Carta, De Giovanni, Dawson, La Cognata, Savatteri, Xiaolong e Aa. Vv.

7 recensioni (giallo-noir) di Valerio Calzolaio

Gaetano Savatteri

«Il delitto di Kolymbetra»

Sellerio

250 pagine, 14 euro

Sicilia, Agrigento. Primavera, fine aprile. Peppe Piccionello e Saverio Lamanna si recano per pochi giorni a Milano, dove s’inaugura la concept home art (galleria espositiva) di tal Marisa (conosciuta in gioventù e nuova estimatrice dei post sulla pagina Facebook del primo) e dove ormai lavora l’architetta Suleima, col delizioso broncio da ribelle, nata a Dublino di padre irlandese e madre friulana (fidanzata del secondo). Va tutto secondo le previsioni e presto tornano nel golfo di Màkari, in provincia di Trapani. Qui i due amici hanno entrambi la proposta di un incarico sul lato meridionale dell’isola. Un conoscente, Accursio Sabella, direttore di “LiveSicilia”, propone a Saverio alcuni servizi d’autore (scritti e filmati) relativi ai luoghi della Sicilia patrimonio dell’Unesco e si potrebbe iniziare dalla Valle dei Templi di Agrigento (vicino a dove Suleima pare debba presto andare). La comare Lina chiede aiuto a Peppe, in quanto madre della ragazza di cui lui è stato padrino al battesimo: si è sposata con un giovane di Agrigento (che col fratello gestisce un’impresa) ma ora la coppia è finita sotto protezione per problemi con la mafia, occorre che consegni loro seimila euro da parte dei genitori. E così partono alla volta delle zone di Montalbano. Vanno nell’area archeologica e a un convegno, dove il grande professore Demetrio Alù parla della battaglia del 480 a. C. a Himera fra siracusani (Gelone) e cartaginesi (Amilcare) e del possibile ritrovamento del teatro dell’antica Akragas (trecentomila abitanti, una delle più importanti città della Magna Grecia). All’alba del giorno dopo viene trovato con la testa spaccata nel giardino della Kolymbreta. Saverio si sente messo di mezzo, individua i tre possibili assassini e prova a fare la sua. Dall’altra parte aiuta Peppe a rintracciare la compaesana nella misteriosa faccenda che sempre più s’intorbida. Suleima c’è e insieme a lui lotta (oltre ad altro), beato.

Il bravo giornalista Gaetano Savatteri (Milano, 1964) è cresciuto a Racalmuto in Sicilia, da parecchio vive e lavora a Roma; grazie anche all’editore insiste sul suo scoppiettante protagonista seriale e sulla relativa corte dei miracoli, che funzionano proprio per raccontare usi e costumi siciliani, fatti e miti. La doppia trama gialla resta esile, ma non importa, contano dialoghi, situazioni, personaggi, rimandi, citazioni, giochi di parole, ironie e autoironie, sapori colori odori umori di una terra magnifica. Pirandello, Sciascia e Camilleri incombono a ogni passo, insieme ai mitici scrittori preferiti dal saggio padre e alla invadente Teresita del corso di spagnolo. Con loro, alcuni colleghi giallisti della Sellerio in un continuo sovrapporsi fra i libri dell’autore e quelli di Lamanna. Non a caso, la narrazione è in prima persona al presente. Il giardino del titolo risulta un paradiso terrestre: cinque ettari di ulivi, carrubi, mandorli, arance, limoni, accanto al tufo sabbioso degli incantevoli Templi. Bello il progetto di Farm Cultural Park ai Sette Cortili di Favara: museo di arte contemporanea, residenza per artisti stranieri, laboratorio culturale, sede per il corso di architettura rivolto a bambine e bambini. Il vino abbonda in tutte le accorte bocche: zibibbo, inzolia, catarratto, grillo; altro che il prosecco della trasferta veneziana del precedente settembre! Musica dei Collage per gli amori giovanili, mentre il padre ascolta I’m on fire di Bruce Springsteen sentendosi (anche per colpa del figlio) “born in Usa”, per quanto non si sia mai mosso da Palermo e dalla Sicilia.

