Bonisoli, De Luca, Gramsci, McBain, Pandiani, Robecchi e Seishi

7 recensioni (giallo-noir) di Valerio Calzolaio

Andrea De Luca

«La scienza, la morte, gli spiriti. Le origini del romanzo noir nell’Italia fra Otto e Novecento»

Marsilio

152 pagine, 16 euro

Italia. Seconda metà del XIX° secolo. Poe viene tradotto per la prima volta in Italia nel 1857, una certa notorietà era stata già acquisita negli ambienti letterari americani, inglesi e francesi, a Parigi era stato tradotto da Baudelaire. La novità del racconto d’investigazione si aggiunge al successo del feuilleton francese e alla moda dei “misteri”. Da molti anni il ricercatore di origini abruzzesi oggi insegnante a Bruxelles Andrea De Luca studia il giallo italiano e pubblica ora un documentato studio sulla fascinazione spiritista per la morte in grandi autori europei e italiani nel sistema sociale, poliziesco ed editoriale dell’epoca. “La scienza, la morte, gli spiriti” contiene interessanti ritratti letterari dei pionieri del giallo italiano: l’indiscusso capostipite napoletano Francesco Mastriani; poi Matilde Serao, Edoardo Scarfoglio, Salvatore Di Giacomo; ancora Emilio De Marchi, Carolina Invernizio, Cletto Arrighi, Giulio Piccini; gli stessi Capuana e Pirandello.

 

Enrico Pandiani

«Les italiens»

Rizzoli (prima edizione 2009)

Parigi. L’estate di un decennio fa. Con dodici colpi attraverso i vetri della finestra un cecchino uccide quattro agenti (di cui una “tipa”) della squadra di origine italiana al comando del commissario Jean-Pierre Mordenti, decimata prima ancora di cominciare. I superstiti corrono fuori (siamo ancora al 36, Quai des Orfévres nell’Île de la Cité) e lo braccano sul Quai des Grands-Augustins, non è finita lì, altri sicari li cercano fra inseguimenti e doppi giochi, estrema destra e un’affascinante transessuale. Con un perfetto incipit iniziava “Les italiens”, prima bella avventura della fortunata serie ideata dal grafico, illustratore e sceneggiatore (infografico del quotidiano La Stampa) Enrico Pandiani (Torino, 1956), giunta recentemente al settimo episodio. In contemporanea sono stati riediti a inizio 2019 i primi tre 2009-2011 (allora Instar libri, ora Rizzoli). Narra in prima sempre tutto lui, Pierre, sedici capitoli hard-boiled tutti d’un fiato, arrembanti e divertenti.

 

Alessandro Robecchi

«I tempi nuovi»

Sellerio

434 pagine, 15 euro

Milano. Marzo 2019. Tre casi nella città che si rianima e galleggia sui soldi, almeno: viene trovato al volante dell’auto il cadavere dell’irreprensibile brillante studente 23enne Filippo Maria Gelsi, jeans calati fino alle ginocchia, mani legate al volante, colpo mortale alla tempia, una strana esecuzione; il 55enne sovrintendente Tarcisio Ghezzi fa confessare alla moglie la segreta indagine che sta conducendo per aiutare la nipotina 14enne della maestra Morganti, terrorizzata da un bullo per alcune foto impudiche, lei in prima liceo, lui in quarta, ricco e figlio di potenti; la magnifica 36enne Gloria Grechi anticipa subito 5 mila euro agli investigatori privati Falcone e Cirrielli della Sistemi Integrati per rintracciare l’amatissimo marito, il 43enne magnifico ricercatore sociologo Alberto Sentieri, inverosibilmente scomparso mentre progettavano il colpo del secolo a danno di furbi criminali. Carlo Monterossi c’entra, c’entra sempre, a lui piace guardare da (troppo) vicino le esistenze degli altri. Quasi subito si capisce che l’omicidio è legato al colpo, Carella e Ghezzi sono i poliziotti sul pezzo, Carlo è amico di Falcone e accetta di ospitare la cliente complice. Pur non volendone più sapere delle storie del cazzo con i morti e i feriti, amando alzarsi a metà mattinata e iniziando ad appassionarsi della “sua” produttrice, la fragrante e acuta Bianca Ballesi, Carlo non riuscirà proprio a stare un attimo tranquillo per molte settimane. D’altra parte, viene pure convocato ai piani alti della Grande Fabbrica della Merda per adattare il programma televisivo del mercoledì Crazy Love ai tempi nuovi, ci vorrebbe proprio che qualcuno costruisse a tavolino più fiducia nella giustizia e nella verità. Ma tutto ha un limite, anche gli agguati.

