Bradley, Cassar Scalia, Franceschini, Nesbo, Petrella, Pulixi e Recami

SETTE recensioni (giallo-noir) di Valerio Calzolaio

Piergiorgio Pulixi

«L’isola delle anime»

Rizzoli

446 pagine, 19 euro

Sardegna. Autunno 2016. Nell’estate 2017 l’ispettrice Eva Croce torna al santuario nuragico di Santa Vittoria e ripercorre gli eventi connessi all’indagine sull’omicidio di Dolores Murgia portata avanti meno di un anno prima insieme a quattro colleghi, ormai persi. Lei, occhi cerulei e carnagione diafana, lentiggini sul viso e piercing al naso, era arrivata a Cagliari come investigatrice specializzata in sétte e delitti rituali, in forza presso l’Unità delitti insoluti del Servizio centrale operativo, l’élite della Polizia, già con stato di servizio di prim’ordine nonostante la giovane età, trasferitasi dopo un buon lavoro a Milano, da dove era scappata in seguito a una drammatica vicenda personale (e a un lungo congedo per malattia) non prima di aver colorato con tinta nera i bei capelli rossi. Deve coadiuvare l’attività della neonata e sperimentale Sezione delitti insoluti della Omicidi promossa dal bravo commissario capo Giacomo Farci. Sono solo in due, ha accanto l’ispettrice capo Mara Rais, capelli biondi e occhi celesti, intelligente e scorbutica, sempre elegante e sboccata, separata da un ricco potente penalista, convivente con la figlia studentessa tornata a dormire nel lettone con la madre, in rotta con il questore per ragioni anche personali. Affibbiano loro trenta delitti irrisolti, faldoni da spulciare nello stanzino del polveroso umido archivio, come fossero entrambe in punizione. La scomparsa e poi il tragico ritrovamento di Dolores Murgia nei dintorni di Carbonia le rimettono in pista. L’anziano ispettore capo Moreno Barrali è malato di tumore e demenza (gli restano pochissimi mesi di vita) ma è convinto che le modalità dell’omicidio richiamino due efferati delitti del passato, la prima vittima risale al 1975, la seconda al 1986, pure allora uccise la notte de sa die de sos mortos, la notte dei morti o delle anime, fra 1 e 2 novembre. Nessuna identificazione, né rivendicazione; zero testimoni, zero sospetti. Maschere e richiami relativi a sacrifici di vestali per propiziare divinità. Mistero.

L’autore e sceneggiatore Piergiorgio Pulixi (Cagliari, 1982) negli ultimi dieci anni si è sempre più affermato con acume e coraggio come uno dei più bravi scrittori italiani sulla scena letteraria europea. Dopo aver partecipato giovanissimo al Collettivo Sabot (animato da Massimo Carlotto), dopo la tumultuosa quadrilogia sul corrotto Mazzeo (nel nordest), dopo altre prove interessanti (e premiate) hard-boiled, spy-story, giallo, noir e thriller, ambientate a Milano e nella ricca Lombardia, torna ora con straordinaria efficacia nella natia mitica Sardegna. La narrazione è in terza varia su due differenti campi di battaglia che corrono paralleli: da una parte i vari investigatori (con rari brevi intermezzi su Dolores intrappolata e ferita), dall’altra parte i Ladu nella Barbagia superiore (la Valle delle anime dell’entroterra sardo), una rispettata stirpe di uomini violenti, selvatici, imprevedibili come belve, che hanno sempre preservato uno stile di vita antiquato, quasi primitivo, estraneo al consesso civile, pur con qualche inevitabile incrocio. Il titolo richiama i continui riferimenti interdisciplinari alle anime, come elemento unificante dell’intera isola. Frequenti le accurate descrizioni della Sardegna dal Neolitico (ovviamente non dal Paleolitico), presunti indigeni e protosardi, nuragici e neonuragici infervorati per la Nuraxia, una pseudoreligione, con al seguito potenti e acculturati (inconsapevoli del nostro essere tutti meticci), fra circoli megalitici e pozzi sacri, siti archeologici e riti carnevaleschi, messinscene e truffe. Pure nel capoluogo molti rimarchevoli luoghi da visitare, Iron Sky come sottofondo o altro. Dialetti e specialità dell’Ogliastra. Il rosso carignano del Sulsis, fil’ e ferru per chiudere alla grande.

