28 aprile: giornata mondiale vittime di amianto e …

del lavoro nocivo

Un report di Vito Totire (*)

Report 28 aprile 2020 GIORNATA MONDIALE DELLE VITTIME DELL’AMIANTO E DEL LAVORO NOCIVO

AMIANTO E SALUTE : le fibre vengono al pettine…

Il quadro dell’impatto sanitario dell’amianto in Italia è noto: si stimano almeno 4.000 morti all’anno attribuibili alle due principali malattie causale dall’amianto. Si tratta di stime approssimate per difetto anche perché non tengono conto di tutti gli organi ed apparati colpiti dal’amianto ma solo del polmone e delle guaine mesoteliali (pleura, peritoneo e pericardio). Siamo in un momento particolare e drammatico: il tema della vulnerabilità di alcune persone nei confronti del virus è stato affrontato in maniera sommaria e superficiale salvo alcuni responsabili appelli da parte dei nostri comitati di difesa degli ex-esposti ad amianto a prestare particolare attenzione a chi ha subìto pregresse esposizioni ambientali e professionali negative per l’apparato respiratorio ma anche per l’apparato immunitario. Appelli caduti nel vuoto. Dovremo purtroppo valutare a posteriori le sinergie e gli effetti incrociati e comunque ci stiamo preparando psicologicamente e materialmente, a una GRANDE E CAPILLARE AZIONE DI INCHIESTA SULL’EPIDEMIA DA CORONAVIRUS. Vogliono farci credere che si sia trattato di una sorta di “calamità naturale”. In verità sulla genesi ma anche su tutti gli altri aspetti della prevenzione (primaria, secondaria e terziaria) si sono consumati abusi e gigantesche omissioni delle più elementari misure di sicurezza a partire dai luoghi di lavoro con riferimento principale a quei particolari luoghi che sono gli ospedali e le cosiddette “case di riposo”.

Al momento abbiamo inviato due esposti alla magistratura penale (Modena e Bologna) in entrambi i casi, vertenti sulla ipotesi di omicidio colposo. MA IN VERITA’ STIAMO GUARDANDO FIN DALL’INIZIO A TUTTA QUESTA DRAMMATICA VICENDA CON LA CHIAVE DI LETTURA DELL’OMICIDIO COLPOSO PLURIMO CON PREVISIONE E DUNQUE DELLA STRAGE COLPOSA.

Facciamo ora alcune constatazioni dal nostro osservatorio sull’amianto: osservatorio che è prevalentemente medico-legale, epidemiologico e psicosociale ma sempre finalizzato alla prevenzione. Si tratta di constatazioni e riflessioni che derivano dai “casi” giunti alla nostra attenzione da diverse regioni italiane e che seguiamo, prevalentemente nell’iter assicurativo (Inail e maggiorazione pensionistica) e in quello della responsabilità civile o penale.

Andiamo per filoni.

