Artisti Aquilani e «Zugzwang»: obbligati a muoversi

di Barbara Innamorati
Sono già passati più di cinque anni dal giorno in cui sulle macerie di una città morente

metteva radici e germogliava una nuova vita, quella di Artisti Aquilani. La storia di questo gruppo non è legata solo al terremoto ma alla vita di un piccolo popolo che rimaneva quasi invisibile per la maggior parte delle persone ma lavorava alacremente fra le mura della Casa del Teatro, al centro di L’Aquila. Associazioni o singoli artisti utilizzavano questi luoghi per dare respiro e rifugio alle proprie scelte. Uno spazio condiviso in cui era possibile conservare la propria identità. Qui si tenevano laboratori, incontri e seminari promossi dalle cattedre di Studi Teatrali dell’Università, qui transitavano spettacoli di grande spessore e risonanza culturale. Qui non c’erano poltrone, qui c’era il Teatro.
La notte in cui tutta la città fu violentata dalla furia della natura, anche la Casa del Teatro fu colpita e divenne inaccessibile.
Tanti andarono via, molti tornarono indietro e qualcuno scelse di restare.
Reagire al crollo del proprio mondo diventò un imperativo categorico e, sebbene fosse venuto a mancare lo spazio fisico in cui lavorare, non erano invece venute a mancare le convinzioni e le motivazioni per continuare a farlo. Per questa ragione, le tante realtà artistiche che orbitavano intorno alla Casa del Teatro, si riunirono intorno a un unico nome che ben delineava una volontà e un’identità: Artisti Aquilani. Si erano formate nuove micro-comunità nelle tendopoli che nei mesi successivi divennero riparo e gabbia degli sfollati e, nell’assurdità di quei luoghi precari, il Teatro senza una Casa è sopravvissuto.
Artisti Aquilani, oggi come allora, è una realtà concreta. Svolge la sua attività in una nuova Casa del Teatro che ha trovato la sua collocazione in periferia, su Piazza d’Arti, dove hanno avuto il loro spazio diverse associazioni del territorio. Non-luoghi, ecco come vengono chiamati posti come questo.
Personalmente non amo questa definizione perché negare i luoghi in qualche modo significa negare le persone. Sono piuttosto luoghi di una concretezza feroce: niente altro che segni visibili dell’evento che li ha portati a fare la loro comparsa dove prima erano zone alberate, campi incolti e prati. L’assetto urbanistico completamente stravolto da tutti i nuovi insediamenti che chiamiamo c.a.s.e. oppure map o con tutti gli altri acronimi ai quali amaramente ci siamo dovuti abituare. Il terremoto ha cambiato la nostra storia, la nostra geografia e persino il nostro linguaggio. Ed è sempre presente e ben visibile in quella che oggi è ancora una città senza centro in cui è cosa quotidiana leggere ”zona rossa” sulle transenne del centro o nei titoli dei giornali. E la parola ricostruzione inizia ad avere un suono beffardo.

Il tessuto sociale a brandelli, una cronica carenza di lavoro e la conseguente emigrazione stanno rendendo la nostra terra un posto in cui la sopravvivenza di una realtà artistica e culturale come Artisti Aquilani è realmente un evento straordinario. Per questo la storia di queste persone è una storia di resilienza: non si può vivere e neanche sopravvivere in un territorio così se non si mettono in atto strategie di trasformazione. Ogni limite può e deve diventare un’opportunità.
È così che nasce Zugzwang. Parola dal suono dolce, zugzwang negli scacchi definisce la mossa inevitabile: un giocatore è costretto a muovere anche se sa che così perderà un pezzo importante o subirà lo scacco matto.
Tra mille difficoltà, quotidianamente o quasi, arriva il momento in cui si è obbligati a muovere, a fare una scelta anche se, su questa scacchiera che è L’Aquila post-sisma, ogni mossa può far perdere qualcosa di importante o mettere fine alla partita.
Volendola vedere da un’altra angolazione, è preferibile muoversi e rischiare di perdere, piuttosto che restare fermi in un’immobile attesa che produce solo altra polvere sulle macerie.
Zugzwang è uno spettacolo che prende vita dalla rinnovata scelta di esserci e di trasformare i problemi in nuove possibilità. Ancora una volta, testardamente.
La nascita di questo lavoro è stata accompagnata da un’operazione di crowdfunding (
https://www.indiegogo.com/projects/zugzwang–3 ), una pratica di micro-finanziamento che, partendo dal basso, coinvolge le persone nel percorso di produzione, una sorta di sfida creativa alla avvilente situazione della cultura italiana.
Zugzwang è un progetto che coinvolge anime ed esperienze diverse unite da un obiettivo comune. È stata proprio la forza delle differenze a generare questo cabaret macabro dove ogni singolo attore riesce a conservare la sua natura pur essendo parte di un tutto che è cresciuto, maturando e generando nuove suggestioni, sotto la tenace direzione di un regista che ha avuto il coraggio di spostare il limite sempre un po’ più in là.
Zugzwang è il luogo e il momento in cui prima o poi arriveremo tutti, l’ultimo atto dell’esistenza quando, di fronte alla Morte, cadono le maschere e senza filtri diventiamo ciò che siamo veramente. È il momento della verità perché, se sei obbligato a muovere, sei costretto ad essere autentico e quando non hai più nulla da nascondere, non hai più nulla da temere.
Zugzwang è la nostra mossa. Possiamo perdere ma da resilienti sapremo trasformare la sconfitta in una buona occasione. Oppure possiamo vincere e dare prova così che il Teatro è sempre possibile, tra le macerie, nelle tendopoli e persino in una città morente.
Morente sì, ma non ancora morta.
http://www.artistiaquilani.it

Redazione
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