Carceri/Bologna: così non va

di Vito Totire (*)

Osservazioni al secondo rapporto semestrale sulle carceri di Bologna: è necessario un confronto pubblico con la Ausl su cosa si intenda – dal punto di vista igienico/sanitario – per «condizioni sufficienti»

«A quarant’anni scrisse la sua prima lettera a suo figlio condannato a Turi di Bari. Le sue parole come vagoni correvano per raggiungere la meta: un carcere. Ha scritto lettere, pensieri, parole che i condannati capivano, desideravano,attendevano da donne come lei. Quelle lettere al figlio le ha lette anche Antonio Gramsci che ella considerava un altro figlio suo come tutti i carcerati di quell’infame regime»: da «Il Pratello» di Odette Righi (edizione Vangelista, pag.70)

PREMESSA

Come facciamo dal 2004 abbiamo chiesto alla Ausl di Bologna il rapporto semestrale sulle carceri: questa volta si tratta di quello del secondo semestre 2017. Chiesto il 2 gennaio 2018 e ricevuto il 12 marzo. Evidentemente il rapporto era stato inviato prima ad altri visto che viene – in maniera che non condividiamo assolutamente – commentato il 10 marzo dalla cronaca locale del quotidiano La Repubblica; il trafiletto titola: «La Dozza è ok ma si può fare di più»; pare una canzone di San Remo.

Stupefacente è il parere (attribuito) al cosiddetto garante, che è garante evidentemente delle istituzioni e non delle persone detenute. Secondo questo parere non sussistono condizioni detentive inumane e degradanti… il che pare essere garantito dalla foglia di fico dei tre metri quadrati a persona!

Ora vorremmo capire i criteri a cui si ispirano gli “organi di informazione” nel dare spazio alle notizie. Il quotidiano La Repubblica ha ricevuto il nostro commento al primo rapporto 2017; all’epoca non ha dato spazio alle nostre osservazioni salvo, successivamente farlo con la Ausl, titolando “rapporto shock dell’Ausl”.

Il nostro commento , evidentemente, non era interessante. Ma la notizia diventava “notizia” solo dopo l’uscita della chiave di lettura fornita dalla Ausl. E tuttavia questo rapporto shock – a condizioni immutate (anzi peggiorate) – viene commentato con il già citato titolo del 12 marzo secondo cui “la Dozza è ok…”. Ma forse che è ok solo a parere del cosiddetto “garante” il quale appunto appare chiaramente come garante del Comune.

Questo secondo rapporto semestrale del 2017 giunge in un momento particolare, per varie ragioni. Sono emersi notevoli episodi di tensione e difficoltà all’interno della Dozza : dalla lamentela dei lavoratori di non disporre neppure della carta igienica, alla questione della produzione di alcoolici a partire dalla macerazione della frutta ; problema complesso, non nuovo nelle carceri (vedi il libro di Paolo Severi, «231 giorni», Frontiera editore) e che merita di essere affrontato a parte (in quanto sintomo di disagio e sofferenza) non essendo risolvibile con la semplice “denuncia” repressiva dell’evento. Ma la questione più importante pare essere il destino dei decreti relativi al nuovo regolamento per l’esecuzione penale. Sono stati approvati ma solo in minima parte dal governo Gentiloni e già anche questa minima parte pare a rischio per dichiarazioni politiche volte a invalidarla. Difficile fare previsioni e capire se e come la filosofia un po’ meno carcerocentrica (e quindi positiva) dei decreti avrà nei prossimi mesi un effettivo riverbero: occorre attendere per fare valutazioni concrete.

La pertinenza della citazione – all’inizio – dal libro di Odette Righi la vediamo nel senso che il nuovo regolamento penitenziario si propone di facilitare la “territorializzazione” della pena, principio in astratto già acquisito ma tant’è… si è ritenuto di ribadire il concetto in quanto evidentemente rimasto solo sulla carta. Il detenuto a Turi che riceveva la lettera della mamma non doveva essere recluso né a Turi né a san Giovanni in Monte…

Vediamo cosa emerge:

premesso che non è disponibile la parte relativa al carcere minorile.

Le persone detenute al momento della visita – che è stata effettuata il 14.12.2017 – erano 781 di cui 697 maschi e 84 femmine.

La ricettività prevista è per sole 487 persone (439 maschi 48 femmine); si evidenzia dunque una crescita, sia pure contenuta, della popolazione che al primo rapporto 2017 risultava essere di 766 persone (688 maschi e 78 femmine); a loro volta i dati del primo semestre 2017 vedevano una lieve crescita anche sul secondo semestre 2016.