  1. Maggiorazione pensionistica. Non abbiamo notizie esaustive circa il quadro nazionale; in linea di massima la questione va verso la “conclusione”. Ci risultano procedimenti recenti conclusi positivamente e alcuni altri ancora in corso che veleggiano verso sentenze positive cioè di accoglimento delle istanze di riconoscimento della esposizione. Tutto questo accade a Ravenna. Non abbiamo informazioni da altre città o regioni. Si va dunque concludendo una vicenda assurda e paradossale che avrebbe dovuto essere affidata alle USL e che invece si è voluto “gonfiare” sul piano burocratico e procedurale intasando i tribunali di migliaia di contenziosi che se pure si sono conclusi, spesso positivamente, hanno comportato distress, attese e costi anche economici evitabili per i lavoratori. Una parentesi molto negativa riguarda invece i lavoratori delle ferrovie (in particolare i macchinisti) per i quali il carico burocratico è stato ancora più gravoso e per i quali, in assenza di una linea di indirizzo del governo – che pure sarebbe necessaria e ancora possibile – abbiamo assistito a sentenze della Corte dei conti, non sempre positive e di accoglimento, e ciò anche in relazione a orientamenti difformi tra consulenti per situazioni e condizioni di esposizione identiche.
  2. Riconoscimenti di malattia professionale. Siamo impegnati in numerosi contenziosi contro l’Inail. Il più clamoroso a Palermo: in questo caso l’Inail non solo disconosce la causa professionale del mesotelioma ma nega ai familiari l’accesso agli atti sanitari e ispettivi. Nega non solo la discussione in collegiale ma nega persino di rispondere – ancorchè negativamente – in maniera esplicita e formale alla suddetta istanza. La questione è ancora aperta ed è il sintomo di una politica istituzionale assolutamente disastrosa in materia di supporto sociale alle vittime dell’amianto. Oltre questo “caso limite” siamo impegnati in numerosi contenziosi – sempre contro l’Inail – in materia di patologie asbesto correlate e/o comunque professionali. Contenziosi anche per patologie tabellate, per esempio tumori polmonari da amianto: da Caltanissetta a Ragusa e a Bologna. Dunque i riconoscimenti sono “difficili” anche per patologie tabellate in LISTA I per le quali, a prescindere dalla presunzione legale della esposizione, non è stato sufficiente neppure che noi ci facessimo carico dell’onere della prova ! Fra questi vi è il “caso” di un macchinista ferroviario di Bologna attorno alla cui vicenda (punta dell’iceberg dei disconoscimenti Inail) avevamo – prima dell’epidemia in corso – programmato un convegno/seminario che aveva già raccolto diverse adesioni e che pur slittando in avanti sarà comunque organizzato in quanto riteniamo che la evidenza della potenza morbigena del ruolo di macchinista (in certi anni) non consenta –in relazione all’esposizione ad amianto – di transigere su disconoscimenti fondati evidentemente sulla negazione di fatti ampiamente documentati. Per le patologie tabellate in LISTA II o LISTA III o non tabellate (non solo evidentemente in relazione ad amianto , ma anche ad altri fattori di rischio) il nostro impegno a sostegno dei lavorativi e dei loro familiari sta dando risultati significativi anche se spesso connotati da lunghe attese e da sentenze discutibili (per esempio per quello che riguarda la data di inizio del risarcimento retroattivo in caso di morte). Non essendo congruo né ergonomico inseguire l’Inail caso per caso, rimane attuale e fondata la nostra proposta di “sempre” (unanimemente ostacolata dal ceto politico che attualmente occupa il Parlamento e dai sindacati Cgil, Cisl e Uil) di esautorare l’Inail dal compito di valutare la natura professionale delle patologie, affidando questo compito alle Usl locali. I decisori politici degli ultimi decenni hanno unanimemente rigettato questa proposta e sono corresponsabili dell’attuale grave disconoscimento delle patologie professionali nella consapevolezza che il modus operandi dell’Inail è all’origine di quel “tesoretto” che di fatto è la conseguenza dell’accumulo di risorse economiche che sarebbero invece dovute ai lavoratori e ai loro familiari per i danni e i lutti subìti. Questo tesoretto, accumulato con i metodi descritti, è evidentemente “interessante” per molti. Rispetto a questa operazione i sindacati dei lavoratori prima citati sono consenzienti e il giorno delle vittime dell’amianto farebbero meglio a tacere, tanto parlano sempre molto gli altri giorni grazie allo spazio loro concesso dai media. A cominciare dal citato “caso” di Palermo tuttavia abbiamo elaborato un piano d’azione che ci potrebbe portare a ottenere buoni risultati. Né possiamo dimenticare la lavoratrice del Comune di Milano deceduta per