Bologna: d come Dozza e come disastro

Le osservazioni di Vito Totire (*) intorno al primo rapporto semestrale 2018 sul carcere bolognese

OSSERVAZIONI AL PRIMO RAPPORTO SEMESTRALE 2018 SUL CARCERE DI BOLOGNA.

           NIENTE DI NUOVO SUL FRONTE OCCIDENTALE (E. M. Remarque)

 

Permane – con il sostanziale avallo della Ausl (nota 1) – una condizione di illegalità, di costrittività e di rischio che si configura come “abuso di mezzi di correzione”. Addirittura: c’è una bambina “detenuta”!

Né è prevedibile che la situazione possa a breve migliorare anche a causa della “archiviazione” del nuovo regolamento penitenziario che faceva intravedere maggiori possibilità di decarcerizzazione.

Progetto alternativo: demolire il carcere della Dozza.

 

Richiesti i due rapporti (Dozza e minorile) il primo luglio 2018 ma il solo rapporto relativo alla Dozza è arrivato il 3 settembre.

Questa estate un sindacato e il Comune di Bologna avevano preso atto che alla Dozza d’estate fa troppo caldo. Tuttavia non è il primo anno cha fa caldo; sorge spontanea la domanda: perché da queste autorevoli fonti il problema non sia sftato posto prima. Se fosse perché è cambiato il governo? Mentre prima – con altri governi – la temperatura era accettabile; per il carcere di Sollicciano (Firenze) il valoroso cappellano si è fatto carico di una raccolta fondi ma per ragioni tecniche e burocratiche pare che i ventilatori saranno agibili…per questo inverno.

Dal 2004 sosteniamo che la Dozza deve essere demolita e/o comunque deve essere oggetto di una ristrutturazione secondo i parametri dell’edilizia ecologica: MAI NESSUN CENNO DI RISPOSTA DALLE ISTITUZIONI SALVO LA TARDIVA SCOPERTA DELLE ALTE TEMPERATURE ESTIVE.

 

Veniamo al rapporto.

Sono state censite 786 persone detenute (715 maschi e 71 femmine).

Erano 781 nel secondo semestre 2017, 766 nel primo semestre 2017; con un incremento quindi di 20 persone tra il primo semestre 2017 e il primo semestre 2018.

Permane dunque un grave indice di sovraffollamento. E’ un problema in genere nelle strutture recettive ma è un problema maggiore in strutture ricettive con una forte presenza (lo abbiamo visto in passato e lo vedremo più avanti) di persone portatrici di malattie infettive.

In questa popolazione la maggioranza è costituita da persone che vengono definite dal rapporto “stranieri”; la maggioranza si riscontra fra i maschi (394 su 715) ma anche tra le femmine (35 su 71).

Su questa contraddizione e sulle sue cause abbiamo già detto in passato. Salvo riproporre una grottesca interpretazione “lombrosiana” di questo dato, esso è il riscontro di una contraddizione sociale; i carcerati in tutte le latitudini e in tutti i Paesi del mondo sono tendenzialmente i più poveri.

Sulla semplicistica “soluzione” a volte ventilata – in particolare, da alcuni sindacati di polizia penitenziari – di “espellere i delinquenti” c’è da dire questo: gli “entusiasmi” iniziali sono ormai tramontati. I Paesi verso i quali questi detenuti sarebbero espulsi hanno carceri peggiori di quelle italiane e spesso si tratta di veri e propri lager, teatri di rivolte e stragi. L’argomento pare “chiuso”; dobbiamo gestire la “devianza” qui con tutte le misure possibili di prevenzione e di riabilitazione.

Dunque sovraffollamento e contraddizione etnica rimangono; anche se il sovraffollamento ha conosciuto alla Dozza momenti più drammatici (in passato oltre 1000 persone).

In questo rapporto semestrale risulta la presenza di una bambina figlia di una donna detenuta. E la legge sugli ICAM (nota 2) del 2015?

