Barbujani, Canfora, Cardini, Hunter, la coppia Gueglio e…

… e il duo Acciarini-Sasso

6 recensioni di Valerio Calzolaio

 

Vincenzo Gueglio ed Emanuela Gueglio

«Giacomo l’immoralista»

Gammarò

384 pagine, 21 euro

Recanati. Ancora. Due filosofi, Emanuela e Vincenzo Gueglio (Sestri Levante, 1946) scelgono di farci riflettere sulla filosofia leopardiana. Sanno che molte autorevoli personalità (da De Sanctis, Carducci, Croce, Gentile in avanti) giudicano il pensiero di Leopardi frutto solo di nervi malati e che altri moltissimi lo hanno studiato finendo su interpretazioni opposte, colti comunque da un’ansia classificatoria che mal si accorda con una ricchissima speculazione frammentaria, mobile, aperta, incompiuta di un filologo intransigente cultore dell’acerbo vero. Nel titolo risuona un epiteto, “Giacomo l’immoralista”, proprio per prendere le distanze da vecchie definizioni (pessimista, nichilista, romantico e così via). Il volume fa parlare lo stesso Leopardi, i suoi giudizi su tanti filosofi e pensieri, concentrando l’attenzione sulle opere meno note o solo abbozzate. Emergono i temi inevitabili: il nulla e la ragione, bellezza e relativismo, passioni e virtù, illusioni e distrazioni.

 

Luciano Canfora

«Il copista come autore»

Sellerio 2019 (prima edizione 2002)

182 pagine, 12 euro

Scritture. Sempre. Il grandissimo storico e accademico Luciano Canfora (Bari, 1942) riflette da decenni sulla natura creativa del lavoro filologico, pure quello dei copisti e dei falsari, figure poliedriche e inquietanti. Viene ora riproposto e accresciuto un magnifico illuminante saggio che parte dall’impossibilità della risposta alla domanda su cosa sia l’«originale»: non abbiamo originali degli autori greci e latini, spesso non ne esiste uno stabile unico, erano opere di più persone, nascevano come provvisorie e modificabili, hanno subito adattamenti nella riproduzione, i copisti erano autori. Appunto: “Il copista come autore”. Da millenni le scelte connesse a diffusione e trasmissione delle parole (scrittura e stampa comprese) determinano il modo di composizione, la copia delle parole risulta appropriazione da parte di altre soggetti. Si fanno errori sempre concettuali, non tanto sviste, lapsus, refusi. Ottimi indici finali di argomenti, cognomi e nomi, luoghi, manoscritti.

 

Franco Cardini

«Lawrence d’Arabia. La vanità e la passione di un eroico perdente»

Sellerio

2019 (edizione accresciuta; la prima era del 2006)

264 pagine, 14 euro

Thomas Edward Lawrence (1888-1935) era nativo del Galles e presto divenne un archeologo e scrittore, un militare e agente segreto britannico, da tutti conosciuto con lo pseudonimo che è anche il titolo del prezioso volume del grande colto storico Franco Cardini (Firenze, 1940)Lawrence d’Arabia”. Cardini, studente universitario vocato per studi medievistici (e non solo) aveva visto nel 1963 il film di David Lean con Peter O’Toole e Omar Sharif e iniziò già allora una ricerca di notizie più precise sul colonnello protagonista di vicende rilevanti in contesti cruciali per la storia successiva: dalla decadenza ottomana ai conflitti fra le potenze europee. Ha poi curato libri e scritto saggi in argomento. Una versione ridotta del testo, priva di note e bibliografia, conseguenza solo di una ricca scaletta senza scrittura dettagliata, era uscita nel 2006 in seguito alle conversazioni radiofoniche in venti puntate che componevano un intero ciclo trasmesso dalla Rai.

 

Guido Barbujani

«Sillabario di genetica per principianti»

Bompiani

Viventi e replicanti. Da sempre. Portiamo con noi un messaggio dal passato, le istruzioni per l’uso. Ce le hanno inviate milioni di nostri antenati. Stanno nel DNA di ognuna delle nostre circa 37 mila miliardi di cellule (che siamo noi, complessi individui umani), moltiplicatesi in maniera ordinata dall’unica cellula uovo fecondata da cui proveniamo (grazie ai nostri genitori biologici). I geni sono i singoli tratti del DNA che hanno svolto e svolgono una certa funzione, circa 20 mila, ciascuno risponde anche al funzionamento degli altri geni e ai messaggi provenienti dal contesto esterno, tutti insieme compongono il nostro genoma individuale, oltre 6 miliardi di caratteri. Condividiamo con ogni altro dei 7,7 miliardi di donne e uomini sapiens viventi (e le decine di miliardi già vissuti), vicini e perlopiù lontani, conosciuti e perlopiù mai conosciuti, il 99,9% del nostro DNA. Quello 0,1, le varianti del DNA (gli alleli), è comunque quasi tutto cosmopolita, cioè rappresentato da alleli presenti, a frequenze diverse, in tutti i continenti. Poche varianti del DNA sono esclusivamente asiatiche (l’1%), pochissime solo europee (lo 0,1), un poco di più quelle solo africane (il 7), proprio perché dalla biodiversità di quel continente deriviamo tutti, da sempre, ovunque. Al momento, i due studiati genomi più diversi fra loro appartengono a due componenti del popolo San (i boscimani) che vivono a poche centinaia di chilometri di distanza fra loro (non a molte migliaia, come noi). Certo, a livello complessivo di popolazione il genoma del nostro vicino di casa è mediamente più simile a noi che a gente lontana, ma appunto solo mediamente e solo poco di più (il 12 per cento per l’esattezza). Sono pochi gli alleli presenti solo in una o poche popolazioni, tantissimi sono ovunque, tanti in più continenti o in più popolazioni dello stesso continente. Ne deriva che assomigliamo spesso anche a persone di paesi lontani in molti dei nostri caratteri, che quasi ogni carattere umano tende a essere meticcio. Altro che razze!