mesotelioma. I criteri che hanno condotto l’Inail e, in questo caso la stessa Asl, a disconoscere la eziologia professionale è simile al “teorema dell’Inail di Palermo”. Il contenzioso con Inail a Milano ci pare non essere andato avanti; fatto spiacevole ma l’evento rimane difficile da archiviare, anche perché – a proposito di amianto nelle strutture edilizie del Comune di Milano – pare che gli ambienti a tutt’oggi (cioè a 28 anni dalla legge 257/1992: «norme per la cessazione dell’uso dell’amianto») non pare ancora attualmente bonificata se è vero che un quotidiano nazionale ha pubblicato il 3.3.2020 il seguente annuncio «COMUNE DI MILANO- area gare beni servizi. Oggetto: Affidamento del servizio di censimento e monitoraggio di manufatti contenenti amianto e fibre vetrose negli immobili del comune e servizi accessori». Quindi a distanza di diversi decenni da quella che fu l’esposizione “in occasione di lavoro” della lavoratrice ammalatasi di mesotelioma, il Comune di Milano ha ancora bisogno di censire e bonificare immobili! C’è un filo conduttore che lega i due casi citati (“casi” tra virgolette, perché si tratta di persone): vale a dire la pretesa dell’inail e di altri soggetti istituzionali di “inventare” la una soglia di sicurezza nell’esposizione ad amianto e dunque la pretesa di voler riscrivere la medicina e l’oncologia. Un ultimo elemento dobbiamo sottolineare: il fatto che Inail e altre istituzioni facciano affidamento sulle difficoltà dei malati e dei loro familiari – peraltro spesso alle prese della elaborazione del lutto – a resistere agli ostacoli della burocrazia. Spesso i familiari hanno difficoltà ad accettare l’idea di un impegno contro i disconoscimenti, vivono questo impegno con un certo senso di colpa , come se “inquinassero” il ricordo dei loro cari con questioni di tipo economicistico. Su questo invece vanno sostenuti e li sosteniamo nella consapevolezza che i risarcimenti – pur essendo una inezia, dal punto di vista del vero danno morale ed esistenziale subìto – sono comunque sempre un aspetto della giustizia riparativa e hanno un significato che travalica l’ambito individuale.
  3. Riconoscimenti in sede civile dei danni subiti. Il nostro impegno su questo campo è di vecchia data e continua. In linea di massima ottenere risultati accettabili è più difficile che con l’Inail in quanto l’area dei risarcimenti non solo tende ad appiattirsi sulle patologie tabellate (con significative eccezioni) ma anche quelle tabellate sono esposte a sentenze ondivaghe con le quali a volte i giudici risentono di tesi infondate scientificamente (la vecchia tesi di 40 anni fa della asbestosi polmonare come prerequisito per l’attribuzione all’amianto di un tumore professionale) oppure per le quali i giudici fanno ricorso a criteri di valutazione empirici. A ogni buon conto le questioni sono aperte e non sarebbe accettabile un disimpegno rispetto a lavoratori che rivendicano risarcimenti per patologie non tabellate in attesa che la IARC aggiorni le proprie valutazioni. Sentenze –magari inadeguate dal punto di vista dell’entità del risarcimento – ma positive riguardo al riconoscimento del nesso eziologico si sono già ottenute e si continuerà a lavorare su questa strada.
  4. Riconoscimenti in sede penale. Le difficoltà dei procedimenti penali sono note a tutti (vedi in primis il caso Eternit). Le grandi manovre delle difese non conoscono limiti in termini di “creatività”. Siamo particolarmente impegnati nel processo di appello “amianto Enichem Ravenna” che si sta celebrando a Bologna e che avrebbe dovuto riprendere a maggio, epidemia permettendo. Le “difese” sono riuscite a porre un veto su un Ctu (Consulente tecnico d’ufficio) con vari ricorsi nientemeno che alla Corte di cassazione. Sembrerebbe che il collegio – cambiato nel frattempo – sia giunto all’ipotesi di rinunciare e quindi di non avviare una consulenza tecnica d’ufficio. Insomma le difese vorrebbero NOMINARE CONSULENTI DI LORO FIDUCIA, VALE A DIRE , SAREBBERO D’ACCORDO SU CONSULENTI CHE LA PENSANO COME LORO E CHE AFFERMINO LE NOTE “TESI” RIGETTATE DALLA COMUNITA’ SCIENTIFICA: dalla fibra killer (la prima e unica) al simian virus, ecc.
  5. L’elemosina ai malati di mesotelioma. I malati di mesotelioma non occupazionali devono avere le stesse coperture assicurative e gli stessi risarcimenti di quelli occupazionali. L’aumento della “provvidenza” da 5.000 a 10.000 euro è offensiva e anticostituzionale. Serve a chi la ha rivendicata per illudersi di “fare qualcosa” per le vittime. Oltretutto, vista la situazione psicosociale delle persone colpite e le difficoltà della gestione del lutto, LA CORRESPONSIONE DELLA INDENNITA’ ECONOMICA – ANCORCHE’ INSUFFICIENTE – DEVE ESSERE AUTOMATICA E NON SU DOMANDA. Ovviamente rivendichiamo che la gestione del fondo passi alle Usl trovando assurdo, per quel che ci riguarda, che l’Inail con le “lacune” che ha mostrato nelle gestione dei mesoteliomi occupazionali, si occupi persino di quelli ambientali e paralavorativi.