La Ausl pare non commentare ma il fatto è grave visto che le leggi italiane escludono la carcerazione dei minori prevedendo misure alternative per le madri. Le promesse di adeguamento su questo grave problema sono state, in un recente passato, numerose: i fatti contraddicono dichiarazioni di intenti e riteniamo che questa assurdità debba cessare immediatamente.

 

Il rapporto della Ausl si dipana secondo lo schema solito: una sorta di questionario a domande fisse da cui si desumono le solite informazioni e le solite rimozioni.

Vediamo le questioni di rilievo.

  • Gli unici comparti non sovraffollati sono le sezioni di sicurezza e media sicurezza! Se non sei considerato particolarmente pericoloso, stai pure in sovraffollamento
  • Nella sezione femminile compare una “articolazione salute mentale” con capienza regolamentare per 5 persone e con tre sole occupanti. Occorrerebbe conoscere meglio la posizione giuridica delle occupanti ma ci pare che la presenza di una condizione di disagio psichiatrico possa mettere in moto percorsi extracarcerari. Ovvio chiedersi per quale motivo non sia concessa la sospensione della pena per motivi di salute o, al limite l’accoglienza in comunità terapeutiche , “liberando” spazi per ridurre il sovraffollamento nella sezione femminile di reclusione dove vi sono 36 donne detenute a fronte di una capienza regolamentare per 19.
  • Sezione femminile: prendiamo atto che c’è una bambina detenuta! Ciò è illegale ai sensi della legge del 2015 che istituisce gli ICAM e definisce le misure di sicurezza per donne con bambini piccoli. Queste strutture devono essere funzionali, funzionanti e territorialmente ben distribuite; non ha senso infatti prevedere una certa recettività a centinaia o più di mille kilometri dall’area di residenza dei familiari della donna detenuta (con prole).
  • I requisiti strutturali delle celle sono i soliti : lo spazio disponibile di tre metri per persona parrebbe esserci ma “al pelo” se consideriamo che occorre sottrarre lo spazio per letti, tavolo, armadietto, sedie ecc). Probabilmente “ci stiamo dentro” solo grazie al fatto che il secondo letto è a castell. Abbiamo già detto però che il problema non è rientrare “al pelo” nei tre metri; anche con qualche centimetro in più non si esce da una condizione di grande costrittività.
  • I bagni sono privi di antibagno e contano sull’estrazione d’aria forzata; una situazione negativa considerato il sovraffollamento, la particolare prevalenza di patologie infettive e la consuetudine di lavare e conservare le posate in bagno, conseguenza dell’assenza di refettori comuni.
  • Fra le specialità mediche erogate nella struttura viene menzionata la pediatria! Certo è doveroso che il pediatra sia attivabile su chiamata ma – ribadiamo – per legge i bambini non possono essere detenuti.
  • Reparto infermeria: secondo il rapporto della Ausl «trattasi di ambulatorio e normali camere di pernottamento e non luogo di degenza come si intende il termine in ambito militare (!?). Attualmente viene utilizzato anche come locale di custodia» (non si tratta dunque di un vero reparto di infermeria).
  • Tuttavia: «esistono celle di isolamento per soggetti affetti da malattie infettive e diffusive» per la verità ci pare tutto da verificare che le celle di isolamento rispondano ai requisiti igienico-ambientali minimi richiesti, considerato che – come sappiamo e vedremo – può accadere che nel carcere vi siano persone malate di tbc bacillifera o di altre patologie che richiedono accorgimenti particolari rispetto alle modalità di estrazione e ricambio dell’aria.
  • I soggetti tossicodipendenti sono 225; sieropositivi per HIV 8/2; HCV positivi 68/8; HBV positivi 17/0. Questi dati riflettono il fallimento della strategia repressiva sulle sostanze stupefacenti; è ovvio che i rati commessi sono prevalentemente connessi al bisogno di procurarsi sostanze e che una politica diversa avrebbe significato 225 perone detenute in meno alla Dozza. Non risulta che la pena detentiva per queste persone, che necessitano di percorsi di reinserimento socio-lavorativo, abbia molto senso.