Qiu Xiaolong

«L’ultimo respiro del drago»

traduzione di Fabio Zucchella

Marsilio

240 pagine, 18 euro

Shanghai. Una settimana del 2015. Il colto, sensibile, capace e onesto shanghaiese purosangue ispettore capo Chen Cao continua a operare nel centro finanziario dell’Asia ed è ora chiamato ad affrontare il dramma criminale del mortifero inquinamento atmosferico. Gli telefona Zhao, il suo protettore politico, primo segretario del Comitato centrale di disciplina del Partito, ora in pensione. Da Pechino, la Città Proibita, si è trasferito presso l’Hotel Hyatt a Pudong per una breve vacanza al Sud, vuole che lo raggiunga subito, ne ha abbastanza dello smog della capitale, chiede che gli faccia da suggeritore turistico e soprattutto che indaghi sul movimento degli attivisti ambientalisti che sta organizzando qualcosa di clamoroso proprio a Shanghai. Pare sia guidato da Yuan Jing, una giovane donna con milioni di follower, capelli neri e occhi radiosi, bella moglie di un uomo d’affari. Zhao vuole saper tutto sul progetto: contatti, risorse, tempistica. Gli mostra la foto della responsabile e Chen rimane senza parole, lui l’aveva conosciuta a Wuxi (e non è escluso si sappia), si tratta di Shanshan, l’amata alleata nel caso delle “lacrime del lago Tai”, cui aveva dedicato due anni prima una magnifica pubblicata celebrata poesia, senza riferimenti espliciti. Riprende il treno per Wuxi, individua chi fra ricchi o attivisti può dargli informazioni certe, verifica che è in corso un aspro conflitto ai piani alti del potere centrale fra quanti sono interessati al business as usual e quanti non vogliono più negare l’inquinamento. Però è distratto dai ricordi, dal non poter visitare la madre e dall’indagine di cui era consulente col fido ispettore Yu Guangming: già quattro delitti seriali avvenuti e altri in preparazione. Pian piano capisce tutto, ammesso che serva.

Decimo ottimo episodio della magnifica serie ambientata in Cina e scritta in inglese negli Usa dal docente universitario di letteratura in Missouri, Xiaolong (“piccolo drago”) Qiu – Shanghai, 1953 – in terza varia sul protagonista e i poliziotti buoni. I primi episodi erano stati ambientati subito dopo i fatti di Tienanmen (1989), che suggerirono, invece, a Qiu di fermarsi negli Stati Uniti. Ora siamo giunti ai giorni nostri, sappiamo che Chen esprime la vita parallela dell’autore se fosse rimasto in patria. Qui finalmente opta per passare all’azione, conferma la lealtà personale alla verità e si prende in aggiunta una pubblica responsabilità civile. Niente passionale sesso (“momenti di nubi e pioggia”) in quest’avventura, era stata un’eccezione. Il protagonista resta solitario romantico buongustaio irrequieto fumatore poeta, traduttore di polizieschi americani (oltre che di Eliot e di business plan) e non credente. Il parco del Bund è il suo rifugio feng shui, lì prende le decisioni importanti, anche rispetto al socialismo reale. Si documenta seriamente sul dramma dell’inquinamento (pure delle menti) e sull’eccessiva presunzione da parte del partito unico di voler controllare tutto e tutti, dati e notizie su decessi e malattie, ricerche sulle cause e sulle responsabilità. Come al solito, l’ispirazione riguarda il vero video di una brava giornalista cinese visto online milioni di volte prima di essere oscurato dalle autorità. Il noir serve a indagare non solo enigmi e colpevoli bensì anche le circostanze sociali, culturali e politiche all’origine dei crimini; la poesia a salvare storie ed emozioni dell’identità collettiva della comunità (versi musicali, antichi e moderni, sono citati di continuo). Innumerevoli i riferimenti al cibo, il sontuoso banchetto è abbinato a una bottiglia di liquore, Maotai distillato dei primi anni Settanta. Nella caffetteria dell’Associazione scrittori fa da sottofondo la sinfonia Dal nuovo mondo di Antonín Dvořák (1893).

