Baleotti, Foa, Leopardi, Mancuso, Popper, Volcic e Zucman

7 recensioni di Valerio Calzolaio

Giacomo Leopardi

«Operette morali»

a cura di Ludovico Fulci, con dvd «Il filosofo della speranza» (a cura di S. Vinceti)

Armando

176 pagine, 15 euro

Recanati, Roma, Milano, Bologna, Firenze, Pisa. 1824-1832. In quegli anni Giacomo Leopardi (1798-1837) scrisse (almeno) venti “Operette morali”, un’opera in prosa definitivamente pubblicata a Napoli nel 1835 (dopo due edizioni intermedie, 1827 e 1834) curata da Ranieri, censurata (copie vendute con lo stratagemma del frontespizio) e ripresa criticamente da Moroncini nel 1929, ora trovabile presso molti editori. Armando cura testi utili nelle scuole, questo in particolare nei licei. Non si tratta di estratti, non si fa un’arbitraria selezione; anzi sono rese disponibili on-line le 4 operette di una delle versioni edite, altre operette rifiutate o solo abbozzate, appunti e approfondimenti. L’intento divulgativo dell’autore era unitario, «sogni poetici, invenzioni e capricci malinconici», storie novelle dialoghi sulle relazioni fra specie compresa l’umana. Un’occasione per rileggerle, dall’incipit sulla «Storia del genere umano» alle conclusioni del «Dialogo di Timandro e di Eleandro».

 

Beniamino Baleotti

«Il Re della sfoglia. Ottanta gustose ricette, tradizionali e innovative, a base di pasta fresca»

Pendragon

172 pagine, 16 euro

Da secoli. Dal bolognese. La pasta è sempre occasione di nutrimento e simbolo di convivialità, di mangiar sano e di buona cucina. Difficile dire da quanto sia in auge in Italia, comunque a partire dal 1400 non fu più un piatto solamente fatto in casa, cominciò a essere venduto e, ben presto, emerse una specifica tradizione emiliano-romagnola, in particolare per la pasta sfoglia. Da un uovo e 100 grammi di farina, adattati in proporzione o con critica sensibilità, trattati col mattarello, derivano infinite varianti di prodotti, semplici e ripieni. Il fidato mattarello del cuoco in grembiule giallo Beniamino Baleotti (Bologna, 1984) si chiama Antonello. Ospite della trasmissione «Detto fatto» sui RAI 2, è stato definito “Il Re della sfoglia” e dal suo libro si capisce perché. Dedica varie pagine a illustrare con parole semplici materie prime, utensili, opzioni, i gesti opportuni per produrre, conservare, cuocere, degustare. Seguono ottanta ricette con foto da acquolina in bocca.

 

Anna Foa

«Andare per i luoghi di confino»

Il Mulino

134 pagine, 12 euro

Isole italiane (e luoghi isolati). 1926-1943 (soprattutto). Il confino non è stato inventato dal regime fascista; ha una storia più lunga e non solo italiana; per quanto riguarda il nostro Paese inizia con la legge Pica del 1863 sul domicilio coatto, una misura di deportazione preventiva che poteva essere proposta dalle autorità di polizia e imposta anche senza la necessità di un processo regolare e di una condanna per un reato effettivamente previsto e commesso. La distinzione (chiave nel periodo fascista) è fra sanzione politica e sanzione comune. Il confino politico è la situazione di relegamento coatto di un oppositore politico, sinonimo di messa al bando dalla società civile e di reclusione di fatto in remote località della nazione, dove vi erano poche vie di comunicazione (e fuga). Poteva colpire le intenzioni: si basava su sospetti, non su fatti. Vi finirono in maniera sistematica e capillare sia antifascisti che fascisti dissidenti, forzatamente bloccati su poca terra in mezzo al mare o in minuscoli borghi montani spopolati e poveri, così da separarli fisicamente e moralmente dal resto del mondo e dai propri cari. Si cominciò con i deputati destituiti. Aveva una durata massima di 5 anni, rinnovabili. Nel territorio italiano, per periodi diversi, tra il 1926 ed il 1943, funzionarono centinaia di colonie di confino, un numero incerto anche perché vi furono confinamenti di singoli o pochi che non sono stati trattati da memorialistica o storiografia locale. In tutto, fra il 1929 e il 1943, dopo lunghi duri percorsi in catene, i confinati politici sono stati oltre 12.000, per la maggior parte ma non solo uomini (fra le confinate vi fu Camilla Ravera, fra le mogli che seguirono i confinati Ursula Hirschmann Colorni e Natalia Ginzburg). Un punto di svolta furono le leggi razziali del 1938 (anche per zingari e omosessuali), poi l’entrata in guerra, quando il confino fu spesso affiancato o sostituito da campi di concentramento (Esercito) o di internamento (Interno), destinandovi pure ebrei stranieri, civili di altri Paesi in guerra, militari prigionieri. Infine pervicacemente continuò Salò.

