Ballata di Mauthausen – musica di Mikis Theodorakis, canta Maria Farantouri

di franz (*)

Ciclo di quattro canzoni composte da Theodorakis su versi del poeta Iacobos Kampanelis, che deportato a Mauthausen dove rimase per ben quattro anni, si ispirò ad episodi e personaggi reali.

 

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CANTICO  DEI CANTICI

Era bello e dolce il mio amore col suo vestito bianco della festa e un fiore rosso tra i capelli. Nessuno può sapere quanto fosse bella! Ragazze di Auschwitz, ragazze di Dachau, avete visto il mio amore? L’abbiamo vista in quel lungo viaggio ma senza il suo vestito bianco né il fiore rosso tra i capelli. Era bello e dolce il mio amore coi suoi capelli lunghi e neri cresciuti tra le mie carezze. Nessuno può sapere quanto fosse bella! Ragazze di Mauthausen, ragazze di Belsen, avete visto il mio amore? L’abbiamo vista in uno spiazzo nudo, un numero marchiato sulla mano e una stella gialla sopra il cuore. Era bello e dolce il mio amore coi suoi capelli lunghi e neri cresciuti tra le mie carezze. Nessuno può sapere quanto fosse bella!

 

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ANTONIS

Là sulla scala grande, sulla scala dei pianti. Là nella cava profonda, nella cava dei pianti. Ebrei e partigiani marciano, Ebrei e partigiani cadono con una roccia sulle spalle da portare, con una roccia sulle spalle, croce di morte. Là, Antonis una voce un grido ascolta: “ O Kammarat, o Kammarat aiutami a salire la scala “. Ma là sulla grande scala, la scala dei pianti aiutare è un insulto, rifiutare una maledizione. L’ebreo cade sulla scala, e la scala si tinge di rosso. “ Tu mio prode, vieni qui e doppio peso porta! Ne porto due, ne porto tre, io mi chiamo Antonis, se sei un uomo vieni qui , raccogli la mia sfida!

 

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L’EVASO

Ad un prigioniero del nord il filo spinato non va giù, si fa coraggio, mette le ali e vola via per la campagna. Donna, puoi darmi da mangiare, vestiti per scappare. Molta è la strada che ho da fare, ho fiumi e monti da varcare. Ma dove arriva il prigioniero, paura semina e terrore. Corre di bocca in bocca una voce: pericoloso è quell’evaso, è pericoloso quell’evaso. Cristiani, vi scongiuro, non sono un assassino! Sono fuggito dall’Inferno per tornare a casa mia, per tornare a casa mia. Che grande deserto la terra di Bertolt  Brecht! Il prigioniero è consegnato alla Gestapo che l’uccide.

 

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QUANDO  FINIRA’ LA  GUERRA

Ragazza mia dagli occhi spaventati, ragazza dalle mani infreddolite, quando finirà la guerra non dimenticarmi. Gioia del mondo, aspettami al cancello. Ci baceremo in mezzo alla strada, ci abbracceremo nella piazza. Ragazza mia dagli occhi spaventati, ragazza mia dalle mani infreddolite, quando finirà la guerra non dimenticarmi. Faremo l’amore nella cava, nelle camere a gas, davanti alle mitragliatrici, sulla scala. Ragazza mia dagli occhi spaventati, ragazza mia dalle mani infreddolite, quando finirà la guerra non dimenticarmi. Faremo l’amore a mezzogiorno, in tutti i luoghi della morte finchè anche l’ombra ne venga cancellata. Ragazza mia dagli occhi spaventati, ragazza mia dalle mani infreddolite, quando finirà la guerra non dimenticarmi!

da qui

 

qui la prima canzone interpretata da Leoncarlo Settimelli

 

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(*) così si presenta franz (rigorosamente minuscolo): «Ah, i libri! Sono bottiglie lanciate in mare, come nei film di pirati, i migliori sono mappe del tesoro, solo bisogna saper leggere quello che qualcuno, che non ci conosceva, ci ha donato. Credo davvero che quanto più s’allarga la nostra conoscenza dei buoni libri tanto più si restringe la cerchia degli esseri umani la cui compagnia ci è gradita. Noi siamo come nani sulle spalle di giganti e la lettura di tutti i buoni libri è come una conversazione con gli uomini migliori dei secoli andati. Una cosa è necessaria: non leggete come fanno i bambini per divertirvi o, come gli ambiziosi, per istruirvi. No, leggete per vivere. Risponde qualcuno alla domanda sugli scrittori del momento: “Non so niente della letteratura di oggi, da tempo gli scrittori miei contemporanei sono i greci”. I libri non si scrivono sotto i riflettori e in allegre brigate, ciascun libro è un’immagine di solitudine, un oggetto concreto che si può prendere, riporre, aprire e chiudere e le sue parole rappresentano molti mesi, se non anni, della solitudine di un uomo, sicché a ogni parola che leggiamo in un libro potremmo dire che siamo di fronte a una particella di quella solitudine. Un libro è uno specchio. Se ci si guarda una scimmia, quella che compare non è evidentemente l’immagine di un apostolo».

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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