Canta che ti passa?

Parole e musica che non si vedono e non si vogliono vedere

Sedicesimo appuntamento con l’«Angelo custode» ovvero le riflessioni di ANGELO MADDALENA per il lunedì della bottega

Su «Domenica», supplemento del Sole 24 Ore del 12 agosto, in prima pagina c’era una foto d’epoca di Domenico Modugno con una Gigliola Cinquetti giovanissima e sorridente, dopo la vittoria al festival di Sanremo del 1966 con la canzone «Dio come ti amo». Claudio Giunta firma l’articolo della prima pagina dedicato all’importanza delle canzone d’autore che si è sviluppata a partire dagli anni ’60 per esprimere «cose autenticamente, e non solo retoricamente, personali». L’articolo parla anche dell’ultimo libro di Luca Zuliani: «L’italiano della canzone» (Carocci). Scrive Claudio Giunta – anche citando un’intervista a John Lennon e altre testimonianze importanti (fra cui De Andrè) – è che fino agli anni ’50 dello scorso secolo le canzoni erano basate solo sui temi e sulle rime amorose e che solo dagli anni ’60 dello scorso secolo i cantautori inventano la possibilità di parlare di se stessi non solo per raccontare storie d’amore.

Il libro di Zuliani mi incuriosisce, però mi viene da fare un’altra osservazione: che solo dagli anni ’60 si inizi a parlare di realtà nelle canzoni mi fa pensare a una sorta di “rimozione” della canzone popolare. Nel senso che da secoli, per esempio già nel 1300, i giullari venivano ammazzati o maltrattati perché cantavano storie non solo d’amore o denunciavano i soprusi di re e imperatori. Fu un editto di Federico II – uno dei “nostri imperatori” più illuminati – che autorizzava chiunque a picchiare e anche a uccidere i joculatores, cioè i giullari. Per tornare ai “nostri tempi”, i cantastorie erano un esempio (e sono, almeno nell’immaginario) di racconto sulla realtà e dunque denunciavano i soprusi: infatti sono stati eliminati, finanche dall’immaginario di molti. Con quali metodi? Quelli che ancora oggi si usano per gli artisti di strada: multe, sequestro di strumenti ecc.. Insomma: le strade sono state ridotte a cimiteri (di vita popolare). Poi ovviamente ci sono i tentativi di salvare la facciata con festival e cose mirate istituzionali in cui rientrano solo (o quasi) artisti “obbedienti” per non dire compiacenti, in una parola buffoni!

Qualcuno potrebbe dire che i cantautori degli anni ‘60 sono una “novità” perché portano musica e parole su grandi palchi e grandi schermi. Questo è anche vero, benché si potrebbe obiettaare che comunque molti cantautori, hanno dovuto “calpestare” l’etica del cantastorie, ma sarebbe un discorso lungo.

Per attualizzare il tutto vorrei tornare, ed è sempre tutto collegato, alle parole e alla musica di molti cantautori “autoprodotti e indipendenti” che non riescono a entrare quasi per niente nei circuiti soprattutto delle grandi città, che fino a vent’anni fa erano ricche di possibilità e di spazi autogestiti. Mi arriva la notizia di uno spazio alternativo di una grande città del nord, che si definisce l’ultimo bar “a sinistra”. Da lì aspettavo una risposta per un mio spettacolo ma mi sento dire «devi avere un’agenzia di booking o qualcuno che organizza i tuoi spettacoli». L’alternativa? L’ultima sinistra? Una volta garantivano almeno uno spazio (anche se poco remunerato) adesso abdicano totalmente alle agenzie di booking, Così facendo se ne lavano le mani, liberandosi dalla responsabilità di ospitare artisti indipendenti e autoprodotti. Qual è la morale di tutto ciò? Bisogna sempre guardare la realtà dalla parte di chi “non si vede”, perciò anche dalla parte della musica e delle parole che “non vediamo” e che non “vogliamo vedere”.

QUESTO APPUNTAMENTO

Mi piace il torrente – di idee, contraddizioni, pensieri, persone, incontri di viaggio, dubbi, autopromozioni, storie, provocazioni – che attraversa gli scritti di Angelo Maddalena. Così gli ho proposto un “lunedì… dell’Angelo” per aprire la settimana bottegarda. Siccome una congiura famiglia-anagrafe-fato gli ha imposto il nome di Angelo mi piace pensare che in qualche modo possa fare l’angelo custode della nuova (laica) settimana. Perciò ci rivediamo qui – scsp: salvo catastrofi sempre possibili – fra 168 ore circa che poi sarebbero 7 giorni. [db]

L’IMMAGINE – SCELTA DALLA BOTTEGA – è la locandina di “Ci ragiono e canto”, lo spettacolo di canti popolari del 1966, diretto da dario Fo e allestito dal collettivo Nuova Scena.

Redazione
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