La storica Anna Foa (Torino, 1944) – a lungo docente di Storia moderna alla Sapienza di Roma (in pensione dal 2010), figlia di Vittorio Foa (1910-2008) e Lisa Giua (1923-2005) – dopo essersi occupata di storia della cultura nella prima età moderna, di storia della mentalità, di storia degli ebrei, sta dedicando interesse e pubblicazioni a momenti (anche familiari) della vita italiana del Novecento. L’agile interessante nuovo saggio si concentra particolarmente sul confinamento nelle isole, con osservazioni acute e in parte generalizzabili oltre il contesto storico carcerario del fascismo e l’identità peninsulare italiana costellata di isole. Le isole hanno svolto e svolgono specifiche funzioni rispetto alla selezione naturale e all’evoluzione della biodiversità, soprattutto per le specie che non nuotano e non volano in e da quegli ecosistemi, bisognerà prima o poi scrivere storia e geografia delle isole-carcere nel mondo (ho iniziato). Foa narra i luoghi del confino durante il fascismo e, attraverso loro, l’esordio detentivo di molte figure che hanno poi fatto la storia politica o intellettuale dell’Italia repubblicana, da Spinelli a Rossi, da Ginzburg a Colorni, da Levi a Pertini, da Pavese a Lina Merlin, da Adele Bei a Cesira Fiori, da Lussu a Bifolchi, da Gramsci ai Rosselli. Sceglie uno stile fluido e sintetico, un affresco di ambienti (a partire dal disegno di copertina, un cumulo di sassi deserti in mezzo al mare). I brevi capitoli prendono in esame antifascisti ed ebrei, donne e tipologie considerate marginali e pericolose (zingari, omosessuali, Testimoni di Geova), luoghi o episodi particolari, passaggi storici anche in connessione con il confino di stranieri delle colonie o dei paesi in conflitto. Non c’è intento accademico o biografico, non servono note meticolose e la breve bibliografia riguarda quanto hanno scritto alcuni dei più famosi (con l’efficace corredo di qualche bella foto), non la storia del fenomeno e l’intera vita di ciascuno. “Andare per i luoghi di confino” è una guida e uno spunto per l’oggi, accurato nei dati e nei giudizi, non per lo studio scientifico ma per la cittadinanza attiva. Andiamoci ora, sembra dirci, in quelle località, spesso meravigliose (se liberi) e ricordiamo meglio un pezzo turpe della nostra storia (illiberale).