  • Ci sono due detenuti portatori di handicap motori; nessuna considerazione nel rapporto sulla situazione delle barriere architettoniche interne al carcere: dobbiamo ritenere che non ci siano rilievi da fare?
  • Circa lo staff di operatori disponibili, spicca la voce “educatori professionali”: zero ore ! Proprio nel carcere, cioè nel luogo in cui i percorsi di reinserimento sono fondamentali, come dimostrano tutte le osservazioni sia in Italia che in Europa, nella prevenzione della recidiva.
  • Gli psicologi sono in tre e dedicano 60 ore settimanali probabilmente non sono ancora entrati al lavoro altri psicologi assunti con un recente bando nazionale.
  • Malattie trasmissibili: questo paragrafo è dedicato alla Tbc (non si comprende perché sia separato dalle altre malattie potenzialmente trasmissibili). Il quadro è comunque problematico: a) 4 persone in trattamento già all’ingresso in carcere; tre uomini e una donna; b) 2 persone messe in trattamento dall’infettivologo del carcere; c) 3 ITBL, sigla alquanto ermetica che indica persone che hanno avuto contatto con il bacillo tubercolare e che risultano immunizzate.
  • Attività lavorative dei detenuti: QUI RISCONTRIAMO LE SOLITE LACUNE DELLA “FOTOGRAFIA” FATTA DALLA AUSL. Il questionario da anni,ripete la stessa formula, come se si usasse sempre la stessa fotocopia: «vengono praticate le lavorazioni su profilati metallici, rilegatura, libri e stampa tipografica». Alcune osservazioni da parte nostra: a) ci sono stati spesso eventi di formazione professionale , ben pubblicizzati a mezzo stampa; occorrerebbe che venissero citati, di volta i volta anche questi pure nel caso che non abbiano dato luogo ad attività stabili; b) di alcune attività stabili, anch’esse ben pubblicizzate, nel rapporto semestrale non c’è notizia (per esempio la produzione di mozzarella); c) non vengono menzionate le attività interne di pulizia e distribuzione del vitto; queste sono state oggetto di una condivisibile “riforma linguistica” dal direttore del DAP Santi Consolo: non si comprende per quale motivo queste attività non vengano menzionate mentre invece devono essere prese in considerazione anche perché il gruppo di persone che le effettua si configura come gruppo omogeneo che ha diritto anche a nominare un suo rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Ma questo tema, più volte sollevato da noi, pare essere un tabù. In definitiva: la questione “lavoro” deve avere maggiore spazio nel rapporto: OCCORRE DESCRIVERE TUTTE LE ATTIVITA’ PER CONSENTIRICI DI COMPRENDERE: 1) IL TOTALE DELLE ORE LAVORATE; 2) LA PERCENTUALE DEI TASSI DI OCCUPAZIONE-DISOCCUPAZIONE ALL’INTERNO DEL PENITENZIARIO.
  • Altro tabù, le salette per fumatori (che non esistono). Più volte abbiamo sollevato la questione anche con esposti a chi potrebbe intervenire; mai ricevuto riscontro. Eppure la situazione del tabagismo all’interno del carcere è estremamente grave; una indagine trasversale coordinata dalla Regione Toscana ha evidenziato che il 73% delle persone detenute fuma. Non abbiamo dati riguardanti gli agenti e i lavoratori in genere ma le percentuali potrebbero essere superiori a quelle della popolazione lavorativa in generale (lanciamo su questo una proposta ai sindacati per approfondire). Rimane un dato: nel carcere le politiche di prevenzione del fumo sono a zero come il rispetto della legge 3/2003 (protezione nei confronti del fumo passivo).
  • Apprendiamo della ristrutturazione di alcuni locali con destinazione polivalente: è possibile che questi interventi preludano a progetti positivi (ancorchè non conosciuti) ma è da ritenersi insufficiente qualunque intervento non inserito in un progetto complessivo di ristrutturazione di un complesso edilizio che, a nostro avviso, “deve essere rivoltato come un calzino”.