 

Jo Nesbø

«Il coltello»

traduzione di Eva Kampmann

Einaudi

628 pagine, 20 euro

Oslo. Marzo 2018. Il vecchio padre della moglie del gestore di Simensen Jakt & Fiske ha avuto un ictus e passa ore davanti allo schermo che proietta le immagini della telecamera subacquea installata nel fiume davanti alla scala dei salmoni. Capisce ancora qualcosa ma non parla più e il genero non si accorge che si è appena spaventato, in diretta ha visto Harry Hole affondare a bordo di un’auto con l’abitacolo pieno di acqua fin quasi al soffitto. Il vecchio peraltro non ne conosce il nome, però ricorda che era stato da poco loro cliente per comprare prima uno poi un altro rilevatore di selvaggina. Allo scopo di capire come il quasi cinquantenne Harry sia finito lì e se ne uscirà, bisogna fare un salto indietro di qualche giorno. Poche settimane prima l’amata moglie Rakel si era trovata a dover nuovamente cacciare Harry dalla villa di tronchi a Holmenkollen, aveva scoperto qualcosa che non le era piaciuto proprio, poi lui aveva ripreso a ubriacarsi e azzuffarsi con tutti, di nuovo colpito dalla strutturale instabilità emotiva, svenduto il bar, precario nel lavoro come semplice agente all’Anticrimine. Inoltre sembra a ragione molto preoccupato perché il 77enne Svein “il Fidanzato” Finne è uscito di prigione, ricominciando a stuprare donne. Vi sono tre omicidi irrisolti e non gli assegnano l’indagine, costringendolo a seguire un uxoricidio in cui il marito ha pure subito confessato (anche se… e lui scopre d’intuito il vero colpevole!). Poi Rakel viene uccisa, sia Harry che Finne hanno un alibi, tuttavia risulta evidente il molto che non torna: lei conosceva chi l’ha accoltellata, tutti i possibili ingressi sono chiusi dall’interno, i vestiti di Harry sono pieni di sangue quando si risveglia dall’ubriacatura. C’è forse abbastanza da suicidarsi.

Jo Nesbø (Oslo, 1960), già calciatore di A, giornalista, chitarrista e paroliere (spesso negli stadi con la sua band Di Derre) scrive da oltre venti anni ottimi lunghi romanzi della serie HH, enorme costante successo mondiale, questo è il dodicesimo, ormai siamo tutti tragici holeomani. L’autore narra ancora in terza varia e mossa al passato, talora sullo stupratore assassino seriale. È un grande noir sull’amore struggente e sul miscuglio con l’odio, talora lucido. L’affinata terza persona consente garbati espedienti letterari, invertendo spesso a sorpresa (e ad arte) l’attribuzione della suspense sulla scena, con coltelli sempre in primo piano (da cui il titolo) e flash sul passato. Harry resta il leggendario poliziotto che conosciamo, stanare i criminali cattivi è la sua unica implacabile missione, alto 1 e 93, magro e largo di spalle, capelli corti dritti biondi spruzzati di grigio e iridi azzurre, pallido esausto sincero altezzoso individualista, enorme cicatrice fra bocca a orecchio, medio della sinistra troncato. Aveva incontrato Rakel quindici anni prima, si sono consumati un lungo vero grande amore, suggellato da un appassionato matrimonio quattro anni prima; nessuno aveva mai visto due così profondamente e drammaticamente innamorati. Non gli sono mancate altre storie, il bel macho tenebroso attrae ovviamente quasi tutte, qui la medico legale Alexandra, l’esperta di diritti umani Kaja, la capa Katrine, ciascuna lo induce ad approfondire una pista credibile (e potenzialmente terribile) verso la verità; nel cuore mantiene soprattutto Oleg, il figlio di Rakel, intelligente serio ex tossicodipendente, suo allievo e “figlio”, 23enne, alto 1 e 90 con un ciuffo nero (del padre russo che pure aveva un problema di alcol). La vita semplice è quella compressa nelle domande binarie, come bere o non bere. La complicazione arriva anche quando ci si sente responsabili della vita (e della morte) di altri, tanto più che molti nascondono istinti omicidi. Segnalo il ping-pong fra soldati a pag. 295. La chiave del delitto sta nella musica e in una specifica canzone, pur se tutto è cosparso di ottima colonna sonora.

