Parole di genere e non

le parole non sono innocenti

Un dizionario per capire la “lingua” argentina

Da noi c’è l’Accademia della Crusca. Che aldilá del nome un po’ polveroso ha uno splendido sito, molto moderno, e monitora costantemente mezzi di informazione, anche digitali, per registrare le parole nuove e le parole potenziali. Sotto a “whatsappare” per esempio, l’Accademia scrive: “Nessun dizionario italiano registra ancora whatsappare e molto scarse sono le attestazioni sulla stampa. L’uso del verbo si fa risalire al 2011 (WhatsApp fu sviluppata nel 2009) quando si incontrano i primi risultati sui motori di ricerca (Google registra attualmente circa 10.000 risultati nelle pagine in italiano)” prosegue “meno diffuse sono le forme whazzappare, uozzappare, uotsappare, uazzappare, ma sono comunque segnali di una tendenza”

Anche il Devoto Oli si dá da fare con le nuove parole e nell’ edizione del 2018 riporta per esempio “friendzonare” (che pare voglia dire respingere uno spasimante confinandolo nella sfera delle relazioni amicali), parola comparsa per la prima volta in un tweet del 2012.

In Argentina, ad occuparsi dell’evoluzione della lingua e’ la AAL (Academia Argentina de Lettras) che proprio in questi giorni ha presentato alla Feria Internacional del Libro la terza edizione ampliata del Diccionario de la Lingua Argentina. La prima edizione risale al 2002. Giá di per se’ si tratta di un’opera interessante, che ha la peculiaritá di occuparsi solo di parole specifiche del territorio argentino differenziando addirittura le parole regionali da quelle nazionali. Non sono invece presenti le parole in spagnolo “generale”, ovvero quelle che gli argentini hanno in comune con il resto dei paesi ispanofoni. Santiago Kalinowski il direttore del Dipartimento di Investigazione Linguistica e Filosofica dell’Academia Argentina de Letras, dice che si tratta di un dizionario “differenziale”.

Come succede in Italia all’ uscita di un nuovo dizionario, l’attenzione e’ subito presa dalle ultime parole incluse.  Anche qui, la fonte principale è la lingua della gente, e per questo e’ di aiuto l’analisi delle reti sociali spiega Kalinowski.

Da Buenos Aires vengono la maggioranza delle parole che si diffondono poi nel paese, come “guita” (invece dello spagnolo dinero, per “soldi”), “laburo” (invece di trabajo, per lavoro) e “heladera” per Frigorifero (che in spagnolo è Nevera o refrigerador). Il nuovo dizionario “sdogana” anche l’argentinissimo prefisso “re” come parola indipendente, un modismo affermativo. Per esempio, alla domanda “vuoi che andiamo a mangiare un gelato?” la risposta può essere semplicemente “re”, per dire “certo, molto volentieri!”.

Altre parole inserite vengono dai dialetti regionali e molte sono in lingua guaraní, parlata al nord.

Per ora noi ci metteremo al “laburo” per imparare le nuove parole generali, anche se non ne abbiamo stretta necessitá per fare guita e riempire la nevera, anche perché per quanto ammesse dal nuovo dizionario, appartengono ad un registro molto informale, e non è il caso di usarle sul lavoro. E’ più che altro una questione di passione linguistica. Non siete d’accordo? (sicuramente risponderete…”re!”)

da qui

 

Santiago Kalinowski: “Prohibir la ‘e’ es persecución política”

Il linguista sostiene che il linguaggio inclusivo non ha la pretesa di cambiar la grammatica,  ma di porre l’attenzione nelle differenze di genere nella società. Per questo osserva che “non è un fenomeno de cambio linguistico ma è un fenomeno retorico”.

Dice che il linguaggio inclusivo è una pietra miliare discorsiva che verrà associata a questa era dell’umanità. Ma anche che nessun gruppo di minoranza, per quanto potente possa essere, può cambiare la grammatica di una comunità. Quindi, chiarisce, “non è un fenomeno di cambiamento linguistico ma è un fenomeno retorico” che è “la configurazione discorsiva di una lotta politica”. “L’obiettivo dell’inclusivo non è cambiare la grammatica, non è quello l’importante. Ci sono persone che possono dire di sì, ma in realtà è un intervento che cerca di porre fine alle donne assassinate, alle donne che guadagnano meno per lo stesso lavoro, alle donne che non possono camminare per la strada tranquilla. Quindi ha un enorme vantaggio lì”, afferma il linguista e lessicografo Santiago Kalinowski, entrando nel dibattito sul linguaggio inclusivo con argomenti scientifici e prospettive politiche.

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