Per i maschi si evidenzia (torniamo a parlare del secondo rapporto semestrale 2017) che il problema del sovraffollamento riguarda la sezione giudiziaria (604 persone per 339 posti) mentre nella sezione penale gli occupanti reali sono 93 a fronte di 100 celle disponibili.

Analogo l’indice di affollamento presso la sezione femminile che risulta essere unica e non compartimentata in giudiziario/penale; qui, come si diceva, le persone recluse sono 84.

Al momento della visita non erano presenti bambini; occorrerà monitorare dove siano stati collocati.

Le persone detenute considerate straniere sono risultate 435 (39 femmine); erano 421 (41 femmine). Complessivamente rimangono superiori al 50% della popolazione detenuta.

Il rapporto semestrale conferma la mancanza del refettorio; conferma, usando il plurale, la presenza di “sale di culto”, ma – come abbiamo già detto in altre circostanze – non risulta che vi sia spazio ulteriore rispetto a quello destinato al culto cattolico.

Alle persone detenute paiono riservate 4-5 ore d’aria; il precedente rapporto semestrale citava 5-6 ore di aria (una svista nella redazione dei rapporti o un effettivo peggioramento?).

Le persone ristrette sono seguite da 12 medici con presenza di personale medico 24/24 ore; con 30 infermieri della Ausl ; con 2 esperti in riabilitazione psichiatrica; e 2 OSS (operatori socio-sanitari). Ci pare che la presenza di 2 operatori della riabilitazione psichiatrica sia un fatto positivo (non è menzionato nel rapporto precedente). Così pare che gli infermieri siano tutti oggi nei ruoli Ausl; anche questo è un fatto positivo in quanto la condizione di lavoratore Ausl è più solida e garantita rispetto a quella dei dipendenti di una cooperativa.

Dati sanitari

200 persone tossicodipendenti (17 femmine); nel rapporto precedete i dati erano: 224/14.

7 maschi HIV positivi, nessuna femmina; rapporto precedente: 8/0.

56 maschi HCV positivi, 10 femmine; dunque più del 10 % della popolazione; rapporto precedente : 55/3.

16 maschi HBV positivi, 1 femmina; rapporto precedente : 8/0.

2 persone portatrici di handicap motorio (nel rapporto precedente 1).

Attività lavorative

Ancora una volta vengono citate attività di taglio di profilati e la più nota attività di produzione di mozzarelle. I dati sono più imprecisi rispetto al rapporto semestrale precedente da cui quantomeno si evinceva il numero degli addetti ai servizi di cucina che erano 21.

Ci sono stati 4 casi di scabbia. Si precisa che non si sono verificate epidemie ma il dato della scabbia è comunque un evento-sentinella anche per il problema del sovraffollamento.

Le conclusioni della Ausl sono queste:

  1. Le condizioni igieniche sono sufficienti (!)
  2. Permane una condizione di sovraffollamento

Inoltre risultano alcuni elementi più circostanziati:

  1. Non è iniziata la prevista ristrutturazione della cucina
  2. Non sono state installate le protezioni contro i contatti diretti con le lampadine dei servizi igienici
  3. Presenza di muffa diffusa nelle docce
  4. Il muro sotto i camminamenti di guardia risulta ammalorato
  5. Sistemate invece le carenze riguardanti i disabili
  6. Presenza di tracce di guano, non effettuati gli interventi di pulizia e disinfezione richiesti
  7. La presenza della doppia grata sulle finestre di alcune celle avrebbe migliorato la condizione igienica…impedendo il getto di rifiuti (ma torneremo su questo)
  8. Non risolto il problema della presenza di blatte
  9. Necessità di installare i dissuasori anti-piccioni.

LE NOSTRE OSSERVAZIONI

In un clima che è eufemistico definire stagnante dobbiamo tornare sulle nostre osservazioni non solo reiterate ma ormai storiche: le facciamo (con capacità o volontà di ascolto da parte delle istituzioni pari a zero) quantomeno dal 2004.

