Bolscevichi e Menscevichi

Presentiamo alcuni brani presi da ” La Rivoluzione Bolscevica” di Edward Carr che illustrano i problemi relativi alla storia della fondazione del Partito Bolscevico e dei tumultuosi rapporti con quello Menscevico.

PREFAZIONE
(dalla Rivoluzione Bolscevica di Edward Carr)
L’arduo compito di scrivere una storia della Russia a partire dalla Rivoluzione d’ottobre 1917 apparirà evidente a chiunque; e chi si renda conto delle difficoltà di tale impresa non potrà che dimostrarsi indulgente per le inevitabili manchevolezze del lavoro. Una storia della Russia sovietica scritta da un inglese che non ha una formazione marxista ed è estraneo al mondo russo potrà sembrare un’impresa particolarmente insidiosa; è questa, tuttavia, una circostanza che ha i suoi vantaggi, permettendo di affrontare la materia col necessario distacco. Parecchie opere pubblicate in Gran Bretagna e negli Stati Uniti sull’Europa occidentale e centrale sono spesso viziate dall’implicito presupposto che le istituzioni, ad esempio, della Francia, dell’Italia o della Germania possano essere intese alla luce dei modelli inglesi o americani. Nessuno potrà essere ragionevolmente indotto a misurare la Russia di Lenin, Trockij e Stalin sul metro dell’Inghilterra di MacDonald, Baldwin e Churchill o dell’America di Wilson, Hoover e Franklin Roosevelt. Lo storico della Russia sovietica, in ogni fase del suo lavoro, dovrà essere particolarmente consapevole del carattere impegnativo del duplice compito che s’impone ad ogni vero storico: combinare, cioè, una viva comprensione dei punti di vista e dei fini soggettivi dei propri personaggi con una superiore valutazione della portata oggettiva della loro opera.
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Intento lodevole, esemplare: non c’è oggi non dico chi ci riesca, ma nemmeno chi se lo proponga. Il declino del comunismo e la crisi del marxismo non stanno creando enormi difficoltà alla classe operaia: costituiscono un grave arretramento etico per l’umanità tutta.
Mauro Antonio Miglieruolo

 

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Le Basi del Bolscevismo
(da La Rivoluzione Bolscevica di E. Carr)
L’organizzazione politica che era destinata a diventare il «Partito Comunista Russo (Bolscevico)» e, in seguito, il «Partito Comunista (Bolscevico) dell’Unione», ebbe origine da un minuscolo congresso di nove uomini che, riunitisi a Minsk nel marzo del 1898, fondarono il «Partito Operaio Socialdemocratico Russo»*. I nove delegati rappresentavano organizzazioni locali di Pietroburgo, Mosca, Kiev e Ekaterinoslav, e l’Unione Generale dei Lavoratori Ebrei di Russia e Polonia, comunemente detta «Bund». Il Congresso durò tre giorni – dal 1° al 3 marzo 1898. Fu nominato un comitato centrale e venne decisa la pubblicazione di un foglio di partito. Ma prima che queste decisioni potessero essere tradotte in pratica, la polizia arrestò i principali congressisti, cosí che di questo sforzo iniziale non rimase praticamente nulla, ad eccezione della denominazione comune assunta da un certo numero di organizzazioni e di comitati locali che non avevano in precedenza alcun punto d’incontro né rapporti reciproci. Dei nove delegati di Minsk, nessuno ebbe una funzione importante nelle vicende successive del partito. Il «manifesto del Partito Operaio Socialdemocratico Russo», pubblicato dopo lo scioglimento del Congresso, fu opera di Pétr Struve, un intellettuale marxista. Esso costituí il documento di maggior valore lasciato ai posteri dal Congresso.
* Il vocabolo russo usato fu rossijskaja e non russkaja: esso indicava tutto il territorio dell’impero russo, e non soltanto la Russia in senso etnico.