AAVV (Camilleri, Costa, Alicia Giménez-Bartlett, Malvaldi, Dominique Manotti, Piazzese, Recami, Savatteri)

«Una giornata in giallo»

due racconti tradotti da Maria Nicola e Francesco Bruno)

Sellerio

344 pagine, 14 euro

Tempi e luoghi differenti ma consueti. Salvo Montalbano, agli esordi, festeggia il primo mese trascorso nella casa di Marinella a Vigàta, acquistando per 50 mila lire una bottiglia di sciampagni e deve gestire il pizzino mafioso dove qualcuno minaccia di dare fuoco all’enoteca (con ventiquattr’ore di ritardo). Un sabato del maggio scorso Saverio Lamanna visita Gibellina, città perfetta (50 anni dopo il terremoto del Belice), con la morosa Suleima e l’amico Peppe, ma dal museo scompare l’arazzo di Boetti, prisenti o drappo professionale, dieci metri per due, cuciti con devozione, valore alto, più di 500 mila euro (anche solo un metro quadrato). Loro di Pineta, compresi quelli della Loggia del Cinghiale, sono tutti in trasferta ad Amsterdam per la mitica festa arancione del 27 aprile; solo Alice Martelli è rimasta a casa a lavorare, vigile e agile come sempre, e risolve a distanza il caso del duplice scippo contro Tiziana e Marchino. Il 28 agosto 1973 il giovane commissario Daquin da sei mesi si trova (di mala voglia) a Marsiglia, ha già chiesto il trasferimento; lì ce l’hanno con gli immigrati, ovviamente con gli algerini in particolare, per l’odio ci scappa il morto e, pur di andarsene quanto prima possibile alla Narcotici di Parigi, lui risolve il caso. A fine luglio di uno degli anni novanta Lorenzo La Marca, appena tornato dall’aeroporto di Palermo, poco fuori l’ingresso della Stazione Notarbartolo, cammina solitario e incontra una biscia; son ricordi oltre che problemi; a lui fanno schifo ma lo scorsone nero, detto Iside e Maria Walewska, memore dell’omicidio di una lucciola, sta battendo sul vetro di una pelletteria; difficile farlo smettere. In pieno nubifragio il ladro Drago si avventura nei magazzini sotterranei (dove confluiscono pure acque nere e bianche) della casa di ringhiera di via *** 14 a Milano e vi rimane chiuso dentro; quel primo giugno 2006, da tappezziere in pensione, Consonni vorrebbe studiare meglio l’omicidio di viale Bligny, epperò la figlia Caterina gli lascia il piccolo Enrico, termometro e lavandino funzionano così e così, l’idraulico non arriva, che pene! Angela Mazzola ha la giornata libera, è un assolato aprile palermitano e resterebbe volentieri a crogiolarsi in terrazza, senonché la chiamano i suoi capi dell’Antirapina, vi è stato lì vicino lo strano furto di un furgoncino carico di carciofi (refurtiva di circa 3 mila euro); lascia il labrador, prende il Liberty e fa un sopralluogo; c’è di mezzo una guerra di criminalità organizzata e si rivela ancora una volta molto brava. Petra Delicado ha appena risolto un caso difficile e sguazza fra le scartoffie, a tarda sera esce dal commissariato di Barcellona e viene sequestrata da una pericolosa manesca ragazza, finendo così per trascorrere il giorno più insolito dell’intera sua vita lavorativa, perlopiù in un casolare immerso nel bosco di pini.

Le novità di quest’ultima raccolta di racconti gialli inediti sono diverse e non tutte positive, pur in continuità con le accorte riuscite sperimentazioni che hanno costituito una svolta nel genere del genere. Sono meno gli autori coinvolti della scuderia Sellerio: Camilleri, Savatteri, Malvaldi, Dominique Manotti, Piazzese, Recami, Costa, Alicia Giménez-Bartlett. Il tema un po’ forzato sono le 24 ore, l’ambientazione temporale (decenni fa nella metà dei casi) di un solo giorno “in giallo”. La lunghezza è molto omogenea (poco più lungo Savatteri, più breve Manotti), la raccolta ribadisce una contaminazione che non inficia gli stili noti e amati di ogni autore, come d’abitudine solo alcuni in prima persona (Savatteri, Piazzese, Giménez-Bartlett). Ma questa volta è la qualità letteraria non sempre all’altezza in tutti gli autori, a tratti stanchi, almeno nella prima parte; bello e attuale Manotti; molto carino Recami. I mafiosi con la musica non ci appattano, Maremma amara sui canali, Miles Davis coi leggendari (sognati) Margarita, per la bella fulva blues e indie con la voce di Beth Hart.

