Api, ornitorinchi, ignoranza e nuovi saperi/sapori
Un libro divertente, chiaro, saggio e matto: prefazione di Daniele Barbieri a «Bee Happy – Storie di alveari, mieli e apiculture» di Barbara Bonomi Romagnoli
A tal punto detesto i tuttologi che quando mi chiedono – “sei un giornalista? E allora sai di tutto un pochino” – di scrivere o parlare su qualcosa che conosco poco… declino 99 volte su 100; la centesima mi preparo e studio. Ma certe volte l’ignoranza mia è così grande da essere ignoranzità, come si dice a Roma.
Di api quasi nulla sapevo sino a poco tempo fa. La mia “cuginanza” animale era verso i cani, i delfini, le “scimmie” (non dovrei chiamarle così, lo sooooo) darwiniane e non. Ma soprattutto amo gli ornitorinchi: da quando ho scoperto che zoologicamente gli ornitorinchi «non possono esistere» mi sento di avere ritrovato in loro i miei fratellini perduti; sospetto persino che abbiamo in comune mamma empatia e babbo kaos. Cos’ha di strano un ornitorinco? Tutto. E’ un mammifero ma depone uova, ha qualcosa dell’uccello ma anche dell’anatra… Uno stupendo casino biologico. All’inizio gli zoologi europei pensarono a una beffa, un falso.
E le api, a me quasi ignote? Ho cominciato a incuriosirmi solo pochissimi anni fa perché un’amica e compagna di mille lotte, cioè Barbara – all’anagrafe un cognome solo ma lei si firma con due per protestare contro la legge italiana “padrocentrica” – ne alleva e oltretutto mi regala i suoi squisiti mieli.
Così quando l’apicoltrice Brb (sarebbe Barbara) mi ha chiesto di dare un’occhiata al suo libro – “sei un bravo pignolo ed ex correttore di bozze, poi gradisco i tuoi consigli di scrittura” – ho dovuto dire di sì. Pur sapendo che Brb scrive bene, in cuor mio ho pensato «che palle ‘ste api».
Invece no. Un libro divertente, chiaro, saggio e matto. Dall’inizio alla fine. Didattico dove serve; piacevole nelle vicende che riguardano le persone; “storioso”; autoironico qb; sorprendentemente politico come leggerete; femminista – questo me l’aspettavo – perché il discorso di genere è dentro tutto.
Così ho imparato molto sulle api. E sui sapori/saperi legati ai mille mieli. Mi sono divertito e in alcuni punti del libro appassionato a tal punto da prendere appunti. Ci sono le statistiche. Viene spiegata la nascita di una passione. Il duro lavoro, il piacere dei risultati. Ci sono le faq – domande più frequenti – ma anche le Fad ovvero le “fattorie apistiche didattiche”. C’è l’Accademia dell’analisi sensoriale degli alimenti, un nome splendido. Ci sono i razzismi… sì, anche nel mondo dell’apicoltura. Mi aspettavo di trovare Giorgio Celli (e infatti c’è) ma mi sono stupito di incontrare anche Tommaso Landolfi e Alda Merini. Ovvio che fra le pagine si incroci Marx (non Groucho ma il comunista tedesco) però che sorpresa trovare Yo Yo Mundi, Margaret Atwood e la Sardegna di Gramsci.
Ah, negli ultimi anni siamo stati perseguitati da un’errata citazione di quel genio che faceva le boccacce, intendo Albert Einstein, sul legame uomini-api: frase fasulla ma vicina al vero nella sostanza come ben spiega Brb. Sono i paradossi del citare/eccitarsi senza pazienza o studio.
Grazie a questo libro ho conosciuto anche Paul Preciado, filosofo e attivista queer, che mi ha così sconvolto: «Gli esseri umani, incarnazioni mascherate della foresta, dovranno togliersi la maschera umana e riprendere di nuovo quella del sapere delle api. Il cambiamento necessario è talmente profondo che si dice sia impossibile, talmente profondo che si dice sia inimmaginabile. Ma l’impossibile arriverà e l’inimmaginabile è inevitabile. Del resto cosa era più impossibile e più inimmaginabile, la schiavitù o la fine della schiavitù? Il tempo dell’animalismo è quello dell’impossibile e dell’inimmaginabile. Questo è il nostro tempo, l’unico che ci rimane». Per me, convinto che l’evoluzione umana sia caleidoscopica, altro materiale da riflettere. Ben più complesso da capire rispetto allo schema – così male inteso – dell’incontro/scontro fra ape regina e api operaie che qui ho finalmente compreso oltre le banalità del sentito dire.
Insomma ho cominciato a capire che tra la frivola Ape Maia e la seria Apis Mellifera si aprono un bel po’ di universi da conoscere.
Mi preparavo dunque all’uscita del libro – come vedete nell’immagine da DeriveApprodi – per il piacere di parlarne e magari regalarne copie (“oh Brb, che sconto mi fai se ne prendo 20?”) a un po’ di amiche/amici, anche per coinvolgerl* con le api del mio nuovo stupore.
Invece… Brb mi ha chiesto una prefazione, avrei potuto scriverla diversamente da così?