Il grande scienziato genetista Guido Barbujani (Adria, 1955) ha insegnato a New York e Londra, a Padova e Bologna, ora a Ferrara; da 45 anni studia e lavora pure sperimentalmente sul DNA; prova a spiegarlo a noi principianti con chiarezza e completezza. Proprio all’inizio ci suggerisce di partire con passione da Darwin, per i più stanchi o diffidenti almeno dall’indice e dai titoli dei primi sei capitoli de L’origine delle specie. La biologia moderna, di cui la genetica fa parte, non si limita al pensiero di Darwin, ma è ancora assolutamente darwiniana, evoluzionistica. Poi spiega: DNA, RNA e proteine, i geni in funzione, il genoma, le regole dell’eredità, il precario equilibrio che ci denota, geni e malattie, geni che non ci sono (criminalità, intelligenza, amore, origini), vecchi geni (che ci sono, e bisognerà tornarci sopra, sul DNA antico), i nuovi geni (un commiato esplicativo sui cosiddetti OGM, antichi e moderni). Quel tanto che si sa, quel che non si sa, quel che si potrebbe presto sapere. In fondo aggiunge un prezioso piccolo glossario, quasi 150 lemmi, le parole sottolineate nel corso della trattazione. Il capitolo centrale affronta la genetica delle popolazioni: qui di “precario” non ci sono le molteplici conoscenze, bensì gli equilibri fissi e costanti di un gruppo umano, forse ideali per qualcuno, e però impossibili nella realtà. Tutte le popolazioni sono evolute ed evolvono geneticamente e le ragioni sono sempre le stesse, quattro: mutazione, ovvero casuali alterazioni ereditarie nella sequenza del DNA, che si ereditano (significative solo attraverso lunghi periodi di tempo); deriva genetica, ovvero variazioni casuali nelle frequenze alleliche, specie in popolazioni di piccole dimensioni (con frequente conseguente omogeneizzazione e perdita di variabilità interna, anche in tempi non lunghi); selezione in genere lenta, ovvero non casuale diminuzione o crescita, eliminazione o trasformazione, di certe caratteristiche biologiche per adattarsi all’ambiente e trasferire l’adattamento alle generazioni successive (sopravvivono meglio i più adatti, non i migliori), una selezione che può essere sia biologica naturale che anche biologica sessuale; flusso genico, ovvero la migrazione altrove (qui la definizione è meno accurata) di gruppi e individui, genomi e geni, che ha continuamente ridotto (per gli umani) la variabilità genetica generale. Un libro esemplare, colto aggiornato pulito, e bello (narrativamente) da leggere.

 

Evan Hunter

«Le strade d’oro»

traduzione di Giuseppe Costigliola

Ruvo del Monte

522 pagine, 10 euro

Da italiano ad americano. Oltre un secolo fa. Primo consiglio, valido sempre ovunque: leggete qual che vi capita di Evan Hunter (1926-2005), vale la pena (una volta se volete vi racconto la storia del suo primo capolavoro, The Blackboard Jungle, 1954). Secondo, valido qualche settimana: fatevi inviare dalla Pro Loco di Ruvo del Monte in provincia di Potenza (contatti@prolocoruvo.net) il volume autobiografico che il Comune ha coraggiosamente realizzato nell’estate 2019, promuovendo la traduzione e l’edizione italiane. Si chiama “Le strade d’oro” (Streets of Gold, 1974), è dedicato al nonno italiano Giuseppantonio Coppola, narrato in prima persona in forma romanzata: il nipote cieco 48enne Dwight Ike Jameson (nome cambiato all’anagrafe nel 1955) racconta l’emigrazione di Pietro Bardoni dal paese di Fiormonte, a fine Ottocento in fuga dalla filossera che aveva colpito le vigne, per immigrare verso strade che potevano forse essere lastricate d’oro. Molto documentato il meraviglioso jazz!

 

Maria Chiara Acciarini e Alba Sasso

Più scuola, per tutte e tutti

Edizioni Gruppo Abele

124 pagine, 14 euro

Italia. Domani, forse, magari. La documentata riflessione di “</span%

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