 

Enrico Franceschini

«Bassa marea»

Rizzoli Milano

342 pagine, 19 euro

Borgomarina (Romagna). Primavera 2019. Il sessantenne Andrea Muratori detto Mura è un inviato speciale di politica internazionale in pensione anticipata (imposta dal giornale). Originario di Bologna, dopo una vita in giro per il pianeta, si è trasferito nel luogo delle sue villeggiature estive, infantili e paterne, sul mare lungo e piatto del divertimentificio di massa. Due ex mogli (americana e russa) con alimenti, un figlio futuro avvocato londinese (ancora parzialmente a carico), una scopamica giramondo. Ha pochi risparmi, vive in un capanno, legge molto, corre all’alba, pesca con la rete, gioca a basket insieme a tre cari amici dai tempi di scuola. Una mattina trova una magnifica ragazza quasi morta, Sasha. Ci sono clan di calabresi e cinesi con le moto anche lì, oltre ad altra varia criminalità. Dopo risse, sparatorie, attentati, cinture di castità e botte forse tornano Cate e la “Bassa marea” nel gradevole romanzo del noto bravo giornalista Enrico Franceschini (Bologna, 1956).

 

Angelo Petrella

«La notte non esiste»

Marsilio

186 pagine, 15 euro

Napoli. Dicembre 2018. All’alba l’ispettore Denis Carbone arriva sulla scena del crimine, il cadavere di una bambina nigeriana è rotolato giù dalla scarpata a picco giù dal Parco Virgiliano, malmenata e strangolata, piena di metamfetamina. Lui ha ripreso a fumare pacchetti di Rothmans al giorno (non a bere, però, da tredici settimane), dopo la sparatoria e i guai di quattro mesi prima sente male dappertutto, soffre per l’antica morte della sorellina Alice e per l’assenza di Laura, ingoia di continuo pasticche antiacidi Cronizat. Lettieri, l’integerrimo capo, lo copre, ma il questore lo bracca. Siamo alla vigilia di Natale, niente festeggiamenti; invece rapimenti e uccisioni, incubi e corruzione, oscuri traffici e riti vudù, oltre ai drammi del passato e del presente nella vita dell’arrabbiato tormentato poliziotto. Altro che tenera! “La notte non esiste” è il secondo capitolo per la serie noir Carbone del bravo traduttore, sceneggiatore e scrittore Angelo Petrella (Napoli, 1978).

 

Cristina Cassar Scalia

«La logica della lampara»

Einaudi

378 pagine, 19 euro

Catania. Novembre 2018. Il vicequestore Vanina Guarrasi, cresciuta a Palermo, padre trucidato venticinque anni prima da Cosa Nostra, viene chiamata da una tipa sicura che sia stata uccisa una ragazza in un villino sul mare. Ci vanno, la casa sembra sprangata ma ci sono tracce di pneumatici; il proprietario è figlio di un potente onorevole, l’affittuaria l’avvocata nubile di 28 anni Lorenza Iannino. Arriva un’altra telefonata, il cadavere sarebbe stato messo in una valigia e buttato sulla scogliera. Da una barca con la lampara due simpatici pescatori avevano visto un uomo trascinare proprio una valigia e gettarla fra gli scogli, uno dei due è giornalista amico dell’ispettore Carmelo Spanò e lo avvisa. I poliziotti entrano in casa, ci sono macchie di sangue, poi trovano vuota la valigia con analoga macchia: che accidenti è successo? La medica oftalmologa Cristina Cassar Scalia (Noto, 1977) fa bene a insistere col giallo, “La logica della lampara” è il secondo bel romanzo della serie.

 

Francesco Recami

«La verità su Amedeo Consonni»

