A proposito di mafia e…

del film di Franco Maresco

40esima puntata dell’«Angelo custode» ovvero le riflessioni di ANGELO MADDALENA per il lunedì della bottega

«La mafia non è più quella di una volta» è un film ironico, beffardo se vogliamo, grottesco ovviamente, come nello stile di Maresco. Però è un film da leggere in profondità, guai a fermarsi a una lettura superficiale. Per esempio chi lo ha visto a Venezia (dove è stato premiato anche se Maresco non si è presentato) mi ha riferito che qualcuno, ovviamente fermo a una lettura facile e immediata, si è scandalizzato per aver sentito e visto alcune facce e parole di palermitani che hanno espresso disprezzo o quanto meno poco rispetto per la memoria di Falcone e Borsellino. Intanto qui c’è un primo elemento da considerare: il cinismo popolare di cui Maresco (e Ciprì quando erano insieme) hanno scelto come lente di ingrandimento sulla realtà, come chiave di lettura, come codice linguistico preferenziale (Cinico TV è stato l’esempio lampante dello stile e del codice di cui stiamo parlando).

Poi c’è da considerare quello che dice Maresco in un’intervista a Repubblica di metà settembre 2019: «Non sono andato a ritirare il premio a Venezia perché sarei stato incoerente in quanto nel mio film mostro come sia malsano esibirsi a tutti i costi, quindi ho evitato la deriva di esibirmi a Venezia». Sempre in quell’intervista Maresco spiega come la cosa più triste che ha voluto dire con il suo film è che oggi la realtà si esprime nelle forme spettacolari, televisive ecc in modo pacchiano, superficiale ed “esibizionista” appunto. E i cantanti neomelodici protagonisti del suo film sono paradossalmente un’espressione sintomatica di tutto ciò. In poche parole: ormai le forme espressive che vediamo intorno a noi sono come quelle dei neomelodici.

Poi c’è una lettura che potrebbe partire dalle manifestazioni ufficiali per ricordare, ogni anno, Falcone e Borsellino. Nel film vediamo che anche Letizia Battaglia – una fedele alla lotta antimafia – deve ammettere come le manifestazioni per la legalità (La nave della legalità, i comizi, il corteo ecc.) si siano ridotti a una parata, per certi versi a una pagliacciata, come tante figure e paladini dell’antimafia istituzionale.

E’ questo elemento che Maresco vuole dirci: è una pagliacciata, pacchiana e avvilente. Sia la parata ufficiale che i neomelodici “per Falcone e Borsellino” ecc.

Poi ovviamente c’è una feroce critica al successo, che porta i neomelodici a vendersi in modo spietato, a fare di tutto pur di apparire e cantare: pagare, spaccare i vetri di casa (vedi immagini della madre di Michel, disperata). Il successo facile a diversi livelli è sempre foriero di catastrofe umana e culturale: si pensi alle “vittime” dei talent, di cui si parla poco, ma che sono altrettanto significative come storie da raccontare (chissà se ci sarà un Maresco che le farà diventare un film, per adesso ci sono già canzoni e video a documentare la tragedia di chi non sfonda o anche di chi sfonda ma dopo poco tempo “non lo riconosce più nessuno”, come canta Calogero Incandela in quel capolavoro di canzone che è Ex Facto).

La mafia non è niente in confronto alla complessiva perversione e alla tragedia della modernità che spinge all’annientamento dell’identità, dell’unicità e della preziosità di ogni persona. Semmai la mafia è uno specchio distorto di tutto ciò: ecco cosa vuole dirci Maresco con il suo documentario grottesco.

