Bestie umanizzate e costosissime

Torna «Varie ed eventuali» e tocca quota 12 con Clau-d’Io (o Claud’io – fate voi) il quale parte da Venezia per arrivare al «pianeta mangiato». Questo post è vivamente sconsigliato alle persone animagriste cioè animaliste integraliste

Sono arrivato al colmo della sopportazione in una recente visita a Venezia.

Dovevo andare alla chiesa dei Frari a rivedermi per l’ennesima volta «La madonna» del Bellini e non volendo fare le calli obbligate ma quelle secondarie – un poco le conosco e sono stupende – chiedo per tranquillità a un cortesissimo signore veneziano se sono nella direzione giusta, «non si preoccupi mi segua». Mi accompagna fino alla piazzetta della chiesa di San Rocco e della Scuola Grande di San Rocco che dà su retro della chiesa dei Frari.

Tranquilli ora arriviamo allo sbroccamento.

Nella magnifica piazzetta c’era un tipo con 4 cani. Il gentile sior de Venesia parte con una serie di contumelie e stravolto mi dice «ma lo sa che in Italia ci sono 15.000.000 di cani nelle case, è inconcepibile». Sfonda una porta aperta. Sono nato in campagna e i cani da guardia, da caccia o da tartufi stavano fuori casa, loro habitat naturale; servivano a uno scopo preciso… abbaiare ai ladri di galline, puntare una pernice o meglio ancora trovar tartufi. Al massimo, in inverno, stavano nella stalla. Solo il gatto aveva una possibilità di stare al caldo accanto al camino, doveva cacciare i topi e se non raggiungeva il target pattuito fuori anche lui. C’erano anche cani specializzati nello scoprire le nidiate di topi.

Rientrato alla mia magione mi metto di buzzo buono a ravanare nella rete per approfondire l’argomento con dati certi. Il problema – io lo considero un problemone – è più grave e complesso di quello che immaginavo. In inglese il verbo to pet ha significato di viziare, vezzeggiare, coccolare, accarezzare, carezzare, sbaciucchiare, sbaciucchiarsi, amoreggiare, pomiciare, limonare.

Il bisogno di pets, animali da compagnia, ha uno sviluppo esponenziale a partire dagli ultimi 50 anni. Viene creato un nuovo bisogno che a sua volta crea un mercato che è speculare a quello degli esseri umani.

Geniale? No, malefico.

Cibo, medicine, integratori, cliniche, vestiti, giochi, medici e anche psicologi e psichiatri per animali.

Non ci credete?

Bene, ecco gli ultimi dati: Quanti sono gli animali domestici che vivono in Italia? Siamo 60 milioni, all’incirca, e in media abbiamo un pets a testa: sono infatti circa 60 milioni i cani, i gatti, i pesci, i rettili, gli uccelli e i piccoli mammiferi che vivono con noi nelle nostre case. Gli animali da compagnia sono numerosi nelle famiglie con 2-3 componenti, ma crescono anche nelle case dei single. Nelle nostre case ci sono quasi 30 milioni di pesci e circa 13 milioni di uccellini: un primato in Europa. 7 milioni sono i cani, 7,5 milioni i gatti, mentre conigli, furetti e roditori sono circa 1,8 milioni. I rettili (tartarughe, serpenti, iguane) sono circa 1,3 milioni. (NOTA 1)

Che invece di 15.000.000 di cani ce ne siano solo 7milioni non mi tranquillizza.

«Mamma, babbo, voglio un cane, mi farebbe tanta compagnia, ti giuro, gli darò da mangiare io, lo porterò fuori e curerò». Quante volte si sono sentiti questi discorsi. Poi i cuccioli (animali) crescono, perdono l’aspetto pet e torme di genitori vagano la mattina presto e la sera tardi per l’ora d’aria di queste bestie; come i carcerati ma non hanno commesso nessun reato. Ad alcuni cani mettono la divisa da carcerato, il terribile cappottino.