OSSERVAZIONI E PROPOSTE DI INTERVENTO DELLA AUSL

Rilievi e proposte della Ausl sono ovviamente pertinenti e “ragionevoli” ma continuano a rimuovere alcune questioni fondamentali che in altri contesti (cioè per altre strutture recettive) ne decreterebbero la chiusura immediata con riapertura solo dopo messa a norma.

I rilievi sono:

  • «La struttura nel complesso si presente in condizioni igieniche sufficienti tuttavia…». Qui c’è il nostro aperto dissenso: la struttura deve essere dichiarata inagibile dal punto di vista dell’igiene edilizia. Soprattutto per sovraffollamento e per commistione dei percorsi igiene personale/consumo pasti.
  • La Ausl con quel “tuttavia” ritiene di poter tenere due piedi in una scarpa.
  • Il problema del sovraffollamento viene citato: 786 persone contro una recettività che oggi la Ausl dichiara essere di 500 persone ma che nel secondo rapporto semestrale 2017 era dichiarato essere di 487, 439 per i maschi e 48 per le femmine.
  • «Permane quindi il disagio dei detenuti causato dal sovraffollamento, la maggior parte delle celle previste per un occupante vengono utilizzate da due ospiti con problemi evidenti di vivibilità e di natura igienico sanitaria dovuti all’utilizzo del bagno in cella come deposito degli alimenti utilizzati per il sopravvitto».

 

Questo per quanto attiene al quadro generale. Nello specifico emergono altri problemi.

Per la precisione: non sono stati realizzati gli interventi manutentivi già segnalati nel precedente verbale redatto a seguito di sopralluogo del dicembre 2017:

  • Non risultano ancora installate le protezioni contro i contatti diretti dalle lampadine di illuminazione collocate nel servizio igienico di tutte le “camere di pernottamento” (sarebbe un temine eufemistico per indicare le celle).
  • Nei blocchi docce comuni non ancora interessati dagli interventi di ristrutturazione la situazione permane precaria con presenza di muffe…
  • Non sono ancora iniziate le opere di ristrutturazione della cucina dei detenuti maschi. «Si sono resi necessari ulteriori interventi sostanziali all’impianto idrico sanitario ed elettrico». Qui non risulta chiaro se esistano (e quali) rischi concreti: si comprende che si sta parlando di lavori di ristrutturazione necessari e già procrastinati ma non si intravede, anche in questo caso, nessuna prescrizione con vincoli temporali.
  • È programmata l’attuazione di ulteriori interventi di manutenzione generale degli impianti elettrici per il braccio A.
  • Al piano terreno della sezione penale sono stati adeguati sia strutturalmente che impiantisticamente alcuni vani destinati a salette polivalenti non ancora utilizzati: progetto non chiaro, potrebbe preludere a progetti di miglioramento della socialità ma non ci pare che abbia senso fare interventi che prescindono da una progetto generale di ristrutturazione.
  • Deve essere migliorato lo stato della pavimentazione in gran parte dei corridoi di distribuzione al pian terreno della sezione penale.
  • La situazione nelle aree di svago è nettamente migliorata in quanto i detenuti sono impossibilitati, a causa delle doppie grate alle finestre, a gettare i rifiuti negli spazi sottostanti. Torneremo su questo particolare nelle proposte conclusive.
  • Il problema delle blatte non appare risolto per cui si raccomanda di intensificare gli interventi di disinfestazione.
  • Ovviamente qualcosa” è stato fatto (dall’ultima visita del dicembre 2017 . Per esempio: sono stati eseguiti gli sfalci su quasi tutte le aree erbose.
  • PER FINIRE il carcere deve adempiere ad ulteriori obblighi:
  • Effettuare la notifica ai fini della registrazione delle cucine (articolo 6 Reg CE n. 852/2004)
  • Assicurare la formazione degli operatori addetti alle preparazioni in cucina ai sensi della legge della Regione Emilia-Romagna n.1-2003
  • Provvedere agli interventi di bonifica ambientale in programma e già richiesti da tempo
  • Completare la dotazione di attrezzature/dotazioni necessarie alla produzione in sicurezza (compresi grembiuli, scaldavivande, tegami ecc)
  • Predisporre un piano di autocontrollo aggiornato che tenga conto delle cautele indispensabili per le preparazioni con particolare attenzione per quelle a potenziale rischio di malattia trasmesse da alimenti e allergie/intolleranze alimentari degli ospiti

