Bologna, ancora sul «suicidio» di Cheikou

di Vito Totire (*)

Quelli che parlano di suicidio prima dell’autopsia; quelli che vogliono telecamere efficienti per sorvegliare la proprietà privata ma in questura vanno bene anche guaste; quelli che invece si chiedono “perché il questore non si dimette?” 

Quanto successo a Bologna va oltre il Foucault di “sorvegliare e punire”: le istituzioni totali non sono neanche più in grado di sorvegliare.

Perché il questore di Bologna dopo la morte di Cheikou (**) non si è ancora dimesso e/o non è stato sospeso? Troppo impegnato con i suoi discutibili interlocutori libici il ministro degli Interni per occuparsene? Nessuno è responsabile visto che il «suicidio» – frettolosamente e quasi unanimemente dichiarato tale prima dell’autopsia – è un evento “naturale” e inevitabile?

Abbiamo sollevato alcune questioni in questi giorni; “silenzio stampa” totale sulle nostre argomentazioni; grande impegno invece ad assolvere Tizio o Caio.

Nonostante il detto silenzio tuttavia la questione che abbiamo sollevato è facile da comprendere: Basaglia, Antonuci e tutto il movimento antipsichiatrico, sorto negli anni sessanta del secolo scorso, hanno demolito i manicomi e quella prassi istituzionale che fu definita “custodialistica”. Sulla prassi custodialistica ha riflettuto saggiamente Foucault denunciandola come “cifra” deleteria delle istituzioni totali (si studia persino nelle università («Sorvegliare e punire» uno dei suoi testi più famosi). Significativamente i poliziotti penitenziari sono stati definiti “agenti di custodia” anche se il termine è forse passato in archivio grazie alla rivoluzione lessicale proposta (e sconosciuta quasi a tutti) da Santi Consolo, lungimirante direttore del DAP.

Abbiamo detto che il custodialismo è l’ultima spiaggia ed è l’emblema del manicomio; MA CHE SI ARRIVASSE PERSINO A NON ASSICURARE NEPPURE QUELLA ULTIMA SPIAGGIA E’ UNA ULTERIORE PROVA DELLA CAPACITA’ DELLE ISTITUZIONI TOTALI DI PEGGIORARE ULTERIORMENTE E SENZA LIMITI.

Ora l’attenzione dei media pare attirata dalla dèfaillance della video-sorveglianza; lo abbiamo già detto più volte: UN PIANO DI PREVENZIONE DEL SUICIDIO NECESSITA DI UN INTERVENTO SISTEMICO CHE TENGA CONTO DI UNA APPROFONDITA VALUTAZIONE DEL RISCHIO IN TUTTE LE SUE VARIABILI: SOCIALI, PSICOLOGICHE, FISICHE, ETNICHE E DI GENERE.

Temiamo che a Bologna non si sia neppure riflettuto abbastanza sull’omicidio-suicidio della dottoressa Vera Guidetti… tragedia che deve essere stata considerata “normale” visto che se c’è un prosieguo giudiziario questo non è connesso al luttuoso grave evento; né stiamo perorando oggi un tale prosieguo in sede penale o disciplinare ma già allora si sarebbe dovuto discutere della necessità e urgenza di un piano di prevenzione.

Abbiamo detto che se la speranza di vita e di salute di Cheikou Oumar Ly ha potuto contare su un piano di prevenzione questo è però evidentemente fallito. Ora che abbiamo conferma dell’inefficacia persino della videosorveglianza dobbiamo constatare che non c’è limite al peggio.

Se il questore di Bologna si dimettesse sarebbe un segnale di cambiamento.

Bologna, 29.9.2017

(*) Vito Totire, medico del lavoro/psichiatra, portavoce del circolo Chico Mendes e del Centro per l’alternativa alla medicina e alla psichiatria Francesco Lorusso

(**) cfr Bologna: un suicidio? e Bologna, morire in questura

LE IMMAGINI – scelte dalla redazione della “bottrega” – SONO DI TOPOR.

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