Avvelenare il mare: con o senza trivelle

Quando leggerete questo post mancheranno 27 giorni al referendum su trivella selvaggia ed eterna

KarelThole-17aprile

Qualche storia da ascoltare pensando al 17 aprile e al dopo

C’è un piccolo uomo in questa prima storia.

«Soprattutto aveva paura dell’acqua, a causa del modo in cui l’acqua è. Cercò di usarla tutta, seppellendo le fonti, costruendo dighe sui fiumi. Ma quando si beve, poi si deve orinare. L’acqua torna a scendere. Come cresce il deserto, così cresce il mare. Perciò Piccolo Uomo avvelenò il mare. Tutti i pesci morirono. Ogni cosa cominciò a morire». Così Ursula Le Guin in «Sempre la valle», un romanzo di fantascienza: bellissimo e che ci offre una speranza, un nuovo inizio. Cercatelo: in biblioteca, perché è da tempo esaurito, esauritissimo.

Sorella fantascienza ci ha avvisato. L’acqua sta finendo, perfino «il mare è andato a male». James Ballard nel racconto «L’ultima pozzanghera» dà in diretta l’assassinio dell’ultimo pesce sul fondo dell’oceano prosciugato. «Il lago Atlantico, un braccio d’acqua stagnante lungo 16 km e mezzo e largo uno e mezzo, era tutto quello che restava degli oceani […] Nel centro giaceva il corpo schiacciato ma ancora guizzante del pesce». Due ragazzi lo hanno ucciso a sassate epperòperonpompero un inguaribile ottimista commenta: «Mi dispiace ma non è la fine del mondo». L’ottimista non è Renzi anche se gli assomiglia assai.

Al lato opposto dell’acqua – cioè quando il rischio è che ce ne sia troppa – nel romanzo «Deserto d’acqua» sempre Ballard ci mostra un pianeta/laguna, sommerso dallo scioglimento delle calotte polari, altrettanto inabitabile. Anche qui se i mari salgono non è che sia un ciclo naturale: moooooolto dipende dagli esseri umani, dalla loro demenza o intelligenza; diciamo meglio: dall’egoismo di pochi sfruttatori oppure dall’interesse collettivo.

Certa cattiva letteratura, anche fantascientifica, ci fa credere che di fronte alle catastrofi torniamo tutti uguali, magari con un’arma in mano ancora di più. Ovviamente non è così: anche i disastri sono classisti. Un buon esempio è in romanzo, «Largo largo» – del 1966 – dove di nuovo la signorina H2O è al centro della scena.

Nel mondo cosiddetto reale periodicamente la ricca New York va in crisi d’acqua e ogni tanto qualcuno propone di razionare quel che esce dai rubinetti. L’idea di fare la doccia a giorni alterni getta nel panico i cittadini spreconi: si sa che gli Usa hanno sempre un asso nella manica, rubare l’acqua a qualche altro Paese. Ma quanto può durare?

Chi guarda al futuro dovrebbe rileggere il citato «Largo, largo» del saggissimo Harry Harrison: in una sovraffollatissima New York l’acqua è talmente poca che per riempire qualche bottiglia l’unica è andare nelle fontanelle guardate da soldati armati, sperando di non essere poi aggrediti dagli scippatori di h2O in agguato; oppure … si può bere l’acqua del fiume, peccato sia «veleno puro». Una catastrofe che l’insensato sfruttamento ha da tempo concretizzato in molte parti del pianeta ma i succhia-risorse [altrui] statunitensi mai l’avrebbero pensata in casa loro dove – sto parlando del mondo reale, di ieri e oggi – un neonato “stelle e strisce” mediamente consuma in un giorno l’acqua per un anno di un bimbo africano. Naturalmente a New York chi ha i soldi si rivolge al “mercato in nero”. Nel mondo reale come in quello immaginato dalla fantascienza: perché appunto la catastrofe è classista.

A chi soldi non ne ha restano i guai o sperare che lassù qualcuno ci ami. Tanto per dirne una nell’estate del 1988 i tragicomici amministratori di Clyde [negli Usa e dove senno?] di fronte a un’imprevista siccità pagarono 2000 dollari … ai pellerossa superstiti per «una danza della pioggia». Patetica resa della pretesa onnipotenza tecnologica ad antiche magie. Era meglio dar retta a Platone: «La legge sull’acqua sia dunque questa: chi corrompe con veleni l’acqua altrui sia citato in giudizio; se colpevole […] oltre alla multa sia condannato a purificare le fonti o il deposito d’acqua».

Ma forse è tardi. Per purificare… e persino per le multe. A proposito il permesso di trivellare nei mari italiani è permanente: di questo si parla il 17 aprile. E forse sapete che nell’Italia di Renzi i controllori delle trivelle sono di fatto… i controllati. Se trivellano o se vanno altrove, se sporcano, se magari puliscono un pochino (improbabile) lo decidono loro: dipende solo da una roba che si chiama «Sblocca Italia». Cioè sblocca i petrolieri dai controlli, dalle leggi, dalla coscienza del limite e persino dal buon senso. Un altro passo avanti verso quella «dittatura del petrolierato» – attenzione: petrolierato, non proletariato – che è sempre più demente e criminale perché il petrolio comunque prima o poi finirà mentre il Sole durerà…. quanto ancora ? Milioni di anni? – ed è una energia pulita e praticamente gratuita.

Chi è appassionata/o di fantascienza ricorderà che nel famoso ciclo di «Dune» di Frank Herbert è un delitto persino piangere perché così si spreca una goccia del liquido più raro che ci sia. Un passo più in là – o più in qua – ecco lo scrittore Howard Fast (pure lui ha scritto fantascienza ogni tanto) che, nel vecchio racconto «La ferita», fece la sua dichiarazione anticipata di voto per il 17 aprile. Continuando a trivellare la madre-Terra per cercare petrolio rimarremo sorpresi quando… sgorgherà sangue e non sapremo se quella ferita si chiuderà: «Voi uomini fetenti sapete solo uccidere […] non avete imparato a fare qualcosa di vivo […] E adesso è troppo tardi». O magari no, non è ancora irrimediabilmente tardi e ancora stavolta potremo cavarcela all’ultimo minuto… se però invertiamo la rotta. Subito.

Questo è l’inizio di una possibile narrazione che intreccia trivelle e fantascienza.

Se volete proseguiamo. In “bottega” nei prossimi giorni? O anche dal vivo se ci invitate da qualche parte per discutere del 17 aprile, per ragionare su come invertire la rotta. Per cambiare l’oggi dobbiamo immaginare un futuro davvero diverso. Mentre ci pensiamo… facciamo partire il passaparola: il 17 si vota sì. (x la redazione Daniele Barbieri e Fabrizio Melodia)

Qui in “bottega” ogni giorno parliamo – l’opposto insomma di ciò che fanno i “media di regime” (cioè quasi tutti) – del referendum “no triv” Ma bisogna che ognuna/o in questi 27 giorni faccia la sua parte: si informi e informi, racconti in giro cosa accadrà se non si raggiunge il quorum o se si perde il referendum (in teoria possibile, praticamente impossibile). Contro la «dittatura del petrolierato», contro chi vuole giocare con le nostre vite.

Aiutateci mandando alla “bottega” informazioni, storie, vignette, immagini… Noi posteremo tutto.

 

 

Redazione
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