 

Come si può vedere un programma molto dettagliato e corposo che dovrebbe precedere l’avvio delle attività e per il quale invece non è indicato un crono programma temporalmente vincolante.

Vuol dire che oggi – per fare un esempio – la sicurezza alimentare in materia di allergie-intolleranze non è garantita?

 

NOSTRE PROPOSTE (che ripetiamo sostanzialmente dal 2004)

Le questioni su cui lavorare sono:

  1. Allargare l’osservazione della Ausl a tutti i luoghi in cui permangono persone private della libertà personale (Rems, luoghi di esecuzione dei Tso, celle della questura e altro). E’ un tema che di recente è stato sollevato anche dal Garante nazionale sulle carceri e che noi richiamiamo dal 2004 (ai tempi in cui esistevano Cie/Cpt). Sui Cie le istituzioni evitarono di rispondere come oggi evitano di rispondere persino sulle Rems: un atteggiamento che disconosce la ratio della legge di riforma carceraria del 1975 e disconosce anche il principio costituzionale dell’uguaglianza dei cittadini. Per cui ogni semestre la Ausl di Bologna (per essere precisi: come tutte la altre Ausl italiane) evita di includere la Rems presente nel suo territorio fra i siti da visitare-ispezionare. Vorremmo sapere se il filo spinato collocato lungo la rete di cinta della Rems di Bologna sia, secondo gli ispettori della Ausl, un arredo utile e accettabile.
  2. Riconoscere alla Ausl poteri e prassi effettivamente ispettive.
  3. Il sindaco “si ricordi” del suo ruolo di autorità sanitaria locale e intervenga con un’ordinanza contingibile e urgente (ne emanò una il sindaco Cofferati, sia pur con effetti minimi) per garantire i requisiti minimi di igiene edilizia e di funzionalità. Apprendiamo dalla stampa che invece l’attuale sindaco della città vorrebbe impegnare 30 milioni di euro nella ristrutturazione dello stadio di calcio…
  4. L’orrida struttura edilizia di via del Gomito deve essere demolita o radicalmente ristrutturata secondo criteri di bioedilizia. La demolizione-ristrutturazione deve prevedere: realizzazione di refettori di raggio (la questione dei refettori è uno dei requisiti minimi previsti dalla dichiarazione dell’ONU del 1965 sui diritti delle persone detenute. Come ricorda una – poi “rimossa” – circolare della Regione E-R del 1995). La dotazione di «fornelli autoalimentati» apparentemente potrebbe essere interpretato come una forma di fiducia tra organizzazione e persone detenute. Temiamo invece che sia una scelta obtorto collo (rischiosa) per tamponare il disagio derivante dall’assenza di regolari refettori. Dunque: separazione netta fra servizi igienici e consumo dei pasti. Le celle devono essere effettivamente singole, eventualmente si possono ricavare celle doppie abbattendo il muro fra due singole per favorire la socialità fra le persone. Efficientamento energetico e garanzie di vivibilità termica in estate e in inverno. Salette per fumatori. Allargamento delle aree verdi. Abbattimento delle doppie grate alle finestre. Realizzazione di maggiori spazi per la socialità. Sale (plurale) di culto.
  5. Le persone detenute devono essere informate sulla qualità dell’acqua potabile che viene loro erogata. Per esempio risultano avvenute, molto prossime a via del Gomito, rotture delle tubazioni in cemento-amianto. Cosa bevono le persone detenute e i lavoratori del carcere? Se la questione, in verità, riguarda tutta la città non vi è dubbio che le condizioni di particolare indigenza delle persone detenute porta a non avere molta possibilità di spendere per le acque oligominerali…
  6. È evidente che questo progetto rende necessaria una politica nazionale di decarcerizzazione: al di là delle sane utopie (che comunque dobbiamo continuare a coltivare) si vedano le esperienze di alcuni Paesi nordeuropei (in particolare l’Olanda) che in breve tempo hanno adottato politiche di decarcerizzazione con una deflessione drastica della popolazione detenuta. In Olanda questa politica è stata coerentemente gestita e quindi con continuità da governi di centro-destra e di centro-sinistra.
  7. La gestione carceraria non deve essere punitivo-vessatoria; ampi studi di prossemica e di psicologia sociale, oltre che la viva testimonianza di detenuti ed ergastolani, dimostrano che il sovraffollamento aumenta l’aggressività e i maltrattamenti facilitano ostilità e recidiva. Un alto tasso di carcerazione è indice di scarsa coesione sociale e si riverbera negativamente non solo sulle persone detenute ma su tutta la società (Michael Marmot, «La salute diseguale»);
  8. Consideriamo la scelta di “ architettura manicomiale” delle doppie grate alle finestre un provvedimento assurdo che va assolutamente rimosso. Esso penalizza gli ospiti in quanto a luminosità ed è punitivo per tutti gli occupanti attuali e futuri per comportamenti (cioè gettare i rifiuti) adottati da altri in passato e che potevano e dovevano essere prevenuti altrimenti. Per esempio incrementando l’attività e il numero dei lavoranti interni con la raccolta porta a porta di rifiuti. Si tratterebbe di una misura intelligente che modifica i comportamenti senza punizioni ed aumentando coesione e socialità.
  9. La sicurezza del lavoro – sia per quel che riguarda le persone detenute che per quel che riguarda gli agenti e gli impiegati – deve essere affidata ai servizi di vigilanza della Ausl con pieni poteri e con conseguente abrogazione del cosiddetto VISAG (un organismo ministeriale di autocontrollo provo di autonomia). Le condizioni di rischio, di disagio, di distress e di sovraccarico psicofisico degli agenti deve essere superata con azioni di controllo e di ispezione che possano prescrivere non solo modifiche della organizzazione del lavoro ma anche aumento del personale.
  10. Le situazioni di rischio (elettrico e biologico) devono essere bonificate immediatamente.

