Brasile: sgomberi olimpici e demolizioni mondiali

di David Lifodi

La popolazione più povera del Brasile vive oggi in un Paese senza leggi: è come se i preparativi per i mondiali di calcio del 2014 e i giochi olimpici previsti a Rio de Janeiro per il 2016 avessero consegnato poteri speciali agli amministratori delle città brasiliane per poter fare carta straccia della Costituzione e degli accordi internazionali. Campionato di calcio e Olimpiadi avrebbero potuto rappresentare per il paese un’opportunità significativa agli occhi del mondo, quella di saper dimostrare il superamento delle disuguaglianze sociali che da sempre caratterizzano la storia del Brasile. Al contrario, la Fifa e il Cio (il Comitato Olimpico Internazionale), i massimi organi che lavorano all’organizzazione dei due eventi sportivi, chiudono gli occhi di fronte alle quotidiane violazioni dei diritti umani pur di procedere con entrambi gli appuntamenti.

A causa della Coppa del mondo e delle Olimpiadi, a Rio de Janeiro sono almeno ottomila i cittadini che sono stati sfrattati dalle loro abitazioni senza alcun preavviso. La motivazione data agli abitanti dei quartieri che hanno visto l’improvviso arrivo di ruspe e bulldozer nei loro quartieri per distruggere case e negozi è sempre la stessa: i rischi geotecnici o strutturali delle favelas dove vivono. Questi due megaeventi sportivi rappresentano un dramma per le tante famiglie appartenenti alle fasce più povere del Brasile: in tutto il paese sono già state cacciate dalle proprie abitazioni almeno 170mila persone per far posto a lavori legati strettamente ai mondiali di calcio o alle Olimpiadi, oppure per riqualificare favelas e zone popolari a ridosso dei quartieri abitati dalla borghesia. La spacciano per riqualificazione urbana, ma si può tradurre facilmente come speculazione immobiliare. All’inizio di marzo, grazie a Raquel Rolnik,  relatrice speciale Onu sul diritto all’abitare, l’emergenza casa è arrivata alle Nazioni Unite. La stessa Rolnik, insieme a Giselle Tanaka, rappresentante dell’Articulaçâo Nacional dos Comitês Populares da Copa (Ancop), ha denunciato gli effetti prodotti dai due grandi eventi sportivi: sgomberi forzati, catastrofi naturali derivanti dall’alterazione del territorio, conflitti legati alla terra. L’Ancop riunisce movimenti sociali, comunità urbane, ricercatori e organizzazioni popolari che non sono contrari alla Coppa del mondo e alle Olimpiadi in quanto tali, ma sono critici verso le trasformazioni urbane prodotte dai due eventi. L’Ancop comprende i comitati popolari sorti nelle dodici città che ospiteranno i mondiali (Belo Horizonte, Brasília, Cuiabá, Curitiba, Fortaleza, Manaus, Natal, Porto Alegre, Recife, Rio de Janeiro, Salvador e San Paolo) e ha già prodotto due dossier, nel 2011 e nel 2012, significativamente intitolati Megaeventos e Violações de Direitos Humanos no Brasil. I progetti urbani in vista degli eventi sportivi avranno un impatto economico, fondiario, urbanistico, ambientale e sociale devastante: l’obiettivo è quello di destinare i terreni nei dintorni delle zone dove si svolgeranno le gare alle aziende immobiliari con fini commerciali. La strategia istituzionale utilizzata per cacciare gli abitanti dai quartieri dove hanno abitato per tutta la vita è sempre la stessa: inizialmente si percorre la strada della disinformazione, quella che intende giustificare la necessità di spostamento allo scopo di favorire la mobilità urbana, proteggere la popolazione da eventuali rischi ambientali e migliorarne le condizioni di vita. Se questa tattica non ha successo si prosegue con le minacce, la pressione psicologica e infine con l’invio della polizia militare. I giochi olimpici e i mondiali di calcio sono utilizzati per compiere qualsiasi modifica degli spazi urbani e sociali in maniera arbitraria e senza alcun rispetto degli abitanti. Inoltre, le istituzioni hanno il coltello dalla parte del manico: nelle