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Bolscevichi e menscevichi (pag. 31-33)

(da La Rivoluzione Bolscevica di Edward Carr)

Il dibattito sullo statuto del partito divenne subito agitato a causa del primo articolo, in cui si definivano i requisiti necessari per divenire membri del partito. La commissione incaricata di preparare il progetto di statuto si era divisa su una questione di principio, e proponeva due testi diversi, l’uno elaborato da Lenin, l’altro da Martov. Lenin aveva cosí caratterizzato l’appartenenza al partito:

Membro del partito è colui che ne accetta il programma, e sostiene il partito sia materialmente sia con la sua personale partecipazione all’attività di una delle sue organizzazioni.

Martov proponeva la seguente variante:

Membro del Partito Operaio Socialdemocratico Russo è colui che ne accetta il programma, e sostiene il partito sia materialmente sia mediante una regolare cooperazione, svolta sotto la guida di una delle sue organizzazioni.

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La differenza formale tra i due progetti era piccola; ma la formula più chiara proposta da Lenin si ispirava deliberatamente e in atto di sfida — e tutti sapevano che era cosí — alla concezione, già sviluppata nel “Che fare?” di un piccolo partito di organizzati e disciplinati rivoluzionari di professione. I sentimenti erano scossi; e la distinzione emersa da questo dibattito tra iskristi «duri» e «molli» costituí la forma originaria della differenziazione tra bolscevichi e menscevichi. Martov e Aksel’rod distinsero tra «organizzazione» e «partito». Essi riconobbero la necessità di un’organizzazione che dirigesse l’attività cospiratoria, ma sostennero che quest’organizzazione poteva avere un senso, solo se avesse costituito il nucleo di un grosso partito di simpatizzanti. Lenin ribatté che era indispensabile distinguere tra «chiacchieroni» e «lavoratori»: il progetto di Martov apriva le porte a tutte e due queste categorie. Plechanov si schierò senza troppa convinzione dalla parte di Lenin. Gli altri membri della direzione dell’«Iskra», Potresov e la Zasulic, non intervennero nel dibattito, ma si sapeva che condividevano il punto di vista di Aksel’rod e Martov. Trockij si pronunciò inaspettatamente per Martov*. Al termine di un lungo e tempestoso dibattito il progetto di Lenin fu respinto in una votazione plenaria del Congresso con 28 voti contro 23, e la variante di Martov fu approvata con 28 voti contro 22. I rimanenti articoli dello statuto furono approvati senza eccessiva difficoltà. L’organizzazione centrale del partito, piuttosto macchinosa, risultò formata dalla direzione dell’organo centrale (l’«Iskra»), che doveva fungere da custode della dottrina del partito, da un co-mitato centrale incaricato di dirigere il lavoro di partito attraverso le organizzazioni locali, e da un consiglio di partito di cinque membri: di questi, ognuno dei due organi precedenti ne nominava due, mentre il presidente era scelto dal Congresso del partito. Il consiglio era il massimo organo di controllo ed era responsabile soltanto verso il Congresso, che doveva riunirsi ogni due anni.
Quello che accadde dopo il voto cruciale sul primo articolo dello statuto presenta aspetti paradossali. La maggioranza che si era avuta in quell’occasione risultava formata dagli iskristi «molli» e dai delegati del Bund e di altre organizzazioni estranee che non avevano mai avuto legami con l’«Iskra». All’interno dello stesso gruppo dell’«Iskra» era tuttora Lenin a disporre di una maggioranza. Il dibattito sullo statuto del partito comportò la necessità di definire i rapporti tra il Bund e il partito. Poiché la pretesa del Bund di «essere l’unico rappresentante del proletariato ebreo» fu respinta a schiacciante maggioranza, i suoi delegati, per protesta, abbandonarono il Congresso dopo la ventisettesima seduta (ce ne furono trentasette in tutto). Nella seduta successiva fu deciso di riconoscere per statuto una sola organizzazione «estera» del partito, la Lega della Socialdemocrazia Rivoluzionaria, che era strettamente legata all’«Iskra» (Lenin era il suo delegato al Congresso), disconoscendo cosí l’Unione dei Socialdemocratici