In sostanza:

  1. Definire “condizioni igieniche sufficienti” quelle del carcere della Dozza è semplicemente assurdo; omettere la necessaria gestione dei pasti in un regolare refettorio si configura come un trattamento disumano e degradante che comporta anche gravi rischi dal punto di vista igienico. E’ INAUDITO CHE LA AUSL “SORVOLI” SU QUESTO; QUALUNQUE ALTRA STRUTTURA RICETTIVA CHE VEDESSE LA COMMISTIONE ESISTENTE ALLA DOZZA FRA SERVIZIO IGIENICO E GESTIONE DELLE STOVIGLIE E DEI PASTI SAREBBE DICHIARATA INAGIBILE E CHIUSA. Dunque pur essendo la Dozza inagibile si sorvola su questa grave condizione di vulnerabilità che non è importante solo dal punto di vista fisico-igienistico ma anche psicologico, rappresentando peraltro una violazione dei diritti minimi delle persone detenute sancite dall’Onu. FACCIAMO APPELLO ALLE PERSONE RECLUSE PER ORGANIZZARE UN RICORSO AL PARLAMENTO EUROPEO SULLA EFFETTIVA INAGIBILITA’ IGIENICO-EDILIZIA DEL CARCERE;
  2. Sul sovraffollamento – questo è un altro motivo essenziale per dichiarare la inagibilità igienicoedilizia della Dozza – occorre smettere di usare la ridicola foglia di fico dei tre metri quadrati per persona. Sottraendo ai 10 metri della cella la superficie occupata dal letto (a castello), dal tavolino e dall’armadietto, constatiamo che i tre metri ci sono “al pelo” ma è ben evidente che una condizione di costrittività non è scongiurata da pochi centimetri di margine. Chi ha proposto come accettabile il parametro di tre metri quadrati dovrebbe provare l’esperienza di persona; certo poi cambierebbe idea. Come abbiamo sempre ribadito esistono numerosi e convergenti studi di psicologia e di prossemica che indicano una relazione fra carenza di spazio, distress/salute e aggressività. Troppo facile pensare di aver risolto i problemi con qualche centimetro in più. Le celle del carcere per come sono oggi possono e devono ospitare una sola persona; IL DIPARTIMENTO DI SANITA’ PUBBLICA NON PUO’ “CHIUDERE UN OCCHIO” E DARE LA SUFFICIENZA CON MOTIVAZIONI NON SCIENTIFICHE MA OPPORTUNISTICHE.
  3. Il carcere non è solo una struttura ricettiva sovraffollata (in quanto tale qualunque istituzione sanitaria pubblica ne decreterebbe la inagibilità); è verosimile che in un ipotetico albergo sovraffollato e privo di uno spazio ad hoc per la consumazione dei pasti non sia presente una popolazione con gli stessi problemi di salute di quella reclusa alla Dozza. Ciononostante quella “teorica” struttura ricettiva sarebbe dichiarata inagibile benché la popolazione alberghiera che stiamo ipotizzando non includa i tassi di incidenza di malattia che sono presenti nel carcere visto che nella popolazione generale (non reclusa) l’incidenza di positività per HIV ed epatiti o anche scabbia è enormemente inferiore a quella del carcere. Alla luce di questa considerazione il giudizio di “sufficienza” proposta dalla Ausl appare ancora più assurdo e , casomai, interpretabile come un avallo esplicito ad una condizione inaccettabile motivato da meccanismi di obbedienza e di gestione solo burocratica della incombenza (la visita ispettiva almeno semestrale prevista dalla legge di riforma carceraria del 1975). Assodato che “l’obbedienza non è più una virtù” vorremmo si discutesse nei prossimi congressi dei medici igienisti: si deve ancora tollerare un doppio standard, uno per i cittadini liberi e uno per i cittadini detenuti?
  4. LE ATTIVITA’ LAVORATIVE. “Da sempre” il rapporto semestrale cita, in termini molto generici, alcune attività svolte nel carcere. Ribadiamo che questo approccio non è sufficiente. Nel rapporto il tema deve essere affrontato in maniera esaustiva: quanti sono gli occupati e quanti gli inoccupati; quanti gli addetti ai servizi interni (quindi che non tagliano profilati o non fanno mozzarelle). Questi lavoratori hanno avuto facoltà di eleggere un loro rappresentante per la sicurezza? La sostanza è concretizzare il diritto al lavoro per le persone detenute e dare le tutele e la dignità che spetta a tutti;
  5. La percentuale di fumatori. Argomento tabù anche perché non si vuole affrontare il tema della esposizione a fumo passivo. In passato sono stati interessati anche i NAS: è un problema che il rapporto semestrale non vuole affrontare. Una altra illegalità? Chiudiamo un altro occhio? E sono due…
  6. Qualche problema è stato affrontato e risolto ma restano altre situazioni di rischio. Qui occorre tornare su una questione di metodo: da”sempre” proponiamo che le visite ispettive vengano gestite con i metodi peculiari degli organi di vigilanza. Verificata una lacuna, se è grave viene applicata una sanzione; che sia più o meno grave si dispone la bonifica entro tempi certi. Non è possibile tornare dopo 6 mesi e ritrovare la situazione immutata! Come in questa circostanza è accaduto per le protezioni sulle lampadine dei servizi igienici. Questo modo di fare è una “gestione del rischio” inaccettabile; ancora una volta un doppio standard che conferma come l’istituzione totale consideri le persone detenute cittadini di serie B (o peggio…)

