altro, il corpo femminile viene sostituito da una macchina, Futura, che comunque “destabilizza l’ordine patriarcale” e forse anche per questo viene bruciata come una strega d’altri tempi.
Nel 2006 la casa editrice Meltemi pubblica il volume collettivo «Futura. Genere e tecnologie» in cui risalta la contraddizione fra possibilità di reinventare il “femminile” attraverso le nuove tecnologie e all’opposto il rischio che vengano intensificati gli stereotipi sessuali. Il libro non rimanda a Lang solo per via del titolo, ma anche perché i saggi che ospita affrontano proprio quello che è accaduto da «Metropolis» in poi ossia: l’entrata in scena di robot, cyborg e organi artificiali che permeano la nostra vita e che incontriamo al cinema, in letteratura, nei videogiochi. Le autrici, da vari punti di vista, riflettono sull’immagine del corpo come «identità fluida, molteplice, dai confini aperti» che d’altro canto rischia di «cancellare proprio la materialità dei corpi che è […] la base del desiderio, dell’identità e della produttività semiotica e simbolica delle donne».
Sempre nel 2006 muore una delle autrici di fantascienza più importanti nel panorama internazionale, Octavia Butler: ha vinto molti premi, nel 1995 è diventata la prima scrittrice di science fiction a ricevere il premio MacArthur, un riconoscimento statunitense che viene dato ai “geni”. Di origine afroamericana, con una nonna che aveva lavorato quasi in schiavitù in una piantagione di canna da zucchero, diceva di sé di essere timida, sognatrice, «confortevolmente asociale». In un’intervista a Nancy V. Hayes affermò che secondo lei la maggior parte delle scrittrici di fantascienza hanno a che fare con il femminismo: «Non necessariamente devono parlarne, ma hai l’impressione che sono sufficientemente indipendenti mentalmente e tutt’altro che interessate a svolgere un ruolo femminile tradizionale».
Gli intrecci fra femminismi, nuove tecnologie e rappresentazione fantascientifica sono oramai numerosi, nonostante «una delle accuse più dure rivolte alla science fiction è stata forse proprio di essere stata a lungo “asessuata” o esplicitamente sessista – con il che si intende maschilista – in un arco che va dall’esplicita misoginia a un meno appariscente adeguarsi ai ruoli e agli sguardi dominanti nelle società storicamente date».

(*) Gran libro questo di Barbara Romagnoli, uscito a inizio d’aprile. Ecco qualche stralcio (senza le note per non appesantire il testo) dell’ottavo capitolo, il più vicino alla fantascienza… in effetti qui in blog questa parte poteva uscire il martedì. Ma anche se lo sguardo è giustamente rivolto al futuro «Irriverenti e libere. Femminismi nel nuovo millennio» ha i piedi saldamente radicati nel presente e nel passato prossimo. Mi accingo a ragionarne in blog… nel modo meno rituale possibile. A presto. (db)

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