Bilel Ben Masoud era felice cara Italia…

Non è andato tutto bene a Bilel Ben Masoud: questa è una storia dimenticata, non è riuscita a galleggiare e lui, Bilel Bern Masoud è sparito in mare, sembra (sembrano tante cose) che sia morto annegato dopo essersi gettato dalla Moby Zaza, la nave “quarantena” in rada al largo di Porto Empedocle.

di Doriana Goracci (*)

 

 

La foto, la sua età, 22 anni, la sua breve storia sono stati affidati alla cura di Pamela Giacomarro dai genitori tunisini per la documentazione. E’ notizia di ieri, 3 giugno 2020. Cerco di aiutarla nel mio piccolo a far emergere quanto segue. Un giorno forse racconterò perché conosco, sia pure tramite FB, la giornalista Pamela Giacomarro, che scrive cronache mediterranee, con molto amore e precisione. Grazie confido nel far conoscere e ricordare anche da voi Bilel Ben Masoud. E chissa se Cara Italia, cantata da Ghali , lui la conoscesse…

Occhi grandi ed un sorriso che nasconde la sofferenza di una vita fatta di stenti. Un sogno, raggiungere l’Europa, cambiare vita. Un sogno, spezzato in una notte di maggio, a pochi chilometri dalle coste della Sicilia. Bilel Ben Masoud, di 22 anni, tunisino, è morto annegato dopo essersi gettato dalla Moby Zaza, la nave “quarantena” in rada al largo di Porto Empedocle. Il suo corpo è stato ritrovato alla foce del fiume Naro. Bilel si è gettato forse nel tentativo di raggiungere la costa a nuoto. Il suo sogno, lo aveva accarezzato, anche se per poco. Era giunto a Lampedusa con altri 13 giovani connazionali. Uno dei tanti sbarchi autonomi. Poi la notte trascorsa all’hotspot, il trasferimento a Porto Empedocle, per tornare ancora una volta in mare, sulla Moby Zaza, dove avrebbe dovuto trascorrere il periodo di quarantena imposto dall’emergenza covid19. All’improvviso la tragedia. Quel viaggio lo aveva sognato tante volte. Lo racconta la zia, con la voce rotta dal pianto. “La sua è stata una vita sfortunata – ci dice – la mamma è morta quando lui aveva appena tre anni. Una famiglia numerosa, tre sorelle ed un altro fratello. Lui è stato sballottato da una casa all’altra. Abbandonato anche dal padre”. Ad occuparsi di lui un amico di famiglia Elaidi Kassebi che ancora non riesce a dare una spiegazione a quanto accaduto. “Non si sarebbe mai buttato per togliersi la vita – afferma – era un ragazzo normale, voleva solo fare fortuna altrove per aiutare la famiglia e soprattutto una delle sorelle, affetta da una grave disabilità. L’ho sentito quando è arrivato in Italia – prosegue – ha chiamato me e la zia. Era felice. Finalmente era riuscito a raggiungere l’Europa. La vita non è stata buona con lui. Quella è l’ultima volta che l’ho sentito. Abbiamo appreso della sua morte dai suoi compagni presenti sulla nave”. Pieno di vita, gran lavoratore, così lo descrivono i familiari. Lavoro spesso negato in Tunisia. Nel Paese il tasso di disoccupazione è altissimo. I giovani passano la maggior parte delle loro giornate al caffè. I più fortunati, quelli che riescono a trovare un’occupazione, guadagnano in media 200-300 dinari al mese, ovvero 100-150 euro, pochi se sei costretto a crescere in fretta e portare sulle spalle il peso della famiglia. “Non riesco a darmi pace – continua a ripetere Kassebi – era su quella nave. Nessuno li controllava? Nessuno si è accorto che si è gettato in mare?”. Risposte che forse potrebbero arrivare dall’inchiesta aperta dalla Procura di Agrigento per istigazione al suicidio. “Un atto dovuto” aveva specificato qualche giorno fa il procuratore Luigi Patronaggio. Tra i primi ad occuparsi del caso, l’associazione “Terre Pour Tous”, guidata da Imed Soltani che da anni si occupa di migranti, in particolare il fascicolo legato ai cosiddetti “desapparecidos tunisini”. “Queste tragedie potrebbero essere evitate -dice Imed Soltani – basterebbe fare dei trattati veri, seri tra Paesi, che non riguardino solo i respingimenti. Noi non riusciamo a capire perché gli europei sono liberi di venire a costruire le loro fabbriche nel nostro Paese, per i loro scopi personali. Per non pagare le tasse, per sfruttare la manodopera locale, pagata una miseria, ma se un nostro giovane vuole raggiungere l’Europa, vuole cercare lavoro fuori dalla Tunisia non lo può fare. E’ un’ingiustizia. E noi lotteremo sempre per i diritti di tutti, non solo dei tunisini”. “Terre Pour Tous” ha aiutato i familiari del giovane Bilel Ben Masoud a contattare il consolato. “Quello che vogliono – conclude Imed Soltani – è sapere con certezza cosa è successo a bordo della Moby Zaza e riavere indietro il corpo del giovane per dargli una degna sepoltura nella sua terra”.

(Si ringrazia Hajer Aissi per la collaborazione)

Pamela Giacomarro

Foto: JeanGilbetCasanis

(*) Fonte: Agorà Vox

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