Argentina, memoria aperta

di Dario Lo Scalzo (*)

Il 12 gennaio 2016, presso la sala conferenze della Fondazione Basso, si è svolto l’incontro “Memoria aperta” promosso e organizzato dalla stessa fondazione e dall’Ong Terre Madri con il sostegno della Chiesa Valdese.

La giornalista Nadia Angelucci ha moderato gli interventi dell’avvocatessa Luz Palmas Zaldua, coordinatrice dell’Area Memoria, Verità e Giustizia del CELS (Centro de Estudios Legales y Sociales) di Buenos Aires, del prof. Claudio Tognonato, docente presso l’Università RomaTre e curatore del libro Affari nostri e infine della ricercatrice Simonetta Fraudatario del Tribunale Permanente dei Popoli.

Grazie a un enorme archivio di materiale probatorio e al gran lavoro portato avanti per anni dal CELS l’avvocatessa Luz Palmas Zaldua ha fatto emergere con dovizia di particolari e di dettagli il ruolo svolto dalle imprese e dal potere economico durante la dittatura argentina (1976-1983).

Durante la dittatura argentina la violazione dei diritti umani, che ha trovato la sua estrema manifestazione nei sequestri, negli imprigionamenti, nelle uccisioni e nelle sparizioni, non è esclusivamente imputabile alle forze militari ma ha visto una complicità di civili e di imprenditori.

E’ quanto venuto fuori chiaramente dalle ricerche, dalle indagini e da differenti testimonianze raccolte negli anni. Emblematici alcuni casi riportati dalla coordinatrice del CELS come quello dell’azienda siderurgica Acindar il cui amministratore delegato José Alfredo Martinez de Hoz fu persino nominato sotto la dittatura ministro dell’ecomonia e facendosi sostituire da un generale nel ruolo di amministratore dell’azienda. All’interno di Acindar almeno un centinaio di lavoratori furono perseguitati e di certo 69 furono imprigionati, 18 uccisi e 8 risultano tuttora scomparsi.

Le collaborazioni tra forze militari e mondo imprenditoriale sono stati evidenti così come per la Ledesma, un’impresa del settore agro-alimentare che è stata la principale fonte di occupazione nella provincia di Jujuy e il cui proprietario Carlos Pedro Blaquier è un noto amico dell’attuale presidente Mauricio Macri.

Ebbene nel luglio del 1976, a Jujuy improvvisamente fu il black-out elettrico e in quel momento molti lavoratori dell’impresa furono sequestrati o condotti nei centri di detenzione utilizzando i mezzi di trasporto messi a disposizione dalla Ledesma. Proprio durante quegli anni caldi la Tupac Amaru di Milagro Sala condusse un’aspra battaglia di protesta contro la Ledesma per via delle terribili condizioni di lavoro dei lavoratori. Si è dovuto attendere il 2012 per vedere Blaquier sotto processo. Ma i corsi e i ricorsi della storia argentina ci presentano oggi uno scenario sarcastico nel quale Milagro Sala da un anno si trova in prigione e senza alcuna colpa e senza prove attendibili lo scorso dicembre viene condannata a tre anni di carcere.

E’ il senso della testimonianza di Luz Palmas Zaldua, è il focus dell’incontro: la memoria aperta. Il passato che non è davvero passato ma che si ripropone nella realtà odierna, magari sotto altre vesti . Un passato che è ancora attualità. E’ la storia del potere economico che in Argentina, come nel resto del mondo, riesce a celarsi e a camuffarsi in maniera da non essere quasi mai colpito e in modo da non avere mai da pagare per le atrocità di cui è stato responsabile con la complicità della mano armata militare.

L’Argentina ha vissuto dei tremendi anni di dittatura ma, come ci ricorda il prof. Tognonato, sono anche affari nostri, sì, di noi italiani perché anche il belpaese ha avuto un ruolo primario prima, durante e anche dopo la dittatura argentina.

La dittatura argentina è stata una combinazione tra interessi economici e rapporti internazionali e in questo contesto, nel 1981, l’Italia è stato il principale paese esportatore di armi in Argentina. Cambiano i palcoscenici e a volte gli attori ma le cose non sembrano cambiate ai giorni di oggi se pensiamo ai nostri primati nell’esportazioni di armi verso l’Africa e il Medio Oriente.

Il prof. Tognonato ci ripropone sapientemente una fotografia di quel momento storico ricollegandolo ai successivi sino ad arrivare al berlusconismo. Si vivevano gli anni fiorenti della P2 e il faccendiere Licio Gelli viveva l’Argentina come una seconda patria dalla quale aveva persino ricevuto quattro passaporti diplomatici. Erano gli anni delle sperimentazioni sudamericane, fatte sulla pelle della gente, e dei laboratori monetaristi che poi con Ronald Reagan e Margaret Thatcher avrebbero dato il via ufficiale alle politiche neoliberiste di cui tuttora paghiamo le conseguenze.

“Non ci sono dittature militari, tutte le dittature militari si mantengono con la complicità del potere economico” ribadisce il docente di RomaTre, ricordando tra l’altro che la violazione dei diritti umani è sistematicamente messa in atto anche oggi attraverso strategie più sottili e meno violente che portano comunque alla retrocessione di diritti e sovranità.

In questo scenario internazionale poco rassicurante ci ritroviamo però con delle speranze concrete.

Da un lato, per quanto riguarda il caso argentino, in materia di Giustizia, i primi successi importanti e le prime condanne che fioccano così come nel caso dell’impresa di trasporti La Veloz del Norte il cui proprietario, Marco Levin, che in dittatura disponeva a suo piacimento dei militari per disfarsi dei suoi operai, è stato condannato a 12 anni di prigione; dall’altro la presenza vigile del Tribunale Permanente dei popoli, sì è vero, un tribunale d’opinione e etico che, su scala mondiale, prova ad unire la denuncia con la ricostruzione dei contesti di reato sino a giungere all’identificazione dei reali responsabili, così come ci racconta con passione e coinvolgimento Simonetta Fraudatario. Un agire lodevole e essenziale che dà garanzie di veglia e di risveglio e che può permettere di scardinare il connubio tra potere politico-giudiziario e potere economico che oggi tutela a senso unico i diritti delle imprese più di quelli dei popoli.

Un’ambizione grande quella di ottenere giustizia e allo stesso tempo verità, una sfida sociale e sistemica che comporta una perseverante lotta d’informazione e di coraggio nella quale è sempre bene tenere in conto gli effetti boomerang e gli andirivieni della storia.

Ricordiamolo, la memoria è aperta.

(*) tratto da Pressenza

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *