Alessandro Forlani «I senza-tempo»

«Ci siamo insediati nei luoghi che ci nascondono. Siamo sempre le stesse facce nei medesimi uffici, nei consigli di amministrazione, comitati, accademie, nel commercio, nei partiti e nell’economia. Siamo acquattati nelle pieghe equivoche di istituzioni, società e dicasteri. E qui, se discreti e sottili, possiamo sempre erodere la realtà. Consumarla per non estinguerci. Ci vogliono doppiezza, prudenza, grigiore»: se non fosse forse per quell’«erodere la realtà» la frase potrebbe di essere Noam Chomski (o di un irridente Ascanio Celestini) che satireggia i poteri occulti in quanto visibili, come la lettera del racconto di Poe.

Seconda citazione: «Hanno il potere di farci credere ciò che vogliono, ci sprofondano nel passato, ci derubano del presente, ci hanno tolto il futuro».

Terza e ultima citazione: «Ieri Depressione e New Deal, inflazione, boom, consumismo sfrenato; oggi crisi new economy, finanza creativa: sant’Iddio, bisogna essere maghi! Il bisnonno studiò, non era che un bottegaio. Si immagina cos’è l’economia? La negromanzia non gli apparve più assurda e complicata. Tant’è che funzionò».

Quel «tant’è che funzionò» (con il conforto del calendario: oggi è martedì, dunque in codesto blog si parla di fantascienza e dintorni) vi svela che siamo dentro «I senza-tempo» di Alessandro Forlani, l’ultimo Urania – 4,90 euri per 216 pagine – trovabile in edicola per tutto novembre. O meglio lo troverete con qualche ricerca perché mi pare che la nuova serie di Urania sia distribuita peggio della vecchia.

E’ il romanzo che ha vinto il «premio Urania 2011».

Le citazioni in apertura fanno capire che intorno alla trama si intessono molti rimandi all’oggi (e al futuro ravvicinato) come alla natura del potere: è, secondo me, la parte più interessante de «I senza-tempo». Meno appassionanti per i miei gusti le tante battaglie, il cannibalismo, il sadismo (siamo infatti dalle parti di horror e splatter, sia pure in modo originale e con buona scrittura).

Sulla trama, come d’abitudine, non dirò molto. Dovrei consigliarlo in modo particolare ai fans di Rommel (pochi ritengo… da queste parti) e di lady Oscar (un po’ di più: in particolare fra le persone giovani?). Niente male l’idea di chiamare «Aria» – cioè Assegno di Ricerca e Integrazione Accademica – un «risarcimento statale per l’inutile impegno profuso negli studi» (e se lo dice Forlani che è un intellettuale sempre in lotta con il precariato….).

Il finale non mi convince appieno e la lunga appendice mi è sembrata superflua; devo però confessare che non essendo il mio “genere” ero poco disposto a dar corda al libro, comunque un prodotto accettabile.

Nelle ultime pagine due buoni racconti: di Marco Migliori (premio Stella Doppia e già apprezzato sull’ultimo «Robot») e di Dario Tonani. La rubrica «La gaia scienza» oltre a un ritratto di Forlani offre un approfondimento sulla «Necrostoria d’Italia» e visto che lì si cita «La modesta proposta» di Jonathan Swift vi aggiorno che la riscrittura recentemente proposta da Ascanio Celestini (rieccolo) è agghiacciante quanto adatta ai nostri tempi cannibali. A concludere il numero un ricordo di Giorgio Monicelli che fu, in qualche modo, il papà di Urania e dei suoi successori (non condivido l’apologia di Fruttero e Lucentini).

Annunci per il futuro prossimissimo: a dicembre l’Urania “normale” sarà un Paul Di Filippo mentre la Collezione propone per novembre «I figli dell’invasione» (ne ho tessuto l’elogio lo scorso martedì) e per dicembre «Universo senza luce» di Daniel Galouye che ricordo eccellente… ma lo rileggerò per verificare.

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