  6. Infine stiamo ancora aspettando dal RENAM DELL’Emilia-Romagna l’aggiornamento dei casi di mesoteliomi nei comuni ofiolotici delle province dell’Emilia. Province nelle quali le cave di ofioliti si potevano coltivare –anche dopo la legge 257/1992 – perché, assicuravano le istituzioni sanitarie – “non era successo niente” in termini di impatto sanitario; salvo poi scoprire 8 casi di mesotelioma nel solo Comune di Borgotaro: un Comune nel quale stiamo lavorando, su altre cause di inquinamento, con l’Associazione «Per il futuro delle nostre valli». Attendiamo dunque questo aggiornamento che ancora non arriva.
  7. LA NOSTRA ATTIVITA’DI INDAGINE DI SOSTEGNO A LAVORATORI E CITTADINI DA SEMPRE VA OLTRE LE QUESTIONI STRETTAMENTE CONNESSE CON L’AMIANTO PER ALLARGARSI – PRIVILEGIANDO OVVIAMENTE LA PREVENZIONE – A TUTTI I FATTORI DI RISCHIO AMBIENTALI E OCCUPAZIONALI. Abbiamo contribuito a risolvere contenziosi per diverse malattie professionali e ambientali (infarti cardiaci e altre malattie da distress o eventi infortunistici). Al momento non abbiamo la dimensione organizzativa del “patronato” ma ci muoviamo su quel terreno ma senza le “mediazioni” che spesso i patronati istituzionali fanno, in primis quella di considerare il “sistema Inail” da non mettere in discussione.
  8. Una questione incresciosa è costituita dai rapporti con le Usl. Fino ad ora non è stato possibile – nonostante i nostri ripetuti tentativi – di stabilire un dialogo finalizzato alla cooperazione. Rispetto ai vari contenziosi con l’Inail noi non chiediamo ai servizi di medicina del lavoro di “prendere posizione” ma abbiamo trovato un inspiegabile atteggiamento di chiusura anche sul tema dell’accesso ai dati. Continueremo a sviluppare questo tema nei prossimi mesi. Altrettanto dobbiamo fare chiarezza sulle modalità con le quali le USL italiane stanno costruendo le anagrafi degli ex-esposti. E qui si pone una domanda: per i lavoratori che hanno fatto o stanno concludendo contenziosi per la maggiorazione pensionistica la Ausl attende la sentenza del giudice per includerli nella anagrafe? Ovviamente attendiamo anche di discutere effetti e riscontri del lavoro di monitoraggio che le Usl italiane hanno lentissimamente avviato aspettando le indicazioni della «Conferenza Stato-Regioni» prima di decidere la cosa più ovvia: e cioè che l’anagrafe dovesse essere costruita non “su domanda di adesione” ma con la ricerca attiva degli ex-esposti. Vale a dire con un approccio che noi abbiamo proposto vent’anni prima della «Conferenza Stato-Regioni».
  9. CORONAVIRUS; SI PROFILA UNA MAREA DI CONTENZIOSI MEDICO LEGALI SULLE CAUSE DI MORTE E SULLE MALATTIE OCCUPAZIONALI (E NON). Al momento abbiamo stretto un rapporto di collaborazione con il sindacato USB di Bologna – sulla scia dell’articolo 9 dello Statuto dei lavoratori – ed è in programma l’allargamento della collaborazione con altri sindacati di base in altre realtà territoriali. Siamo impegnati in un pressing (si fa per dire visto che gli interlocutori soffrono di ipoacusia psicosomatica… insommsa fingono di essere sordi) sull’accesso ai dati Inail e Ausl che qualcuno vorrebbe blindare per impedire a chi non opera nelle “istituzioni totali” di fare inferenze a partire dai dati epidemiologici. Per lavorare meglio su questa contraddizione abbiamo contribuito a costituire LA ASSOCIAZIONE DI EPIDEMIOLOGIA CRITICA “John Snow” (**) anche nel tentativo di risalire la china di una mala gestione dell’epidemia fondata sulla “obbedienza senza discutere” da parte dei cittadini: una prassi foriera di ulteriori e peggiori sviluppi autoritari. Invitiamo tutti i cittadini e i lavoratori a ricostruire, segnalare, riflettere sulle dinamiche dell’epidemia al fine di contrastare la “comoda” chiave di lettura della calamità inevitabile. Questo – come abbiamo sempre detto – non solo e non tanto per l’accertamento delle responsabilità civili e penali (che sarà comunque più difficile che per l’amianto) ma soprattutto per porre le basi sulle quali costruire un vero sistema di prevenzione che faccia da barriera alle prossime epidemie che ovviamente non auspichiamo ma che non possiamo escludere (confronta Paolo Vineis e altri) se è vero che quella in corso non è un mero accidente ma l’epifenomeno di una relazione gravemente squilibrata fra le attività umane (capitalistiche) e l’ambiente .PER OGNI DOMANDA, APPROFONDIMENTO, CONSULENZA, INIZIATIVA A TUTELA DELLA SALUTE LAVORATIVA E /O AMBIENTALE SIAMO PRESENTI !