Avrete fatto caso all’aumento incredibile di pubblicità su prodotti e servizi per gli animali domestici. Alcune, a mio parere, sono al limite del lecito.

A quanto pare l’industria europea dell’attenzione e cura per gli animali domestici in Europa e in Italia non conosce crisi.

E’ evidente che mentre la gente si lamenta per la diminuzione del potere di acquisto, della crisi e persino dei soldi “sprecati” per assistere profughi e migranti, nessuno rinuncia ad acquistare più cibo e a curare di più i suoi animali domestici, diventati presenza quotidiana succedanea della natura – e spesso di affetto –, dalla quale ci stiamo allontanando senza nemmeno saperlo.

E’ la fine del rapporto utilitaristico con l’animale domestico e di allevamento – come dimostrano le ricorrenti campagne contro il consumo di agnelli a Pasqua – e l’emergere di un costume, che prima era di élite ed è ormai di massa, quello di considerare gli animali come individui della nostra famiglia, quindi umanizzandoli.

E’ durissimo dirlo, ma la morte della ragazza e delle due bambine rom nel rogo appiccato al loro camper ieri a Roma ha suscitato meno indignazione su Facebook della foto di un cane o di un gatto seviziato. Così, mentre aumenta la poverofobia aumenta la presenza nelle nostre case di animali per i quali non badiamo a spese e la cui vita non è proprio il massimo della libertà e della naturalità …

Ma è anche vero che un animale domestico, appena esce dal riparo dell’affetto familiare, per disgrazia o “noia”, ridiventa “cosa” da abbandonare lungo un’autostrada o da perseguitare perché dà fastidio.

In Italia … … solo per comprare il cibo per cani e gatti spendiamo quasi 2 miliardi di euro, con il reparto animali che si espande negli scaffali dei supermercati mentre si contraggono le famiglie e aumenta la solitudine.

Ma non sono solo le scatolette e le bustine di cibo – prodotte con gli scarti di quelle macellazioni e di quegli allevamenti che molti padroni di cani e gatti aborriscono – a farci spendere queste enormi cifre per i nostri ormai indispensabili amici/figli: gli italiani spendono 72 milioni di euro per comprare prodotti per l’igiene, cucce, giochi e accessori (che umanizzano ancora di più i nostri pelosi cocchi di “mamma” e di “zia”) e 67,4 milioni in lettiere che hanno un impatto anche sulla dimensione dei rifiuti da gestire e che “certificano” la vita quasi completamente domestica di moti animali da compagnia.

L’Italia dei politici “pet friendly” che vogliono aprire le porte di esercizi pubblici e hotel agli animali da compagnia e inserire i loro diritti in Costituzione, troppo spesso – fortunatamente non sempre – è anche quella che volta lo sguardo dall’altra parte di fronte a un essere umano diverso o escluso. (NOTA 2)

Anche nelle farmacie ora ci sono reparti specifici per alimenti, integratori ecc per i pets.

Conosco proprietari che sono disposti a spendere per la TAC del loro animale anche 1.500 euro.

Fra l’altro alcuni animali sono sottoposti ad accanimento terapeutico e non possono scegliere di morire.

L’umanizzazione a cui sono sottoposti arriva fino all’assurdo che vegetariani e vegani impongono la loro dieta anche a un animale che nasce carnivoro.

