Ajka e Portoscuso, bisognerebbe imparare qualcosa
Fanghi rossi e disastri ambientali
del Gruppo d’intervento Giuridico onlus
Nelle scorse settimane sono state condannate in Ungheria dieci persone ritenute responsabili del disastro ambientale di Ajka, dove nell’ottobre 2010 un incidente in una fabbrica di alluminio causò l’inondazione delle campagne circostanti con un’immane massa di acque e fanghi rossi altamente tossici e corrosivi.
Un milione di metri cubi di fanghi rossi, un terrificante disastro ambientale determinato dal cedimento di un argine del bacino di raccolta, che causò una decina di morti e la morte ambientale di corsi d’acqua e campagne.
Il bacino dei fanghi rossi di Ajka svolge le stesse funzioni del bacino dei fanghi rossi di Portoscuso, solo che è molto più piccolo.
A Portoscuso si stima l’attuale presenza di 20 milioni di metri cubi di fanghi rossi.
L’attuale “Progetto di ammodernamento della raffineria di produzione di allumina ubicata nel Comune di Portoscuso, ZI Portovesme (CI)” ne provocherebbe l’aumento da 159 a 189 ettari, con l’innegabile aumento dell’inquinamento già presente e devastante.
Sono inimmaginabili le conseguenze di un incidente analogo a quello avvenuto in Ungheria.
Nessuna considerazione dell’alternativa rappresentata dalla trasformazione in polo dell’alluminio riciclato degli impianti di Portoscuso, che significherebbe meno inquinamento ambientale, meno rischi sanitari, minore consumo di energia e mantenimento dei posti di lavoro.
Nessuna lezione dal disastro ambientale di Ajka, nessuna reazione alle proposte ecologiste, nemmeno uno straccio di analisi e proposta da parte delle coalizioni, liste e candidati che partecipano alle prossime elezioni regionali sarde.
(foto Sardinia Post, Raniero Massoli Novelli, archivio GrIG)