CAPITOLO AMBIENTALE

Ritorniamo ora al quadro già delineato nel recente dossier sulle “pulizie di Pasqua” nel bolognese.

  • Monghidoro: “alcuni sindaci fa” (ormai dobbiamo usare questa misura del tempo) denunciammo la presenza di una tettoia in cementoamianto in località Molino della fiumana. Il primo sindaco che ricevette questa segnalazione non volle intervenire; la tettoia era già all’epoca in condizioni di vetustà e degrado ma si è dovuto aspettare che si rompesse in pezzi per fare una nuova segnalazione all’attuale amministrazione che a questo punto ha provveduto. La tettoia è risultata “abusiva” ed è stata bonificata a cura della città metropolitana. Domanda: bisognava aspettare che la tettoia si rompesse ? Per noi il manufatto, usato forse decenni fa per ripararsi dalla pioggia , era da considerarsi un rifiuto già da “alcuni sindaci fa”. Infatti si intende comunemente per rifiuto un oggetto che non ha più alcuna funzione d’uso; non era “necessario” aspettare tanto tempo, Ad ogni modo il sito oggi è “ripulito”. Un manufatto abusivo: realizzato e collocato da chi? Mistero… La tettoia in cemento amianto per ripararsi dalle intemperie non è peraltro una “usanza” sconosciuta nella storia del nostro paese. La descrive Gesualdo Bufalino in “Diceria dell’untore” quando narra dei malati di tbc in libera uscita dal sanatorio di Palermo che andando verso la città aspettano l’autobus sotto una tettoia di eternit…Ma quella testimonianza storica che Bufalino, da scrittore, ci ha regalato (con importanti osservazioni epidemiologiche sulla tbc) non ha minimamente allarmato chi, nella sanità pubblica e nella amministrazione politica, avrebbe dovuto occuparsi di valutazione dinamica del rischio, di sinergie e di prevenzione. Come vedremo per il cimiterino di San Benedetto del Querceto. Messaggi subliminali trascurati… Il ceto politico difetta di cultura. Se sostano sotto l’eternit i malati convalescenti di tubercolosi… vorrà dire che qualche fibra non fa poi tanto male? Comunque il toponimo Molino della fiumana a Monghidoro (nome antico del Comune sarebbe Scaricalasino) – noto per aver dato i natali a Gianni Morandi – è oggi «libero da amianto». Abbiamo dovuto tampinare per più di 15 anni.
  • Loiano, via delle Croci. Vicenda travagliata. Dopo una gestazione di 15 mesi per ottenere la bonifica del sito di via del Boschetto, le nostre vedette hanno avvistato un edificio in via delle Croci; sito ben più famoso per una disastrosa frana di cui si è occupato a lungo il comitato locale “Salviamo Ca’ de Boschi”. Le coperture assomigliano pericolosamente al cemento amianto. Il 2 dicembre 2020 il sito viene segnalato al Comune. Entro alcune settimane viene effettuato un sopralluogo della Ausl che, ad una nostra prima richiesta di informazioni risponde di aver operato secondo quanto previsto dalle procedure (!). Ci comunica poi che la copertura è “forse” di amianto. La brillante risposta ha ricordato Antonio Albanese nel ruolo di sommelier quando dice «rosso». Infine entro 180 giorni dovrebbe essere eseguito un intervento di bonifica. Sulla congruità del lasso di tempo di 180 giorni si può ragionare , non si tratta di un tempo irragionevolmente lungo ma è inevitabile una domanda: se fosse stato da noi avvistato fra 2 oppure 5 anni sarebbe stato bonificato dopo 5 anni e sei mesi? In altri termini – torneremo su questo – come mai un sito “meritevole” di bonifica non è stato individuato dalla Ausl prima che dalle nostre vedette?
  • Pianoro. Interlocuzione recente su alcuni siti con il Comune. Pianoro è una amministrazione che interloquisce con noi in maniera corretta e veloce, non solo sull’amianto. E’ l’unico comune dell’Unione (visto che San Lazzaro è uscita dalla Unione Idice Savena) che può contare su un censimento capillare territoriale dell’amianto – quello in superficie – anche se non ancora esaustivo. Circa i tre siti da noi segnalati di recente: due sono oggetto di valutazione in corso; uno (via Zena, località Zena) dovrà essere oggetto di un ritrattamento di bonifica. Si tratta di due enormi capannoni per attività produttive apparentemente in disuso da anni; la nostra opzione è a favore della bonifica integrale (come abbiamo sostenuto per la ex-Norma di Casalecchio). Le amministrazioni paiono invece orientate a lasciare al proprietario l’opzione tra bonifica integrale, incapsulamento e sovracopertura; è vero che le tre alternative sono ammesse dalla legge ma la legge a cui facciamo riferimento è un decreto del 1994. Sono passati 26 anni da allora. Le tettoie si sono degradate in maniera estremamente pericolosa e non riteniamo sia adeguato lasciare alla proprietà la possibilità di decidere in maniera unilaterale se “risolvere” il problema o rinviarlo. Soprattutto se si tratta di situazioni a rischio come gli immobili in disuso. Una questione come questa dovrebbe essere oggetto di confronto pubblico fra le parti sociali, confronto che le Ausl non fanno più da diversi lustri e che la Regione fa solo con “certe” parti sociali e non con tutte. A ogni modo via Zena a giugno dovrebbe essere un po’ più deamiantizzata.
