Ancora su «L’uomo che comprò la Luna»

di IGNAZIO SANNA; a seguire una noticina (per viaggiatori temporali?)

Dopo L’uomo che sussurrava ai cavalli (Robert Redford, 1998) e L’uomo che fissa le capre (Grant Heslov, 2009), ecco L’uomo che comprò la luna (https://www.youtube.com/watchv=2MxQLFBe98E), secondo lungometraggio del regista oristanese Paolo Zucca.

Il film si apre con un signore – l’attore serbo Lazar Ristovski, già in Sonetàula (2008) di Salvatore Mereu e in Casino Royale (2006) accanto allo 007 dell’epoca Daniel Craig – seduto nella sua apixedda1 faccia a faccia con un asino che non intende lasciargli strada, ostinato come i signorotti che in tempi ormai lontani sfidavano a duello chi non si faceva da parte al loro passaggio.

Nonostante si potrebbe pensare il contrario, c’è un altro punto di contatto fra L’uomo che fissa le capre, che ebbe per protagonista George Clooney, e L’uomo che comprò la luna, oltre alla parte iniziale comune ai due titoli. Non tanto per la frequentazione della Sardegna da parte del divo statunitense, che vi ha girato come regista e interprete la serie TV “Comma 22” (dall’omonimo romanzo di Joseph Heller) quanto perché in quel film del 2009 sono implicate le forze armate americane, come nel nuovo film di Paolo Zucca nel quale l’intelligence USA ottiene che uno 007 italo-sardo venga spedito sull’isola per indagare sul rischio che la superpotenza perda la propria influenza sulla Luna, simboleggiata dalla stars and stripes, la bandiera a stelle e strisce, piantata sul satellite terrestre dall’astronauta Neil Armstrong nel 1969. Si tratta dunque di un film di spionaggio ma piuttosto sui generis, sia per l’ambientazione insolita che – soprattutto – per l’atmosfera romantica e sognante, tendente al surreale, che nella parte finale avvolge quella che è sostanzialmente una commedia. Ed è proprio la parte più tendente al comico il suo punto di forza, che raggiunge l’apice nel rapporto fra i due personaggi interpretati da un immenso Benito Urgu e un ancor più immenso Jacopo Cullin. Nel cast i due sono affiancati da attori di tutto rispetto, come Francesco Pannofino, anche doppiatore di lungo corso, eccellente protagonista della serie televisiva Boris con, tra gli altri, Caterina Guzzanti e Pietro Sermonti. O come l’attrice spagnola Angela Molina, che ha lavorato con registi del calibro di Pedro Almodovar e Ridley Scott e, scusate se è poco, Luis Buñuel, uno dei più grandi di tutti i tempi (in Quell’oscuro oggetto del desiderio, 1977). La sceneggiatura è firmata dallo stesso regista assieme a Geppi Cucciari (già fra gli interpreti de L’arbitro (2013), l’esordio sulla lunga distanza di Paolo Zucca, con Stefano Accorsi) e un’insospettabile Barbara Alberti, scrittrice e sceneggiatrice affermata.

Va detto subito che questo film, come tanti altri scritti e diretti da autori sardi nel terzo millennio, presenta il vantaggio non indifferente di essere credibile e realistico perfino in una vicenda come questa, perché ad essere autentico è lo sguardo di chi lo ha realizzato, che conosce la Sardegna in tutti i suoi molteplici aspetti proprio per esserci nato e vissuto. Come pietra di paragone – esempio di uno sguardo totalmente adulterato perché estraneo all’ambiente che vorrebbe rappresentare, e quindi del tutto ignaro della gran parte delle caratteristiche autentiche della cultura e della società sarda – prendiamo Una questione d’onore (1965), un caso di autentico infortunio cinematografico occorso a un regista pur di buon livello come Luigi Zampa. In quel film gli attori non sardi (peraltro molto bravi, come Ugo Tognazzi e Franco Fabrizi) parlano come deficienti, secondo l’idea molto approssimativa che si aveva all’epoca delle parlate sarde, sconfinando nel grottesco praticamente dall’inizio alla fine. Un po’ l’equivalente, ma se possibile di qualità inferiore, dei minstrel shows statunitensi, che mettevano in scena attori bianchi dipinti di nero a interpretare afroamericani. Perciò, nonostante sia piuttosto improbabile che fra gli obiettivi del film ci fosse anche questo, L’uomo che comprò la luna ha anche il pregio di offrire allo spettatore non sardo una prospettiva socio-antropologica credibile, pur presentando alcuni aspetti tipici della vita dei villaggi dell’interno della Sardegna in maniera fra il caricaturale e il giocoso.

Per concludere, due parole su Benito Urgu e Jacopo Cullin. Benito, classe 1939, già cantante del gruppo beat oristanese I Barrittas (https://www.youtube.com/watch?v=dAv_FoWXUPE ) negli anni Sessanta, è dotato di un talento innato, affinato in lunghi anni di praticantato cabarettistico. Giustamente adorato in Sardegna, sarebbe stato apprezzato come avrebbe meritato anche fuori dall’isola se avesse trovato sulla sua strada qualcuno capace di riconoscerne le grandi doti attoriali. L’unico che c’è andato vicino è stato Piero Chiambretti, con il quale ha lavorato nel programma di Raitre “Prove tecniche di trasmissione (1989-1990). Idealmente il re della barzelletta in Sardegna (https://www.youtube.com/watch?v=HQbxSJ03mdE) fra le altre cose, passa il testimone all’attore più giovane, il cagliaritano Jacopo Cullin, classe 1982. Autore anche di alcuni cortometraggi come regista, Jacopo si racconta nel documentario-intervista “Uno, nessuno e centomila”, a cura di Galleria Progetti (https://www.youtube.com/watch?v=scbHCJ7ZSl8). Non dimentichiamo che fra i suoi concittadini ci sono stati grandi attori come Amedeo Nazzari, Gianni Agus, Giancarlo Dettori. Come si dice, se il buongiorno si vede dal mattino…

    NOTICINA DI SCUSE

Mi devo scusare con Ignazio Sanna del ritardo con cui ho pubblicato la sua recensione-riflessione, arrivata prima di quella di Daniela Pia (cfr «L’uomo che comprò la Luna»). Se vi chiedete come possano capitare sviste del genere eccovi tre ottime ma alternative spiegazioni:

– il feroce e dispettoso “pesce mouse” ha mangiato il primo post amorosamente preparato dal sottoscritto;

– il “redattore” (in questo caso db cioè io) spesso crede di essere sveglio e invece dormicchia:

– okkkkio, siete capitate/i in un ingorgo temporale anzi in un ingorgo “tempestale” e visto il tema fantaironico questa è la mia ipotesi preferita. Dunque innocente sono.

db,

1 Piccola motorcar Ape

Ignazio Sanna

2 commenti

  • Grazie per la bellissima recensione.

    Sei l’unico che ha accostato (giustamente) il mio film a “Una Questione d’Onore”, sul quale sono completamente d’accordo con te, ma del quale ammiro e ho provato a emulare il tono.

  • Grazie Paolo, mi fa piacere che ti sia piaciuta. E sono contento di avere azzeccato l’accostamento. Non ci conosciamo di persona ma ti ho appena chiesto l’amicizia su Facebook 😀

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