QUESTO APPUNTAMENTO

Mi piace il torrente – di idee, contraddizioni, pensieri, persone, incontri di viaggio, dubbi, talora autopromozioni, storie, provocazioni – che attraversa gli scritti di Angelo Maddalena. Così gli ho proposto un “lunedì… dell’Angelo” per aprire la settimana bottegarda. Siccome una sorta di congiura famiglia-anagrafe-fato gli ha imposto il nome di Angelo mi piace pensare che in qualche modo possa fare l’angelo custode della nuova (laica) settimana. Perciò ci rivediamo qui – scsp: salvo catastrofi sempre possibili – fra 168 ore circa che poi sarebbero 7 giorni. [db]

 

Redazione
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3 commenti

  • Angelo è così angelicante .nella sua scrittura, che rende angelici… i neo melodici tanto amati alle feste di nozze e di riverenza ai preti, dalla mafia … non intendo contaminare la sua angelicità con le mie parole inadatte
    cito quelle più significative e penetranti del grande poeta siciliano-laico Ignazio Butitta

    Ancilu era e non avìa ali,
    santu nun era e miraculi facìa.
    Angelo era e non aveva ali,
    santo non era e miracoli faceva.

    nel canto in onore
    del sindacalista comunista Salvatore Carnevale,
    ucciso dalla mafia a Sciara il 6 marzo 1955)

    Mafia e parrini si dittiru la manu:
    poveri cittadini, poviru paisanu!
    (…)
    Chi semu surdi e muti?
    Rumpemu sti catini!
    Sicilia voli gloria,
    né mafia né parrini!
    Mafia e preti si dettero la mano:
    poveri cittadini, povero paesano!
    (…)
    Che siamo sordi e muti?
    Rompiamo queste catene!
    Sicilia vuole gloria,
    né mafia né preti!
    (IGNAZIO BUTTITTA in Lu trenu di lu suli)

    del dio dei mafiosi se ne potrà discutere in bottega con le riflessioni di AUGUSTO CAVADI … che del rapporto mafia -preti ha fatto oggetto di analisi e azione politica

  • angelo maddalenaa

    grazie a Lella di Marco per il commento e l’attenzione: ma non capisco, non vorrei essere frainteso e far passare i neomelodici come “angelici”, mi piacerebbe che Lella mi segnalasse il passo in cui io dipingo i neomelodici come “angelici”, semmai ho voluto dire che esprimono uno specchio distorto della realtà e comunque ho detto che per il successo facile (e pacchiano) spaccano gli specchi delle case della madre, ma si tratta di un ragazzo psicolabile, come si vede nel film, comunque una “metafora vivente” molto eloquente, però forse ho scritto un pò di corsa e sono stato poco preciso, per la precisione però, i passi di Buttitta che Lella Di Marco cita sono di diverse poesie, la prima strofa si riferisce esattamente alla citazione di Lella, ma le ultime strofe di riferiscono alla poesia (poi cantata da Rosa Balistreri) di Buttitta Mafia e parrini (credo sia questo il titolo), e non a Lu trenu di lu suli, che è un’altra poesia anch’essa cantata che parla di emigrati italiani in Belgio, ma forse esiste anche un libro dal titolo Lu trenu di lu suli dove si trova il testo Mafia e parrini quindi chieso scusa in questo caso a Lella

  • lella di marco

    nessun problema…giocavo con le parole –il tuo stile mi era piaciuto molto…proprio come modo di approcciare quel contenuto… non esprimevo allusioni…
    per il resto ho assistito a matrimoni sfarzosissimi in un albergo a Castellamare del golfo e per strada alla zisa e in altri quartieri popolari di Palermo, ho sentito il famoso cantante Merola .. e credimi il tutto era da brivido … e strappava un pezzo ‘e core… la gente era in sintonia perfetta e felice – io capivo ed ero a disagio -mi sentivo in un altro mondo anche un po’ angosciata

    per le citazioni di Buttitta…può darsi abbia ragione tu…ho citato a memoria- non avevo sottomano il testo – ma intendevo segnalare il sostegno alla mafia di molti preti— e di come i melodici nelle processioni rendano loro omaggio- con le grosse collane e crocefissi d’oro cantando sotto il balcone della casa del PARRINO cioè IL PRETE nei piccoli paesi soprattutto – molto connotati come amministrazione

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