 

Queste proposte sono rivolte a tutti e in particolare alla comunità penitenziaria (detenuti e detenenti, per usare un’espressione di Marco Pannella) che possa finalmente aver la possibilità di contrastare trattamenti disumani e degradanti ed ottenere, per gli agenti penitenziari, condizioni di effettivo rispetto dei diritti dei lavoratori.

Invitiamo la persone detenute e le persone interessate “esterne” (al carcere) a contattarci.

Facciamo fronte comune contro l’inciviltà e la “bella” indifferenza delle istituzioni.

(*) Vito Totire a nome del circolo “Chico” Mendes e del Centro Francesco Lorusso

LA FOTO
Immagine – dall’esterno -della clinica psichiatrica Ottonello di Bologna. A quando le ispezioni in tutte le strutture in cui sono trattenute persone contro la loro volontà ?

NOTE

  1. Per “avallo” intendiamo che la Ausl, benché non investita da chiari poteri ispettivi-prescrittivi, dovrebbe comunque dichiarare esplicitamente l’evidente inidoneità igienico-edilizia.
  2. Gli Icam – acronimo che sta per istituto a custodia attenuata per detenute madri – sono strutture detentive “più leggere”, istituite in via sperimentale nel 2006 per permettere alle detenute madri che non possono beneficiare di alternative alla detenzione di tenere con sé i figli.

 

 

Redazione
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