 

Jill Dawson

«Il talento del crimine»

Carbonio

traduzione di Matteo Curtoni e Maura Parolini

252 pagine per 16,50 euro

Earl Soham, Suffolk, Inghilterra. Autunno 1964. L’americana Mary Patricia Plangman (Fort Worth Texas, 19 gennaio 1921 – Aurigeno Svizzera, 4 febbraio 1995) molto ben conosciuta come Patricia Highsmith (oltre che come Claire Morgan), è stata una delle più straordinarie scrittrici del secolo scorso, in qualche modo cofondò in teoria e in pratica il genere noir e la suspense fiction. La docente di scrittura creativa Jill Dawson (Durham, 1962) è una delle più brave autrici inglesi contemporanee e – con Il talento del crimine, vincitore dell’East Anglian Book Award 2017 – rende la misantropa eccentrica Highsmith protagonista di un ottimo meditato thriller, alludendo nel titolo a uno dei suoi romanzi più letti (e visti). Patricia ha 43 anni, sta terminando un romanzo e il manuale sul giallo, beve molto, scrive il diario e nei weekend attende l’amata Samantha, di cui disegna con maestria il volto. Poi arriva una giovane fastidiosa bella giornalista. Patricia sarà davvero capace di uccidere?

 

Riccardo La Cognata

«La transazione»

Ventura

330 pagine, 15 euro

Roma. Tra maggio e novembre 2015. Il 20 giugno il tranquillo giudice Vito Pennisi compie 40 anni e decide di radersi a zero mento e cranio. I genitori sono morti, vive in una gran bella casa con terrazza, si accompagna volentieri a donne. Da due mesi lavora con lui la 28enne Luisa Altieri di Roccabruna, splendida uditore (uditrice) assegnatagli dal procuratore, con la quale c’è stata una prima volta, anche ultima secondo lui. Sta conducendo un’indagine su un presunto falso in bilancio che si rivela un intreccio di crimini finanziari, tra faccendieri e corrotti di ogni istituzione e religione, prelati e killer. Qualcuno cerca subito di ammazzarlo e la vicenda diventa internazionale. L’avvocato sportivo (dalla capitale per il mondo, in ogni modo) Riccardo La Cognata (Ragusa, 1969) con “La transazione” è all’esordio letterario: la trama interessante ruota tra il mondo della giustizia e loschi riciclaggi, fra personaggi stimolanti spicca a Nassau la creola Maya Navarro.

 

Eleonora Carta

«Breve storia della letteratura gialla»

Graphe

60 pagine, 6 euro

Da un paio di secoli. Dentro i confini degli Stati moderni. Il “giallo” è un genere di narrativa nato verso la metà dell’Ottocento, divenuto ormai popolare in tutto il mondo, e ha contaminato lungo il cammino molti altri mezzi espressivi. La scrittrice Eleonora Carta (Iglesias, 1974) enuncia subito i problemi che nascono da questa definizione (non è universale visto che si chiama così solo in Italia e non fa capire bene cosa sia un genere letterario). Prova allora a scrivere una “Breve storia della letteratura gialla”, consentendo ai lettori neofiti di orizzontarsi meglio. Il padre fondatore fu Poe (1809-1849), c’erano stati precursori (talora inconsapevoli) e ci furono subito epigoni, poi una svolta nell’America hard-boiled di quasi un secolo fa, fino all’attuale successo senza fine (poco trattati il noir e McBain). Tre le brevi appendici: un piccolo dizionario, l’elenco parziale di alcuni festival, dodici testi fondamentali con la ricca bibliografia delle opere citate.