  • Monterenzio. Sono recenti (2019) due raccapriccianti smaltimenti abusivi di vaschette in cementoamianto da noi segnalate e bonificate in tempi più o meno ragionevoli. Nessuna risposta invece alle nostre sollecitazioni a discutere di una strategia organica (censimento) territoriale ai fini del monitoraggio capillare e della prevenzione. Diversi anni fa fu da noi segnalato un problema al cimitero di San Benedetto del Querceto. Una piccola tettoia che fu definita da “qualche sindaco fa” una «non priorità». Atteggiamento sbagliato a nostro avviso, non tanto per la entità della dimensione della tettoia (effettivamente piccola e comunque spiovente verso un giardino pubblico) ma per il messaggio che una tettoia degradata e vetusta, in un luogo pubblico, dà ai cittadini. Se non viene bonificata il messaggio subliminale è: “non sarà un problema neanche una tettoia in un casolare privato”. Peraltro, come detto più volte, nel “piccolo” cimitero sono presenti alcune testimonianze storiche di grande importanza quanto trascurate che dovrebbero incentivare un intervento complessivo di pulizia. Fra la redazione del dossier “pulizie di pasqua”e oggi si è verificato un ennesimo «inconveniente igienico» per usare il forbito linguaggio istituzionale: smaltimento di fibrocemento in zona Torre Arabella. Segnalatoci da cittadini residenti nell’area che hanno avvisato il sindaco a cui lo abbiamo risegnalato noi, anche per ricordare i precedenti e per reiterare la nostra proposta di discutere un piano organico di prevenzione. Conteremo anche questa volta i giorni tra segnalazione e bonifica sperando di non avvicinarci al record di via Canovetta (Valsamoggia).
  • Ozzano Emilia. La situazione più difficile per tutta l’Unione dei comuni Idice-Savena, per entità delle superfici ancora da bonificare ma neanche censite per l’evidente disinteresse o esplicita contrarietà dell’amministrazione comunale ad adottare una ordinanza per il censimento.
  • Unione Idice e Savena nel suo complesso. La disomogeneità della situazione territoriale ci ha indotti a cercare un contatto con la presidenza dell’Unione Idice-Savena Abbiamo infatti avuto un incontro con la sindaca di Monghidoro, Barbara Panzacchi che presiede l’Unione. L’incontro si è tenuto nel dicembre 2019 con una manifestazione di interesse da parte della presidente sulla nostra proposta principale: un’ordinanza da estendere a tutti i Comuni dell’Unione sul modello di quella del 2010 di San Lazzaro di Savena (che ci pare più completa anche se non del tutto esaustiva di quella di Pianoro). Questa proposta è utile a fare finalmente un quadro obiettivo della situazione territoriale risparmiando a tutti la fatica di dover rincorrere capannone per capannone. Nonostante la manifestazione di attenzione (certo anche a causa della vicenda epidemica) il discorso purtroppo non è andato avanti.
  • Bologna città. Nel corso del monitoraggio della bonifica del cemento amianto della ex-caserma Perotti, concluso nel 2019 dopo una “stagionatura” pluridecennale (quantità comunque molto meno rilevanti che in altre caserme) le nostre vedette hanno “avvistato” un enorme capannone in fondo a via Legnani (che costeggia il sito della caserma). Il capannone è situato oltre la linea ferroviaria. «E’ cemento-amianto?» abbiamo chiesto al Comune di Bologna. «Forse» sembra essere la risposta. Siamo in attesa… ma questo “tira e molla” non esisterebbe se il Comune non si fosse ostinato esplicitamente – fin dai tempi del sindaco Cofferati – a rifiutare la nostra proposta di censimento. Se questo fosse stato attuato non si dovrebbe chiedere informazioni caso per caso ma ogni cittadino potrebbe accedere ai dati del censimento comunale. E consultando un elenco completo ed esaustivo sapremmo se un capannone che “sembra” amianto magari non lo è: o perché si tratta di fibrocemento senza amianto o perché visto da lontano può essere confuso con altri materiali.
  • Ancora Bologna città. Per il sito di OGR (cioè le ex Offifine Grandi Ripazioni delle Ferrovie) alcuni parlamentari Pd hanno salutato l’inclusione del sito fra quelli di interesse nazionale riguardo agli interventi di bonifica. La notizia risale a fine 2017 e inizio 2018; un milione di euro di stanziamento (denaro pubblico). La questione è molto nebulosa: a) si comprende che le istituzioni hanno preso atto di una situazione di inquinamento territoriale prima, se non apertamente negata da tutti, quantomeno rimossa da molti; b) poco comprensibile il finanziamento pubblico per un intervento che, se c’è da bonificare, deve essere a carico del proprietario dell’area; c) dopo la “grande conquista” nessuna notizia sulla necessaria conferenza dei servizi per avviare piano di caratterizzazione, monitoraggio e cantieri di bonifica. Si vorrà fare una bonifica “in casa” fra Comune, Regione, Pd e organismi collaterali?
  • Sala Bolognese. Abbiamo interpellato l’amministrazione comunale su uno dei soliti siti che vengono venduti nonostante la presenza di cemento-amianto; ormai si trovano bandi del tribunale fallimentare che arrivano a dire «forse è cemento-amianto». Abbiamo chiesto all’amministrazione quale fosse lo stato dell’arte di questo capannone in vendita: censito come sito con amianto?gravato da ordinanza di bonifica? Il carteggio si è fermato per difficoltà di comunicazione fra le parti ma lo riapriremo.
  • San Lazzaro di Savena. E’ il Comune “avanguardia” ecologista nel panorama regionale (condivide il primo posto forse con Rubiera) e nazionale ma ha “rallentato la sua spinta propulsiva”. Aspettiamo la stretta finale che potrebbe consegnare a questo Comune il primato di «città libera dall’amianto» ma alcune bonifiche sono inspiegabilmente ferme: in primis quella dei capannoni della ex-Artlegno di Idice. Sono alcune migliaia di metri quadrati di cemento amianto che avrebbero dovuto essere bonificati da parecchio tempo e che stanno inspiegabilmente attendendo i tempi del riassetto territoriale generale dell’area. NON SI CAPISCE IL SENSO DI QUESTA ATTESA NE’ LE MOTIVAZIONI CHE HANNO OSTACOLATO LA OPPORTUNITA’ DI FARE LA BONIFICA SUBITO. Nella stessa area vi sono altri manufatti edilizi con cemento-amianto da bonificare tra cui alcuni su territorio demaniale con cemento-amianto davvero spappolato e con abbondante lana di vetro. La bonifica di questi pare essere un tabù su cui vorremmo che la amministrazione comunale si pronunciasse. Ci sono ancora numerose altre tettoie (molto più piccole rispetto alle coperture della Artlegno) bene in vista sulla via Emilia da bonificare. Lo diciamo con un certo rammarico perché davvero giungere in un Comune italiano a liberasi di tutto l’amianto presente, almeno quello in superficie, sarebbe un ottimo e “contagioso” messaggio per tutti gli altri Comuni italiani e magari del mondo. San Lazzaro sta sprecando una buona opportunità? Signora sindaca ci aspettiamo uno scatto …
  • Valsamoggia. In via Canovetta situazione kafkiana. Un cittadino e imprenditore vinicolo del luogo denuncia nel mese di agosto 2029 uno smaltimento abusivo di lastre di amianto. Il Comune dichiara di essere a conoscenza della questione solo dal febbraio 2020. Se non si ha motivo di dubitare che l’informazione sia giunta così tardivamente significa che le comunicazioni inter-istituzionali non funzionano bene; visto che il cittadino non ha tenuto la notizia per sè ma la ha comunicata a vari enti e anche a mezzo stampa. Comunque da agosto il materiale è ancora lì invischiato nella solita diatriba suolo privato / suolo pubblico e bonifica a carico del pubblico o a carico del privato; ABBIAMO SOLLECITATO PIU’ VOLTE LA REGIONE A ISTITUIRE UN FONDO DI PROTEZIONE CIVILE PER LE BONIFICHE URGENTI CHE NON POSSONO ASPETTARE I TEMPI DI INDAGINI E CONTENZIOSI INFINITI. CI SONO BONIFICHE CHE DEVONO ESSERE FATTE IMMEDIATAMENTE AVVIANDO CONTESTUALMENTE LE POSSIBILE AZIONI DI RIVALSA SENZA RINVIARE TUTTO ALLE CALENDE GRECHE. C’è poi l’immobile di via provinciale di Crespellano (a ridosso della località Muffa) sul cui destino abbiamo chiesto informazioni al Comune e alla Ausl senza ricevere risposta. Non disponendo di un drone non abbiamo potuto verificare se il sito sia stato bonificato dopo le inopportune deroghe concesse dalla Ausl.
  • Casalecchio di Reno. Conclusa una nuova tappa della tribolata questione del sito industriale dismesso ex-Norma. Fonte di inquinamento di lunga durata e di infinito distress per gli abitanti del circondario, alla fine – dopo qualche tentennamento – Ausl e sindaco hanno purtroppo avallato per l’ultima (ma enorme) tettoia del capannone di Santa Lucia un tardivo trattamento incapsulante. Abbiamo detto che a nostro parere – ma è condiviso dalla comunità scientifica – i siti industriali dismessi devono essere considerati a particolare rischio e che meritano interventi di bonifica integrale piuttosto che rattoppi quali incapsulamento e/o sovra copertura. Purtroppo diverse amministrazioni comunali (non tutte!) lasciano l’opzione al privato che a sua volta sceglie quella meno onerosa economicamente. In realtà il risparmio è persino fittizio. Abbiamo detto più volte in questa emblematica vicenda della ex-Norma che la sanità pubblica e i sindaci devono assumersi l’onere di una valutazione dinamica del rischio e disporre la soluzione più congrua per la collettività piuttosto che lasciare la scelta al proprietario. Su questa contraddizione ha lavorato a lungo la nostra sezione di Trani col nostro referente Antonio Carrabba riuscendo alla fine ad ottenere il risultato adeguato (bonifica integrale e definitiva).
  • Fornovo Taro. Abbiamo segnalato nel 2019 alla autorità sanitaria locale un capannone in area ferroviaria. Risposte adeguate e tempestive dal Comune ma non pare che la “promessa” di RFI di bonificare entro marzo 2020 sia stata rispettata.
  • San Secondo Parmense. Segnalazione di una lastra di fibrocemento (2020) con risposta congrua della Ausl. Al momento “non risposta” del sindaco. Nel frattempo è “spuntato” un capannone industriale da osservare scrupolosamente (SMA via dell’Aglio 18) ;
  • Unione comuni Taro e Ceno. Con l’Associazione «Per il futuro delle nostre valli» abbiamo lanciato una campagna per censimento / bonifica del cemento amianto territoriale nei Comuni dell’Unione Taro/Ceno allargata a tutti i Comuni ofiolitici (cioè con presenza geologica di pietre verdi che possono contenere amianto) e a qualcun altro ancora della provincia di Parma. Nonostante una prima missiva e un successivo sollecito le risposte sono state quasi zero salvo una interlocutoria del comune di Bardi e di Fornovo (ma per lo specifico capannone in zona ferroviaria). Siamo peraltro in attesa dell’aggiornamento della casistica mesoteliomi nei Comuni ofiolitici. Il virus ci ha colti (metaforicamente) nel momento in cui si stava programmando un’escursione territoriale per osservare siti e capannoni necessitanti di bonifica”; avremmo girato il territorio muniti di msascherine FFP3 … ma si è dovuto rimandare.
  • Russi (Ravenna). Vicenda esemplare: capannoni agricoli con molte lastre di cemento-amianto rotte e sgretolate. Lungo periodo di tempo fra prima segnalazione, seconda e (finalmente) bonifica conseguente a ordinanza sindacale. Questo è accaduto fra il 2018 e il 2019. Tutto concluso? Si pone il solito problema: se il giorno x non passava la nostra “vedetta” che avrebbe poi fatto la segnalazione quanto ci avrebbe impiegato il Comune di Russi a individuare un “problema” che pure era sotto gli occhi di tutti (nella strada accanto al sito passa qualche migliaia di auto al giorno)? Sono in atto contatti con un gruppo locale per portare avanti il discorso anche perché il Comune di Russi sul tema amianto “ha già sofferto” per la presenza di uno zuccherificio che ha comportato esposizioni lavorative ad amianto.
  • Sant’Elpidio (nella Regione Marche). Numerosi inviti e solleciti a partire dal 2017 al sindaco per alcuni immobili ma soprattutto per conoscere le intenzioni circa la necessità di emanare una ordinanza per il censimento. Abbiamo ricevuto risposte evasive ma quando un soggetto entra nel nostro indirizzario…non può attendersi dimenticanze. Abbiamo infatti inviato promemoria via pec al sindaco in data 17.4.2020.