 

Stefano Mancuso

Botanica. Viaggio nell’universo vegetale

Aboca

120 pagine, 12 euro

Terra. Da sempre la quasi totalità degli esseri viventi. Le piante sono il tramite fra l’energia del sole e il nostro pianeta, garantendo la trasformazione dell’energia luminosa in energia chimica, i benedetti (e maledetti) zuccheri. La vita animale dipende da quella vegetale e gli animali sono una risicata minoranza rispetto alle piante. Dai vegetali provengono gli alimenti di animali e umani, la stessa energia cosiddetta fossile, principi attivi medicinali, fibre tessili, legno per costruire e scaldarsi. La botanica studia le forme di vita dei vegetali, una scienza apprezzata non sempre, non da tutti, non ovunque, pur decisiva per la sopravvivenza, anche attuale e futura, delle specie, della biodiversità, degli ecosistemi. Spesso si percepiscono le piante come via di mezzo fra organico e inorganico, esseri passivi, inerti, insensibili. Sbagliato. O meglio, è vero che non hanno organi, non è vero che non abbiano trovato sistemi diversi (dagli animali) di adattarsi a ogni contesto, di comportarsi e resistere, di percepire e sentire. Nascono, crescono, si riproducono, comunicano, socializzano, ma hanno adotta l’opzione sessile, radicata. A differenza degli animali, non hanno né centri di comando né organi, tutte le funzioni sono distribuite su tutto il corpo, potendo così resistere ad asportazioni massicce, vivendo più come collettivo che come individuo, come parte di un ecosistema vitale più che come unicum separato. Gli umani sono evoluti fra le piante (all’inizio sopra di esse), che agiscono sul nostro corpo e sulla nostra psiche; soltanto progressivamente e di recente (in termini evoluzionistici) ce ne siamo distaccati per inurbarci e rompere gran parte di un legame ancestrale ed essenziale, oltre ad aver reso sempre più insostenibile l’agricoltura. Dal proprio punto di vista il modello vegetale “diffuso” si è evoluto per 600 milioni di anni per resistere alla predazione di animali, forse può davvero trasmetterci qualcosa, insegnare a noi sapienti, volenti o nolenti.

Il neurobiologo vegetale Stefano Mancuso (Catanzaro, 1965; laboratorio a Sesto Fiorentino; insegnamento e abitazione prevalentemente a Firenze) insiste da anni sulla specifica intelligenza delle piante e sul loro ruolo primario nel suggerire a noi (animali sapienti) soluzioni innovative per fame, inquinamento, siccità, avendole loro spesso già sperimentate. I “diritti” delle piante tendono a coincidere con i diritti degli ecosistemi. Per questo scrive che dovremmo maneggiarle con cura e conviverci meglio, mangiarle non è un problema se capiamo che ogni pianta ha un valore in sé, ogni specie andrebbe protetta per qualità quantità biodiversità. Il recentissimo volume è una sorta di compendio degli innumerevoli contributi che hanno reso Mancuso uno degli scienziati più noti e apprezzati a livello internazionale. Dopo l’introduzione dieci brevi capitoli (senza note e bibliografia) descrivono il mondo vegetale, con frasi chiare e sintetiche, agili esempi, citazioni significative. Si parla proprio all’inizio di “alberi migranti” senza tematizzare però la specificità del fenomeno migratorio delle piante. Ecco poi la definizione della nuova disciplina scientifica, la dendrocronologia, lo studio dell’età degli alberi, decisiva anche per la dendroclimatologia: le colonie clonali possono sopravvivere per molto più tempo di un singolo albero (già quasi eterno), decine di migliaia di anni, altro che gli animali! In modo agile ed “empatico” Mancuso riassume la fotosintesi fin dall’arrivo di ossigeno in atmosfera (dalla massa d’acqua), i vegetali sono organismi viventi autotrofi, fanno da sé; noi (fra gli altri) siamo eterotrofi, dobbiamo nutrirci di altri organismi per sopravvivere. Si occupa dello straordinario brulichio delle radici lontane dai nostri sensi, sedi di incredibili movimenti e qualche intelligenza. Illustra le alternative inventate dalle piante per muoversi “attivamente”, riprodursi lontano, difendersi, usando altri vettori e producendo molecole d’ambiente. Divertendosi, continua a sorprenderci spiegando le società vegetali, la fantasiosa sessualità (per il tramite dei fiori), le capacità metamorfiche. Per concludere sull’assurdità irreversibile di ogni disboscamento. Giusto.