Il giornalista e autore televisivo Alessandro Robecchi (Milano, 1960) continua la serie metropolitana d’alta qualità, ottimi romanzi con impasti culturali e sociali sempre migliori, densi e appassionanti, emotivamente tesi e ben stesi. La narrazione è in terza varia al presente, perché Monterossi è lo spunto per un protagonista investigativo plurale, le notevoli efficienti coppie Carella-Ghezzi, Rosa-Tarcisio, Falcone-Cirrielli, Gloria-Alberto, con Carlo quasi sempre di mezzo; e poi interessa un poco anche il terremotato equilibrio fra l’uomo grosso elegante e il suo presunto capo criminale, due veri cattivi. Questa volta andiamo un poco più a fondo nel conoscere l’affiatamento familiare a casa Ghezzi e, soprattutto, la svolta esistenziale di Agatina Cirrielli in Smart, giovane esperta responsabile del commissariato Greco-Turro. Si dimette, non gli piacciono le accentuazioni del nuovo corso d’incattivimento diffuso, polizia troppo forte coi poveracci, troppo guanti bianchi con ricchi e potenti, ancora più complicato per una donna. Tarcisio la presenta all’amico di Carlo, l’oscuro Oscar Falcone in Passat, tipo poeta russo poco più che trentenne, abile misterioso investigatore irregolare, che gira senza pistola e mantiene un’immensa ragnatela di contatti senza pastoie burocratiche, appena trasferito nel nuovo centrale funzionale ufficio di via Boscovich. Finiscono di arredarlo insieme, s’intendono subito. Faticano però, come tutti, fortunatamente, a ricostruire la catena del tanto denaro sporco convogliato ogni giorno in quattro basi da vettori inconsapevoli di una banca illegale, riciclato all’estero, in poco tempo riconsegnato poi lavato e stirato ai criminali. Piani sovrapposti: bell’idea di tutti i tempi! Nuovi, invece, sono i tempi dell’Italia xenofoba e razzista che fa da titolo e continuo disgustante sfondo contemporaneo al romanzo, con uno sceriffo pure nuovo agli Interni. Il whisky è sempre giapponese, la colonna sonora imperniata sulla cruciale canzone dylaniana, Brownsville girl, dedicata all’indimenticabile Gloria, che forse purtroppo non incontreremo più, in ben altre faccende affaccendata.

Ed McBain

«Ninna Nanna»

(originale Lullaby: 1988)

traduzione di Andreina Negretti

Einaudi

396 pagine, 16 euro

Isola. Primo gennaio. Evan Hunter (New York, 1926-Weston, 2005), uno dei grandi scrittori americani del Novecento, nato Salvatore Albert Lombino, nel 1952 scelse un nome americano e qualche anno dopo eteronimi per i romanzi di genere, Ed McBain per le serie gialle più conosciute. Isola è Manhattan (ruotata di 90 gradi), La Città è New York, protagonista l’87° Distretto, una meravigliosa serie di 55 romanzi terminata solo con la morte. Dal 2017 vengono ripubblicati, due episodi per ogni decennio di attività, “Ninna Nanna” è il quarantaduesimo (1988), stessi titolo e traduzione del passato. I due della Omicidi Monoghan e Monroe e i due del distretto Meyer Meyer e Steve Carella arrivano sulla scena del crimine, poveri loro. Peter e Gayle Hodding appena rientrati a casa hanno trovato la loro neonata soffocata da un cuscino e la baby-sitter accoltellata. Imperdibile. A giugno e agosto 2019 a Ruvo del Monte si parlerà delle origini lucane e del libro sul nonno di Hunter, immancabile.

 

Antonio Gramsci

«Sherlock Holmes & Padre Brown. Note sul romanzo poliziesco»

Marietti

76 pagine, 8 euro

In carcere. 1926-1937. Nel novembre 1926 la dittatura fascista arrestò Antonio Gramsci (1891-1937) da deputato in carica, reo di niente. Non ne uscì più. Sei mesi dopo lui rispose a una lettera della madre per rassicurarla: “la mia vita scorre sempre uguale. Leggo, mangio, dormo e penso. Non posso fare altro”. Le chiese dei familiari, scherzò con lei e ricordò che le galline di casa gli avevano “rovinato tre o quattro romanzi di Carolina Invernizio (meno male!)”. Da prigioniero politico, sottoposto a vessazioni e crudeltà, scrisse Lettere e Quaderni che sono una pietra miliare della letteratura italiana, riflettendo un po’ su tutti i nostri usi e costumi, anche sui generi letterari, anche su protagonisti e metodi di giallisti british celebri (allora e sempre) come Conan Doyle e Chesterton. A Bologna nel 2017 si organizzarono conferenze sulle sue riflessioni, ora un agile volume riporta alcuni passi gramsciani e tre interessanti brevi saggi (Zaccuri, Chiara Daniele, Jean-Louis Ska).