Russi all’Estero. In seguito a questo fatto, Martynov e Akimov abbandonarono il Congresso. Nel prendere queste decisioni tutti gli iskristi si trovarono ancora d’accordo. Ma il ritiro dei sette delegati che avevano votato con i «molli» sul problema dei requisiti di appartenenza al partito ebbe l’effetto di spostare la bilancia dei voti a favore dei «duri». Fu chiaro che Lenin avrebbe avuto la maggioranza al Congresso sull’unico argomento importante che rimaneva all’ordine del giorno — l’elezione degli organi del partito — e che egli avrebbe usato di questa possibilità per assicurare la vittoria delle sue idee. Questo fatto determinò, più di qualsiasi aperto incidente, un improvviso cambiamento degli umori del Congresso. A partire dalla trentesima seduta, i lavori si svolsero in un’atmosfera di estrema asprezza.
05-Carr-RivBol-Risvolt2opEvidentemente si trattava di un problema fondamentale. Si deve tuttavia aggiungere che gli articoli dello statuto del partito, preparati e sostenuti al Congresso dall’intero gruppo dell’« Iskra », assicuravano all’autorità centrale un potere di controllo pressoché illimitato sugli organi di partito locali, e che la successiva indignazione di fronte alla concezione di Lenin di un partito centralizzato e disciplinato fu la conseguenza, piuttosto che l’origine della lotta. Dalle reciproche recriminazioni avanzate davanti al Congresso da Lenin e Martov emerse che il progetto di Lenin di ridurre, in base al nuovo statuto, il numero dei direttori dell’«Iskra» da sei a tre, e di limitare a tre il numero dei componenti il comitato centrale del partito, era stato discusso dalla direzione dell’«Iskra» prima dell’apertura del Congresso e non aveva incontrato obiezioni di principio. L’opposizione divenne implacabile soltanto quando il progetto riapparve al Congresso sotto forma di concreta proposta di nominare Plechanov, Lenin e Martov (due «duri» e un «molle») direttori dell’«Iskra», e di eleggere figure secondarie nel comitato centrale, in modo che il controllo della direzione dell’«Iskra» sul partito rimanesse immutato; e fu al Congresso che Martov lamentò per la prima volta l’esistenza della «legge marziale all’interno del partito» e di «leggi eccezionali contro singoli gruppi». Quest’argomento riecheggiò molto spesso nelle controversie successive. Il seguito dei lavori fu costituito da una serie di votazioni e di proteste. La proposta di ridurre a tre i direttori dell’«Iskra» ottenne 25 voti favorevoli contro 2 contrari e 17 astensioni. La maggioranza procedette allora all’elezione di Plechanov, Martov e Lenin; Martov declinò l’incarico; e la minoranza si rifiutò di continuare a prender parte alle elezioni. Il comitato centrale risultò composto esclusivamente di «duri»; e Plechnov venne nominato presidente del consiglio di partito. In base a questi risultati i vincitori furono detti «bolscevichi» o uomini della maggioranza, i dissenzienti «menscevichi» o uomini della minoranza. Queste denominazioni erano destinate a passare alla storia.
La questione, comunque, non fini cosí. Plechanov aveva soste¬nuto vigorosamente Lenin durante le tempeste congressuali. Quando

*Trockij si recò da Lenin a Londra nell’ottobre 1902 e con il suo talento letterario ne attirò presto l’attenzione. Nella primavera del 1903 Lenin propose due volte la sua cooptazione per la redazione dell’«Iskra», ma urtò contro il reciso rifiuto di Plechanov (KRUPSKAJA, Memories o/ Lenin, I [trad. ingl. 1930], pp. 85-86, 92). Secondo la Krupskaja, Lenin al Congresso «non immaginava neanche lontanamente che Trockij avrebbe vacillato» (ibid., p. 99).

Miglieruolo
Mauro Antonio Miglieruolo (o anche Migliaruolo), nato a Grotteria (Reggio Calabria) il 10 aprile 1942 (in verità il 6), in un paese morente del tutto simile a un reperto abitativo extraterrestre abbandonato dai suoi abitanti. Scrivo fantascienza anche per ritornarvi. Nostalgia di un mondo che non è più? Forse. Forse tutta la fantascienza nasce dalla sofferenza per tale nostalgia. A meno che non si tratti di timore. Timore di perdere aderenza con un mondo che sembra svanire e che a breve potrebbe non essere più.

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