 

Demetrio Volcic

«1968. L’autunno di Praga»

Sellerio

186 pagine, 16 euro

Cecoslovacchia. 1967-1969. Il 1968 fu un anno cruciale in molti contesti sociali e geopolitici. A esempio, nel pieno della contestazione universitaria (soprattutto contro la guerra in Vietnam) negli USA di Nixon furono uccisi Martin Luther King e Robert Kennedy. Nel blocco sovietico (dopo quanto accaduto nel 1956 in Ungheria) il 5 gennaio fu eletto Alexander Dubček segretario del Partito Comunista e furono quindici mesi sconvolgenti fino all’invasione del 20 agosto da parte delle truppe dei 5 Paesi del Patto di Varsavia, al suicidio di Jan Palach il 16 gennaio 1969, alle dimissioni di Dubček il 19 aprile successivo. Il giornalista RAI Demetrio Volcic (1931) era lì, entrato fortunosamente da Belgrado il 31 dicembre 1967 e raccontò tutto in diretta, per poi tornarci sopra decenni dopo con questo bel libro, “1968. L’autunno di Praga”: antefatti, euforie, ammonimenti, ambiguità, dubbi, fiammate, repressioni, esili in un grande Paese, oggi diviso.

Gabriel Zucman

«La ricchezza nascosta delle nazioni. Indagine sui paradisi fiscali»

traduzione di Silvia Manzio

Add (originale francese 2013; edizione statunitense rivista e aggiornata, 2015)

142 pagine, 15 euro

Isole Cayman, Svizzera, Lussemburgo, Irlanda, Cipro e molti altri (bei) posti. Da un secolo (almeno). L’evasione fiscale è in forma smagliante. Alcuni degli individui più ricchi e alcune delle più grandi società del pianeta si servono dei paradisi offshore e dell’elusione fiscale per evitare di pagare le imposte dovute. Circa l’8% dei patrimoni finanziari mondiali è detenuto nei paradisi fiscali, quasi il 30% di quelli africani, oltre il 50% di quelli di Russia e Paesi petroliferi. Le diseguaglianze crescono e si alimentano anche così crisi economiche, finanziarie, democratiche. Un giovane economista francese Gabriel Zucman (1986) ha riassunto in un bel libro (con prefazione di Piketty) “La ricchezza nascosta delle nazioni”, ovvero nascita ed evoluzione dei paradisi fiscali, la stima dell’entità finanziaria rispetto all’economia globale, un piano d’azione preciso e realistico per evitare l’evasione (creando progressivamente un catasto mondiale).

 

Karl Popper

«Nuvole e orologi. Il determinismo, la libertà e la razionalità»

traduzione di A. Rossi

Armando (originale 1975)

104 pagine, 12 euro

Comprensione del mondo. In divenire. Karl Popper (1902-1994) scrisse “Conoscenza oggettiva. Un punto di vista evoluzionistico” nel 1972, pubblicato in Italia nel 1975. Armando fu l’editore che ne curò la traduzione e ha sempre continuato a presentare la produzione scientifica del grande filosofo ed epistemologo austriaco naturalizzato britannico, dedicandogli anche una specifica collana. Con un’introduzione di Massmo Baldini mette ora a disposizione di studenti e appassionati “Nuvole e orologi”, la parte di quel corposo testo ripresa da due saggi precedenti e dedicata alla razionalità e alla libertà dell’uomo, all’induzione e alla conoscenza congetturale, al libero arbitrio contro il determinismo (religioso, scientifico, metafisico). C’è asimmetria tra passato e futuro: il futuro del mondo è aperto, non è implicito in ogni istante del passato.

 

Redazione
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