PROPOSTE (le solite e finora inascoltate dalle istituzioni):

  • Addivenire a una formale dichiarazione di inagibilità igienico-sanitaria del carcere della Dozza : il re è nudo, la Ausl ne prenda atto
  • Attuare un progetto di ristrutturazione ecologica con modifica degli spazi, realizzazione di refettori di raggio
  • Accertare la qualità dell’acqua erogata vista la presenza , in prossimità della struttura carceraria, di tubazioni in cemento-amianto
  • Rimuovere le doppie grate che furono installate con la “motivazione” di impedire il getto di rifiuti; a questa rimozione deve essere associato l’incremento di persone (retribuite) per la raccolta dei rifiuti porta a porta (cella a cella, se vogliamo)
  • Il progetto di ristrutturazione deve prevedere : spazi per la affettività (come da previsione dei decreti che potrebbero essere approvati) e per le aree fumatori a tutela delle persone detenute e dei lavoratori ( o la legge 3/2003 “non vale” per le carceri?)
  • Adozione di un piano per la piena occupazione (sul modello di quello della Caritas per il carcere di Benevento); occorre procedere alla elezione diretta dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza
  • Avviare, anche col recepimento del nuovo regolamento penitenziario, un programma simile a quello olandese che ha “svuotato” le carceri sull’onda di azioni condivise sia da governi di destra che di sinistra: la sola gestione alternativa delle sanzioni per le condotte connesse alla tossicodipendenza comporterebbe la fuoriuscita di più del 25% della popolazione ristretta;
  • Che il garante venga eletto dalle persone detenute
  • Che l’attività ispettiva venga allargata alla Rems e a tutti i luoghi in cui le persone vengono trattenute contro la loro volontà (reparti per trattamenti sanitari obbligatori). Avanziamo questa proposta da anni; in questa circostanza dobbiamo sottolinear come l’apposizione di filo spinato nella Rems di via Terracini sia un segnale terrificante che va subito demolito. Qualche anno dopo il “lancio” della nostra proposta di allargare l’area di ispezione (come è noto riguardava anche il CIE ma le istituzioni risposero che “il Cie non è un carcere”) questa ipotesi comincia a farsi strada nella prassi del garante nazionale. E’ possibile procedere in questa maniera? Va benissimo l’intervento anche dei garanti ma deve essere immediata l’inclusione nelle attività ispettive delle Asl di tutte le strutture in cui vi siano persone detenute! Questo se vogliamo comprendere e condividere lo spirito della legge di riforma penitenziaria del 1975. Ma interrogati, i “decisori” istituzionali NON RISPONDONO …
  • E ancora: non solo l’area delle ispezioni non è stata allargata ma, alla data del 12 marzo, neppure era disponibile il rapporto sul carcere minorile!

Evidentemente queste sono le proposte centrali finalizzate ad avviare azioni di miglioramento e si potrebbero articolare in mille rivoli.

Anche questa volta attenderemo qualche cenno controcorrente (rispetto al passato) che disconfermi – lo speriamo – la grave “catatonia istituzionale” manifestatasi a tutt’oggi. Ancora una volta, dobbiamo fare appello alla persone detenute, ai loro familiari e ai lavoratori penitenziari vittime anch’essi di una condizione di costrittività, superlavoro e disagio psicosociale.

In occasione del “suicidio “avvenuto poche mesi fa in questura abbiamo detto che dalla prassi del sorvegliare e punire stigmatizzata da Foucault si è scivolati al “punire omettendo perfino di sorvegliare”.

Tuttavia noi non dimentichiamo: ancora aspettiamo le dimissioni del questore; Né intendiamo lasciare sole le persone (detenute o lavoratori) afflitte dalla vessazioni del carcere.

Bologna, 19.3.2018

(*) Redatto e sottoscritto dal circolo “Chico” Mendes e dal Centro per l’alternativa alla medicina e alla psichiatria “Francesco Lorusso”

 

Redazione
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