Acqua “potabile”

Mentre redigevamo la seconda parte (sanitaria) di questo dossier è arrivato il quadro dei campionamenti di amianto nella rete acquedottistica di Bologna. Il nostro metodo come qualcuno ha osservato è estensibile a tutti gli altri Comuni italiani (quasi tutti visto che pochi ma “fortunati” sono indenni da tubazioni in amianto). Rimane un problema che la Ausl di Bologna non comprende: deve comunicarci i dati sulle rotture della rete in cemento-amianto. La Ausl da un paio di anni ci riferisce di non essere in possesso del dato… ovviamente la risposta non è credibile. A noi il dato serve anche perché intendiamo proseguire nell’indagine sul rapporto fra amianto e tumori delle vie biliari extraepatiche; tesi evidenziata per la prima volta dal professor Brandi, per verificare la quale avremo purtroppo tanto tempo a disposizione visto che col ritmo attuale di sostituzione delle tubazioni la città di Bologna sarà libera da amianto fra 250 anni se va bene…

Il documento diffuso il 25 aprile – sui campionamenti di amianto nella rete acquedottistica di Bologna – si può leggere qui: Acqua di Bologna: c’Hera e c’è ancora.

CONCLUSIONI del “capitolo ambientale”

Il programma da seguire è ovvio: censimento capillare dell’amianto in tutti i territori comunale; incentivi alle bonifiche e strategia per la deamiantizzazione completa del territorio. A fronte del comportamento di indifferenza, incuria e rimozione da parte di moltissimi sindaci non c’è un generico problema di “colpa”. I sindaci hanno pochi strumenti per intervenire e non vogliono determinare conflitti con cittadini e aziende per inquinamenti che –a differenza del coronavirus – hanno effetti negativi dopo lunghe latenze.

Né possiamo trascurare il fatto che “la politica” non ha mai voluto decidere una stategia ragionevole per gli smaltimenti definitivi. Questa situazione determina un “tappo di bottiglia”. Gli smaltimenti fanno ancora affidamento su trasferimenti all’estero comunque illegali ai sensi della legge 257/1992 oppure illegali e criminali quando prendono altre vie che purtroppo conosciamo tutti.

Ciò non toglie che i sindaci devono svegliarsi, attuare i censimenti, facilitare le bonifiche, rivendicare finanziamenti e accantonare l’ipotesi che far marcire capannoni e tettoie sia una prassi minimamente accettabile.

CONCLUSIONI GENERALI

Le proposte che facciamo, da decenni, sono semplici:

– bonifica integrale del territorio

– prevenzione

– assistenza materiale e psicosociale alle vittime lavorative e ambientali;

La nostra condotta è sempre stata indenne da mediazioni e compromessi. Quando si dice «esautorare l’Inail» si deve anche dire addio ai voltagabbana. Quando si dà la priorità alla salute pubblica e alla giustizia sociale non si deve scambiare le elemosine per provvedimenti giusti.

Invitiamo chi condivide a mettersi in sinergia con noi.

Bologna, 27.4.2020

(*) Vito Totire è portavoce di AEA, l’Associazione esposti amianto e rischi per la salute

(**) cfr Covid 19: i dati che la Asl di Bologna deve rendere pubblici

 

Redazione
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