Amianto/Genova: non esiste la “modica quantità” e….

… ogni dose è una overdose: fermare l’esplosivo nella demolizione del ponte Morandi

di Vito Totire (*)

Sull’amianto nella pila 8 del ponte Morandi a Genova ci sono state comunicazioni non chiare. A un ingegnere è stata attribuita (secondo la Repubblica dell’8 marzo) la affermazione secondo cui «si tratta di quantità minime rilevate grazie ad alcune indagini “spinte” che non hanno eguali come livello di approfondimento».

Ma indagini “spinte” cosa significa? Forse quelle che si dovrebbero fare sempre per avere valutazioni obiettive? Microscopia elettronica a trasmissione (TEM)? Prove di scuotimento più attendibili di quelle previste per la valutazione delle ofioliti (pietre verdi)?

Ma che amianto è: crisotilo o anfibolo? Forse fu usato il cosiddetto cemento Sorel?

Certo il precedente della Regione Emilia-Romagna (e chissà di chi altro) di procedere con la dinamite – bene inteso anche dopo la legge 257/1992 – nelle cavi di pietre verdi, con la “precauzione” di non rientrare in cantiere prima di due ore, forse costituisce un incoraggiamento a procedere con 170 chili di gelatina esplosiva a Genova. Le norme di legge in vigore tuttavia sono chiare: nei cantieri di bonifica sono vietati anche gli strumenti ad alta velocità come i trapani elettrici. Occorre dunque fermare l’esplosivo perché le quantità “minime” finirebbero negli alveoli polmonari dei cittadini residenti a Genova la cui sensibilità è enormemente ancora più “spinta” dei metodi analitici utilizzati.

(*) Vito Totire è medico del lavoro e portavoce di AEA, l’Associazione esposti amianto e rischi per la salute

LA VIGNETTA – scelta dalla “bottega” – è di Mauro Biani.

 

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