Qualunque sia il “cucciolo” di casa, l’atteggiamento dei proprietari non cambia: per crescerli e nutrirli nel modo giusto gli italiani non esitano a spendere di più, anche in tempo di crisi. Quanto? Dall’indagine Eurispes emerge che per dare da mangiare, tenere pulito e curare l’aspetto del proprio animale la maggioranza dei proprietari (38,6%) resta sotto i 50 euro mensili, e più del 35% contiene le spese sotto i 30 euro al mese.
Ma anche l’associazione dei consumatori Adoc ha fatto i conti per i soli cane e gatto, e ha calcolato che, in totale, per un cane di taglia media si spendono in media circa 1.800 euro l’anno, per un felino quasi 800 euro. E’ il 70% in più rispetto a 10 anni fa.
L’Adoc ha calcolato i costi per croccantini, scatolette e visite mediche. E ha stimato per un gatto una spesa media mensile di 22,50 euro in croccantini e di 25 euro in scatolette di cibo: in un anno, sommando le spese per visite standard dal veterinario, e sabbia per lettiere, si arriva a 780 euro. Mantenere un cane di media taglia è invece un impegno più oneroso. L’associazione stima in 78 euro al mese la spesa dei croccantini e in 61 euro mensili quella per le scatolette: aggiungendo toletta e spese mediche si arriva a poco meno di 1800 euro l’anno.
Non solo. Secondo l’indagine circa il 7% dei prodotti alimentari acquistati non viene usato perché scaduto o perché non gradito. Insomma: gli umani  tendono sempre di più ad assecondare i gusti e le preferenze di micio e fido, curandoli e viziandoli come dei bambini.
La tendenza trova piena conferma nell’ultimo Rapporto Assalco-Zoomark 2015 sull’Alimentazione e la Cura degli Animali da Compagnia. Secondo i dati divulgati dall’associazione dei produttori non solo il mercato ‘pet’ è segna un incremento costante, ma a crescere è soprattutto il segmento dei prodotti premium, i più costosi, che oggi rappresentano il 20% delle vendite complessive. Parliamo di prodotti alimentari destinati a chi ha esigenze nutrizionali particolari, preparati con materie prime di alta qualità, o studiati per soddisfare i palati più esigenti. “I proprietari –si legge nel rapporto –  hanno acquisito la consapevolezza che una corretta alimentazione sia elemento fondamentale di tutela della salute e del benessere dell’animale, e seguono con particolare attenzione i consigli del veterinario che guida verso la scelta di alimenti correttamente bilanciati”. (NOTA 3)

Avete inteso bene? Fino a 1.800 euro all’anno per un cane. Prodotti di fascia “premium”. Lo scarto del 7% dei prodotti alimentari acquistati.

Vi viene a mente qualcosa?

In un mondo che ha un eccesso di produzione proteica e di consumi, sono più a morire per l’abuso di alimenti che per fame. Enormi quantità di prodotti vengono gettati via, dalla produzione alla distribuzione. Il cambio climatico creerà a breve una carenza di acqua e porterà a guerre. E tanto altro.

Non sono pessimista per natura: è possibile e in tempi relativamente brevi invertire il processo di suicidio collettivo. Vi do un’anticipazione. Presto codesta “bottega” ospiterà una recensione (o due? O tre?) di un libro che vi stupirà: «Il pianeta mangiato – la guerra dell’agricoltura contro la terra» di Mauro Balboni.

Torniamo alle bestie, cioè a noi. Cosa si sono inventati alcuni umani? Un nuovo mercato per produrre nuove proteine in un’agricoltura che ormai è al collasso.

Non sono contrario ai pets ma, come sempre, il troppo storpia o – se preferite – la gallina ingorda visse tre giorni e poi morì (in romagnolo rende meglio).

Mi rimane il dubbio: se gli animali “domestici” potessero scegliere meglio una vita naturale o una esistenza da prigionieri dorati.

Per me avrà sempre più valore il benessere di umani che di pets.

Vi prometto – è una minaccia – che proseguirò in questa indagine.

Non mi va bene che vengano “umanizzati” i mammiferi, ma ancora meno che gli uccelli, simbolo di libertà estrema, li tengano chiusi in gabbie che neanche a Guantanamo; idem per i pesci.

(1) http://www.petsblog.it/post/119188/in-italia-vivono-60-milioni-di-animali-domestici

(2) http://www.greenreport.it/news/consumi/le-spese-gli-animali-compagnia-crescono-italia-europa/

(3) http://www.repubblica.it/economia/rapporti/osserva-italia/conad/2016/04/20/news/una_nazione_di_animale_domestici_in_italia_sono_60milioni-138014054/

Redazione
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