Sellerio

394 pagine, 15 euro

Camogli. Novembre 2011. Alberto Scevola e Angela Mattioli si sono trasferiti lì da Milano, in una deliziosa casa rosa (un tempo appartenuta a tal Gassa, tipo strano) all’interno di un paesaggio idilliaco. Ormai sono in pensione e preferiscono vivere appartati e socializzare poco, forse nascondono qualcosa. Lui resta spesso solo, lei ha ancora molte pratiche familiari da sbrigare, perlopiù a Milano, nel condominio di ringhiera dov’era iniziata la loro storia. Alberto s’annoia e non sa bene che fare, continua a ritagliare articoli di cronaca nera, soprattutto segue la vicenda del prossimo processo sul caso della strage di Corsico (quattro vittime) in cui è coinvolto il pessimo vicequestore Magni, accusato di omicidio volontario; pare siano stati appena ritrovati due agenti della squadra che dirigeva, nudi dentro un camion in Turchia; erano scomparsi da quasi un anno, più o meno contemporaneamente a quando veniva dato per morto il testimone chiave, il 66enne ex tappezziere Amedeo Consonni, giustiziato sotto casa, l’appartamento (8) ormai rimasto vuoto. Angela torna nel suo appartamento (2). Amici e inquilini maschi del condominio sono turbati dalla presenza della teutonica poliglotta Yutta che vive con il manovale Antonio (nel 9), capelli biondi e occhi verdi, un metro e ottantacinque di forme splendide, spesso discinta sul ballatoio, una dea. L’84enne Luis De Angelis (16) la spia di continuo col binocolo. Gianmarco, il figlio più grande (anni 14) della disoccupata Donatella Giorgi (appartamento 15) ha una visibile cotta. Non sono da meno Claudio, il marito alcolista occupato come badante presso l’anziana finta invalida Mattei-Ferri (12), i nipoti che prima capitavano di rado come Daniel (di Luis) e il piccolo Enrico (di Amedeo), l’architetto Jacopo Du Vivier (appartamenti 6 e 7). Solo peruviani e cinesi sembrano distratti; e infastidita certo è la furba Mattei-Ferri che sta tramando crimini nell’ombra. Alcune verità sono evidenti, altre meno.

Il bravo scrittore toscano Francesco Recami (Firenze, 1956) aveva lasciato in sospeso vari equivoci e sospetti sui personaggi della sua principale fortunata serie. Dopo l’anno raccontato nei sei programmati romanzi (pubblicati fra il 2011 e il 2016), la casa di ringhiera nasconde ancora segreti e continua a riservare profittevoli sorprese. La narrazione (opportunamente in terza varia) ha come protagonista quel curioso godibile microcosmo milanese, la ventina di inquilini di un modesto edificio del primo Novecento, con una corte rettangolare e ringhiere di ferro battuto, misfatti crimini emozioni sentimenti che lì si svolgono, storie di tutti i generi e sottogeneri. Il primo capitolo scompagina il quadro perché illustra la biografia di Giovanni Bacigalupo detto Gassa (1922-1991), marinaio di Camogli, bisnipote, nipote e figlio di marinai, forte motivato simpatizzante del Partito Comunista Italiano, considerato alla fine un po’ il matto del paese. Soltanto attraverso il dipanarsi delle avventure (ultimo il capitolo 53, “l’oro di Re Mida”) potremo forse capire perché il comunista ha rovinato la vita di Alberto a Camogli, intuire cosa accidenti c’entra con la casa di ringhiera o che poi ci faceva davvero Yutta a Milano, verificare qualche attuale verità pur mantenendo aperti e incerti tutti i futuri. I romanzi di Recami sono sempre una garbata compagnia, tutti sono e siamo un poco portati in giro, il gioco letterario funziona, nella buona e nella cattiva sorte. Qui torna pure la Svetka di Amedeo, Angela si scrive lunghe dettagliate lettere con un vecchio amore, appaiono Schiavone e La Marca sotto mentite spoglie.

 

Alan Bradley

«Il gatto striato miagola tre volte»

traduzione di Alfonso Geraci

Sellerio

364 pagine, 14 euro

Toronto. Inverno 1951. Flavia, 12enne di nobili origini, occhi azzurri, udito sopraffino, talento chimico, è tornata (dal Canada) nella casa inglese (Bishop’s Lacey, antiche magione e tenuta di Buckshaw, fittizi). Riprende a girare con Gladys, la bicicletta. Il babbo, colonnello con baffetti, filatelico collezionista di francobolli in ristrettezze finanziarie, è ricoverato, e le odiose sorelle Ophelia Feely 18enne e Daphne Daffy 14enne, non hanno certo la sua incontenibile curiosità. Flavia ha appena ereditato molto dalla madre e scopre l’ennesimo cadavere: l’anziano falegname Sambridge è stato ucciso a imitazione dell’uomo vitruviano di Leonardo, appeso a testa in giù, arti a formare una X. Questa volta dovrà studiare libri ed editoria per scoprire il colpevole. Sempre godibile la serie iniziata nel 2009 dallo scrittore canadese esperto d’ingegneria elettronica Alan Bradley (Toronto, 1940). Questo è il nono, “Il gatto striato miagola tre volte”, come sempre in prima persona.

 

Redazione
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