favelas e nelle zone più povere delle città spesso gli abitanti vivono in una situazione di illegalità e quindi non hanno la possibilità di ottenere un supporto legale o qualche indennizzo sottoforma di risarcimento economico. La Plataforma Brasileira de Direitos Humanos Econômicos, Sociais, Culturais e Ambientais (Dhesca) denuncia le ripetute violazioni dei diritti umani della Prefeitura di Rio de Janeiro, che ha sempre rifiutato di riconoscere il diritto costituzionale alla terra e alla casa. L’unica cosa che interessa è lo sviluppo del mercato immobiliare. In alcuni casi, le comunità minacciate di sgombero hanno presentato dei progetti di sviluppo alternativo, ricevendo addirittura l’appoggio delle due università federali di Rio de Janeiro, ma questo non ha impedito che fossero cacciate. Gli effetti negativi prodotti dagli eventi sportivi non sono limitati alla sola questione urbana, ma anche alla precarizzazione e allo sfruttamento del lavoro. La costruzione o l’ammodernamento degli stadi che ospiteranno i mondiali e, nel caso di Rio de Janeiro, anche le Olimpiadi, sono stati presentati come un’occasione economica che avrebbe generato nuovi posti di lavoro. In realtà l’edificazione delle strutture che ospiteranno le gare, al pari delle infrastrutture necessarie per permettere agli sportivi di raggiungerle, hanno contribuito al fenomeno della manodopera sfruttata e sottopagata. Nel solo 2012 i lavori negli stadi dove si svolgeranno le partite della Coppa del mondo di calcio sono stati bloccati per un totale di 92 giorni di sciopero. Il record spetta al mitico Maracaña di Rio de Janeiro, dove gli operai hanno incrociato le braccia per 24 giorni. I principali motivi che hanno spinto i lavoratori a scioperare riguardano il mancato pagamento delle ore di straordinario e l’assenza delle condizioni minime di sicurezza, nonostante la Costituzione e il Pacto Internacional dos Direitos Econômicos, Sociais e Culturais  riconoscano il diritto al lavoro secondo condizioni dignitose che comprendono il diritto al riposo e ad una remunerazione adeguata. Odebrecht è una delle maggiori imprese brasiliane nel settore edile e si è aggiudicata i lavori in quattro dei dodici stadi dove si svolgeranno i mondiali di calcio. L’impresa ha già licenziato alcuni funzionari che, all’interno degli impianti sportivi, facevano parte della Comissão Interna de Prevenção de Acidentes: la loro “colpa” è quella di aver incitato gli operai a fare sciopero “senza alcuna ragione plausibile”. La stessa Odebrecht ha già licenziato oltre trecento operai assunti per lavorare alla costruzione del nuovo stadio di Recife, l’Arena Pernambuco: anche in questa circostanza, Odebrecht ha motivato i licenziamenti parlando di “sciopero immotivato”. In entrambe le occasioni, l’impresa ha rifiutato interviste in merito, ma si è limitata ad un comunicato stampa senza alcuna possibilità di smentita o contraddittorio.

Che si tratti delle comunità urbane in resistenza o degli operai in lotta per difendere dignità e diritti, in Brasile mondiali e giochi olimpici si sono trasformati nel cavallo di Troia del capitale e degli speculatori immobiliari per aggirare il rispetto della legge e compiere un’opera di pulizia sociale ai danni delle fasce sociali più povere del paese: a beneficiare di questi due megaeventi sportivi saranno i soliti noti.

Redazione
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Un commento

  • Ciao, il tuo è un articolo molto interessante sull’argomento Olimpiadi e le sue relazioni con slum o favelas. Sto scrivendo (o almeno, ci sto provando) una tesi a riguardo e sarei interessata ad avere maggiori informazioni, ( se ne hai) o anche su quali siano le fonti su cui ti basi ( anche se molte delle informazioni ho visto che derivano da notizie su quotidiani esterni, non brasiliani) – grazie comunque per qualsiasi informazione possa darmi.

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