 

Maurizio De Giovanni

«Vuoto per i Bastardi di Pizzofalcone»

Einaudi

344 pagine, 19 euro

Napoli. Una settimana del novembre di due-tre d’anni fa. Elsa Martini stava stringendo i tempi di un’eccellente rapida (già pluridecorata) carriera in polizia, poi aveva ucciso di proposito un 67enne famoso pediatra squallido pedofilo, le avevano dato eccesso di legittima difesa, in appello l’assoluzione. Dopo Torino, ora viene trasferita a Pizzofalcone, a nove mesi di distanza, fra gli altri Bastardi (scartati). Arriva e lascia subito il segno. La 34enne originaria di Alessandria ha mossi capelli rossi e penetranti occhi verdi, figura slanciata e fisico atletico, gambe lunghe e cervello fino, magnifica femmina alfa; vive con l’intelligente matura figlia di 11 anni, Vittoria Vicky; fuma abbastanza ed è molto refrattaria all’attività di squadra, abituata a non consultare nessuno; risulta una gran lavoratrice e la più alta in grado dopo il commissario Palma. Peraltro, deve sostituire Pisanelli, l’anziano vice che continua a restare in Ospedale a seguito della delicata operazione subita, lasciando l’organico (suo malgrado) troppo ridotto rispetto alle turbolenze del quartiere. In commissariato è arrivata la segnalazione di un’insegnante di Matematica presso il Tecnico, preoccupata della scomparsa della 42enne collega di Lettere, Chiara Fimiani in Baffi, di solito serena e riservata. Non si sente di fare una vera e propria denuncia pur se, nemmeno due giorni prima, ha ricevuto un sms che sembra riferito a un pericolo procuratole dal marito: “Questo stasera mi ammazza. Addio, amica mia”. Giuseppe e Alex stanno provando a sentire a scuola e in giro, lo sposo è un ricco noto potente industriale e non sembra particolarmente teso, ipotizzano che potrebbe averla voluta morta, Elsa è subito coinvolta e irrequieta, qualcosa sotto c’è sicuro. E l’infermo Pisanelli si è ormai definitivamente convinto che l’amico frate elimini i potenziali aspiranti suicidi che forse vogliono farsi suicidare; vorrebbe chiedere ad Aragona di rintracciarlo per farlo arrestare.

Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) è giunto all’ottavo romanzo (in sei anni) della sua ottima seconda (e contemporanea) serie; a inizio 2017 e fine 2018 i personaggi li abbiamo visti su RaiUno, ormai hanno quei volti e posture. Chi ha seguito le due stagioni televisive, ognuna di sei episodi, sa che alcune vicende non sono state ancora raccontate nei romanzi: per esempio qui il clan camorristico non ha ancora tentato di corrompere Lojacono (sta appena iniziando) e sua figlia Marinella non ha ancora un fidanzato (sta appena innamorandosi). La narrazione scritta è più compatta e lirica, il filo è il vuoto del titolo e della seconda di copertina, in ordine gerarchico: vuoto di potere (Palma), di forze (Pisanelli), di passato (Elsa Martini), di futuro (Lojacono), di decisioni (Romano), di certezze (Ottavia Calabrese), di coraggio (Alessandra Di Nardo), a perdere (Aragona). Le dinamiche personali e relazionali di ciascun bastardo irrompono spesso sulla scena, mentre si sviluppano i molteplici fronti dei bui misteri criminali. Sia il privato che il professionale lasciano sempre nuovi vuoti, mai assoluti, talora colorati, talora ciclici. In questa occasione è poco presente l’altra femmina alfa, la magistrata Laura Piras, piccola bruna sarda. Interessanti le lezioni itineranti del buon Davide Maggioni, 61enne poeta e romanziere di chiara fama, due divorzi alle spalle. La narrazione è in terza varia, come sempre, in corsivo solo un dialogo fra mafiosi e qualche lettera. Come nella tradizione matura dell’amato McBain la distanza temporale dal caso precedente non coincide con quella dal libro precedente. Alex sceglie Greco di Tufo per l’attesa turbolenta cena a casa sua col padre.

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *