Aggiornamenti da Kurdistan e dintorni

di Gianni Sartori

Proseguono e si intensificano gli scioperi della fame a oltranza, sia di Leyla Guven che di altri prigionieri ed esponenti politici curdi. Arriva la notizia che agli oltre 300 militanti se ne sono aggiunti molti altri. A migliaia. E anche (per la seconda volta) alcuni prigionieri turchi comunisti.

Purtroppo la risposta della solidarietà internazionale non è stata – almeno finora – adeguata alla gravità della situazione. E l’opinione pubblica non è correttamente informata.

Del resto anche le istituzioni internazionali – Unione europea in primis – non sembrano aver colto (o hanno volutamente ignorato?) le ragioni profonde di tale lotta estrema. Ossia, la necessità della fine dell’isolamento per Ocalan (segregato a Imrali da venti anni) senza il quale non è possibile prospettare una “soluzione politica del conflitto” degna di tale nome.

Eppure è fuori discussione che i Curdi e le FDS hanno rappresentato l’essenza delle forze di terra nella lotta contro il Califfato. Sia catturando o eliminando circa 30mila miliziani dello Stato islamico, sia pagando un prezzo molto alto con la vita di migliaia di combattenti per la libertà.

Questo non ha fermato gli attacchi di Ankara contro le regioni autonome curde nel Nord della Siria. Prima nel 2016, poi – in profondità – nel 2018 (Afrin). Oltre che in Bakur naturalmente.

Possiamo parlare di un ennesimo tentativo di pulizia etnica da parte della Turchia. Che è consentito dal ritiro (totale o parziale, non si è ancora ben capito) degli USA. E il sultano Erdogan non aspettava altro.

Al momento pare che la Francia intenda proporsi come garante dell’incolumità delle popolazioni curde. O almeno così lasciano intravedere sia gli appelli del Partito Socialista francese (14 febbraio) sia le dichiarazione dell’ex presidente Hollande (a Kirkuk il 27 febbraio). Così come il recente appello rivolto all’Unione europea da Generation-s (il movimento fondato dall’ex candidato premier dei socialisti, Benoit Hamon) per “creare una zona di protezione sotto l’egida dell’Onu nel Nord della Siria”.

Quanto all’offerta del movimento curdo per una soluzione che comporti la realizzazione di una Siria decentralizzata, federale (e quindi NON la divisione del Paese come sostengono i detrattori del movimento curdo di liberazione) per ora non viene presa in considerazione da Damasco.

Erdogan resta letteralmente ossessionato dai curdi. Ma – dovendo render conto sia a Putin che a Trump – talvolta appare incerto (al di là delle roboanti dichiarazioni e dei propositi di “far pulizia”) e la situazione rimane sospesa. Fino a quando?

E’ possibile che la questione sia anche – o soprattutto – di natura economica, commerciale. Vedi l’acquisto da parte di Ankara del sistema S-400 dalla Russia, vedi la questione degli aerei F-35 statunitensi…

Il 28 febbraio si è tenuta presso il Parlamento di Bruxelles – con la partecipazione del Collectif belge pour la prévention des crimes de génocide et contre le negationisme,Women for justice, Centre laic juif David Susskind (CCLJ) e AGBU Europe – una conferenza dedicata alle donne yazide e alla tragedia subita da questa popolazione (uccisioni, stupri, rapimenti, riduzione in schiavitù). Tutti temi che non interessano i grandi media.

 

Redazione
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