 

Luca Bonisoli

«Bad Panda, l’istinto del lupo»

Todaro

182 pagine, 15 euro

Milano. Luglio 2014. Antonio Maria Agatino Morelli è un bipolare schizofrenico, ha una natura duale e continue esperienze di sdoppiamento, di allucinazioni mentali e di sogni a occhi aperti. Sessantenne sodo ma sovrappeso, con tutti i capelli in testa ma irsuto, fa lo schivo tosto ispettore di polizia ma gira in Punto verde. È sposato con Rosa, un paio d’anni più giovane, entrambi di origine siciliana; si sono amati, da tempo si limitano a rispettarsi e a convivere; avevano avuto il loro Tommaso quando lei aveva solo 17 anni e lui era rimasto nell’esercito dopo la leva per potersi sposare; il figlio quasi quarantenne vive e lavora a Londra come traduttore tecnico di testi. Agatino era cresciuto in un piccolo paese, a Montagnareale, la famiglia di medi proprietari terrieri ridotta sul lastrico dalla grande crisi del Ventinove, rovinati ed emigranti, lui traghettato fuori dai pericoli e dalla fame grazie alla nonna straordinaria che gli parlava pure dei miti greci e delle ideologie, di Platone Dante Leopardi Cattaneo. Oltre che lavorare sodo nel capoluogo lombardo, aveva fatto fino a 35 anni il feroce letale tallonatore in una squadra di rugby di Monza arrivata alla serie B, conquistandosi sul campo il nome di battaglia, inciso sul retro di una polo nera con innesti rossi: Bad Panda, ed è tutto dire. Il suo metodo è ascoltare la pancia, la dialettica interiore fra un lupo e un Neanderthal, Achille e Vulcano. Con l’amico e agente di servizio pugliese Pasquale vengono chiamati in un deposito di container dove un cane ha fiutato il cadavere marcio e scrosciante di una donna, indagano nonostante il capo (un “lui”) li abbia estromessi, l’amico esperto di deep web li porta in contatto con un mercato di schiavi e schiave. Agatino fiuta bene i criminali, da ex militare sa torturare e mette a repentaglio la vita di molti per autodistruggere la sua, definitivamente.

L’architetto manager Luca Bonisoli (Milano, 1967), disegnatore di scaffalature e archivi, vive a Melzo, è stato giocatore di rugby, ha scritto un gran bel noir. La narrazione è in terza fissa sul protagonista, buono o cattivo che sia, con qualche inserto americano dove 5 attempati mercenari professionisti italiani su 5 Fiat 500 sono pagati per far esplodere bombe e seminare terrore, con vari effetti collaterali e vittime innocenti dalle parti di Tucson. Il cattivo che li ha ingaggiati è sardo, vive all’estero e c’entra anche con Milano. La forza incalzante e avvolgente del romanzo è, comunque, Agatino e il doppio titolo a lui fa riferimento, al prevalere progressivo di un polo. La svolta viene provocata da una donna, Greta, molto bella, tratti mediterranei ben incarnati, due figli piccoli senza marito, medico psicoterapeuta all’inizio di un rapporto con Carlo, l’hacker che fa conoscere al poliziotto e a noi i mercati virtuali e i bitcoin, i siti inaccessibili di internet e il darknet. Greta sussurra ad Agatino di aver capito le sue due vite, l’altra al di là dello specchio, di poterlo aiutare. Lui la considera come una nipote, perché il lupo va a dormire appena lei appare; solo che il lupo serve a reagire contro i criminali e a riscattarsi, deve tenerlo ben attivo. E Greta è costretta a trovare, suo malgrado, altre forme di collaborazione. In realtà un po’ tutti i personaggi comprimari sono azzeccati, consapevoli della follia, partecipi, solidali e, insieme, strani, peculiari. La colonna sonora è dichiarata, loro abbinata, funzionale alla scrittura di scene e umori: Orange Blossom, Police, Pink Floyd, Gotye, Specials, Händel, Barkley. L’alcol ci sta.

 

Yokomizo Seishi

«Il detective Kindaichi»

(originale 1973)

traduzione di Francesco Vitucci

Sellerio

212 pagine, 13 euro

Villaggio di Yamanodani. Novembre 1937. La necessità di conoscere meglio le storie nazionali del genere di matrice occidentale crime, noir, thriller riguarda anche il Giappone. Uno dei propulsori fondatori, come editor prima e come grande scrittore poi, fu Yokomizo Seishi (1902 – 1981), anche premi letterari sono a lui dedicati. Scrisse decine di romanzi, molti divenuti film o serie tv, quasi tutti attorno a un personaggio, Kosuke Kindaichi, celeberrimo in patria e in vario modo resuscitato dopo la morte dell’autore. In italiano fu pubblicato un romanzo nel Giallo Mondadori negli anni ottanta. Con “Il detective Kindaichi” è ora proposto l’esordio investigativo del giovane, un classico dei delitti a porte chiuse, il caso del koto (strumento musicale dal suono ruvido) stregato: nella grande magione degli Ichiyanagi, ricchi e influenti possidenti, il primogenito Kenzō, assieme alla giovane moglie, vengono trovati morti immersi in un lago di sangue, nello stesso giorno delle nozze.

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *