Cassar Scalia, Holt, Malvaldi, Mortimer, Rambelli, Simenon e…

… e Autori Vari

7 recensioni di Valerio Calzolaio

AA. VV.

«Giallo sardo»

Piemme

328 pagine per 17,50 euro

Sardegna. Fino a ora. In un appartamento di circa 150 mq a Nuoro muore nel sonno la famiglia Dessena, asfissiata: figlio, genitori, nonna materna. Si salva solo la figlia maggiore, Enrica aveva trascorso serata e gran parte della notte col fidanzato Michele e amici in vari locali cittadini. Lo scopre al rientro, è un dramma. Fortunatamente selfie e telecamere aiutano a capirci qualcosa. Il testo “Confirmation bias” dello scrittore sardo più importante e famoso Marcello Fois (Nuoro, 1960) apre una bella raccolta, nove racconti di dieci autori diversi, “Giallo sardo”. Sono Fois, Abate, Auriemma e Troffa, Eleonora Carta, Delizzos, Mandreu, Costa, Pulixi, Ilenia Zedda, Zucca. Narrano squarci e storie sull’isola dal Medioevo ai giorni nostri, in genere in terza. In fondo opportune note biografiche su ogni autore. Non ci si innamora ma ci si ammala della Sardegna, soprattutto se ci si è nati (nord, sud, centro, est, ovest), ovunque si trascorra altro tempo di vita. E di crimini.

DUE

Anne Holt

«La pista. La prima indagine di Selma Falck»

traduzione di Margherita Podestà Heir

Einaudi

530 pagine, 20 euro

Oslo. Dicembre 2017. Selma Mariska Falck è allo sbando. Già atleta ai massimi livelli (due volte argento olimpico di pallamano), 1,78 per 68, poi ammirata avvocata di fama, uno dei volti più famosi della Norvegia, nominata nel 2015 donna più elegante del Paese, appena compiuti 51 anni all’insaputa di tutti si è ridotta in un tugurio sul lastrico per ammanchi di gioco (sedici milioni di corone, dieci valgono circa un euro). Ha comunque perso marito, figli (un 19enne e una 23enne), casa e affari, si mantiene con qualche vizioso poker segreto ed è pure ormai da tempo fisiologicamente incapace di piangere. Intanto, un uomo è rinchiuso in una cella con una parete che si avvicina e rimpiccolisce sempre più le dimensioni della stanza, vorrebbe uccidersi ma non sa come fare, è claustrofobico e terrorizzato; mentre la famosa 23enne sciatrice di fondo della nazionale Hege Chin Morell è risultata inspiegabilmente positiva ai test antidoping, siamo alla vigilia delle Olimpiadi invernali di PyeongChang, un disastro. Per varie ragioni nessuno cerca l’uomo mentre tutti parlano della ragazza. E il 55enne potente ricchissimo padre impone a Selma una scommessa, visto che dedica la vita alla irreprensibile figlia e Selma aveva sottratto i soldi persi proprio a lui quando lo aveva come cliente (obbligata presto a restituirglieli, non si sa come, insieme all’abilitazione all’esercizio della professione e all’impegno assoluto di non giocare mai più): ora dovrebbe invece aiutare Hege prima che ci sia l’ultima selezione, ha tempo circa un mese e, se riesce a dimostrare il sabotaggio e a farla scagionare, non dovrà ridargli niente. Un’impresa quasi impossibile, tanto più che, poche ore dopo, il miglior fondista viene trovato morto e subito si scopre che probabilmente pure lui aveva assunto sostanze proibite. Sembra davvero che qualcuno sia seriamente intenzionato a diventare criminale e assassino.

L’ottima scrittrice norvegese Anne Holt (Larvik, 1958), laureata in legge, giornalista dal 1984, avvocato dal 1994, ministro della giustizia nel biennio 1996-97, ha pubblicato complessivamente circa una ventina di gialli. Abbandona qui (dopo dieci avventure) la serie Wilhelmsen, iniziata nel 1993, e segue un’altra pista, la nuova serie con una inedita spettacolare protagonista. Selma ha un unico vero amico, il puzzolente barbone Einar Falsen, residente da undici anni in più scatoloni, di dimensioni diverse, sparsi in quattro posti differenti di Oslo, nei quali patisce fame (spesso) e freddo (di rado). Era stato un poliziotto molto abile e intuitivo, aveva pure scritto il banale caotico L’Abc dell’investigatore, poi aveva ucciso un pessimo uomo (che se lo meritava, secondo loro), Selma lo aveva difeso ma lui aveva comunque scelto di abbandonare ogni interesse terreno e vagabondare, da tempo non parla più con nessuno (esclusa lei), dissociato ma presente. Che straordinaria coppia per risolvere misteri! La narrazione è in terza varia, inframezzata talora dalla sceneggiatura che sta redigendo l’uomo sornione che progetta misfatti. I personaggi tendenzialmente seriali sono presentati lentamente, via via che si dipana questa prima avvincente avventura, interessante anche per la descrizione dell’ambiente dello sci di fondo (in quel Paese lo sport per antonomasia, primordiale, un’essenza identitaria che unisce radicali e razzisti), delle federazioni sportive (le “gang”) e del doping (combattuto con sistemi inaffidabili che non tutelano gli atleti). Un presuntuoso furbo intellettuale intruso di quel mondo aveva scritto nel 1985 un romanzo vendutissimo e premiatissimo intitolato “Piste dimenticate”, da cui il titolo anche di questo. E si ragiona tanto sui bugiardi, sul saper mentire e sulle varie infedeltà che richiedono tempo ed energie. Hege legge Elena Ferrante. Selma canticchia gli Abba e beve solo enormi quantità di Pepsi Max senza zucchero, Einar brandy. Però circola vino rosso. Da gustare.

TRE

Marco Malvaldi

«Il borghese Pellegrino»

Sellerio

Firenze e Castello (toscano) di Campoventoso. Ottobre 1900. L’onorevole Paolo Mantegazza, senatore del Regno, medico docente di Fisiologia presso l’Università di Firenze, autore di un gran numero di libri sugli argomenti più diversi (famoso quello sul piacere femminile), alle soglie dei settant’anni sta tenendo una conferenza sulla Vita e disegna col gesso sulla lavagna una linea a ferro di cavallo, allude a una parabola (infanzia, adolescenza, giovinezza, maturità, vecchiaia, decrepitezza). L’aula è gremita, nelle ultime file siede uno dei suoi più cari amici, agghindato in marsina e cilindro, arrivato con molto anticipo e capace di attendere sfogliando un libricino in inglese. Alla fine applausi e baci, si avvicina anche l’amico e regala a Mantegazza ben altro corposo volume, l’esemplare numero uno della quinta edizione del suo capolavoro sul mangiare bene, accresciuta di altre trentacinque ricette, LUI È PELLEGRINO ARTUSI. Romagnolo scapolo gaudente, commerciante a Firenze, ha compiuto 80 anni da pochi mesi e già dal 1891 si è reso immortale pubblicando il libro di cultura alimentare che ha scientificamente unificato l’Italia in cucina. I due chiacchierano amabilmente, il professore vorrebbe fargli conoscere una persona ricca e interessante, Secondo Gazzolo proprietario di un’azienda alimentare. Artusi accetta e li invita a cena. La serata scorre piacevole e si prospettano iniziative commerciali, Gazzolo annuncia che invierà ad Artusi per un assaggio la carne in scatola che sta iniziando a produrre e propone a tutti di trascorrere un weekend nella sua lussuosa tenuta di campagna e di lavoro con il presidente italiano dell’istituzione internazionale che si occupa dei rapporti con l’Impero Ottomano, tal delegato Everardo d’Ancona e con altri importanti ospiti. Le prospettive sembrano ottime in ogni senso, se non fosse che il sabato notte il delegato viene trovato morto asfissiato. Ucciso forse? Dal maggiordomo? O per nascondere una truffa?

Il chimico scrittore Marco Malvaldi (Pisa, 1974) è divenuto un apprezzato originale vendutissimo giallista dal 2007 con l’inizio della celebrata divertente serie del BarLume. Nel 2011 iniziò a intervallare le avventure matematiche dei vecchietti di Pineta con altri romanzi di genere e con saggi di natura scientifica. Le divagazioni sono via via divenute prevalenti, per il gusto nostro e di lettori curiosi che cercano intrattenimento e divulgazione. La prima uscita fuori serie fu un romanzo dedicato al baffuto Artusi nel centenario della nascita, ambientato in Maremma nel 1895. Quasi dieci anni dopo l’autore torna a quel protagonista (lui cinque anni dopo), sul quale ha continuato a leggere e riflettere, progettando addirittura di predisporre una sorta di zibaldone enciclopedico di commenti di arti e di scienze varie a partire dal ricettario, ordinato per argomenti e categorie: la sua chimica (molte ricette di Artusi ragionano della composizione materiale degli ingredienti), la linguistica e la politica, i luoghi e il meticciato antropologico di usi e costumi, la chiarezza e la sincerità. Poi si è imbattuto in un passaggio sul delitto perfetto e, a quel punto, ha saggiamente scritto un classico giallo della camera chiusa. Ancora una volta si rispettano tutti i canoni del genere (nel primo capitolo s’annuncia il futuro cadavere) e si sceglie con leggiadria dove e come scherzarci su. La narrazione è in terza varia, più frequente sul compilatore (“scrivo e riporto ricette fatte da altri. Non sono un cuoco”) anche con qualche passo del diario personale di quei giorni, ovviamente in prima persona. Molte delle cose inverosimili che si leggono sono vere. Darwin ricorre bene perché Mantegazza divulgò davvero allora le sue teorie. Circolano brandy, rhum e vino, soprattutto Barolo (anche chinato). Musica olfattiva.

QUATTRO

«» […]

Loris rambelli

«Il mio Richard. Letture per la nuova edizione dei romanzi polizieschi di Ezio D’Errico»

cura e introduzione di Renzo Cremante

Compagnia dei Santi Bevitori

104 pagine, 12 euro

Parigi. 1936-1947. “Il mio Richard” collega l’esperto studioso Loris Rambelli (San Bernardino di Lugo, 1948) a Emilio Richard, capo della Sûreté di Parigi, principale personaggio letterario e protagonista di venti romanzi polizieschi (usciti per i Gialli Mondadori) del grande artista scrittore Ezio d’Errico (Agrigento, 1892 – Roma, 1972), giornalista poeta sceneggiatore drammaturgo autore radiofonico, anche disegnatore grafico pittore. Nato in Sicilia, spesso poi al seguito del padre militare di carriera, si era dedicato molto e bene al poliziesco dopo il 1936, vivendo a Torino e (poco) a Parigi prima di trasferirsi nella capitale a fine 1942. Rambelli ha già raccontato la vicenda politica e umana di D’Errico in una documentata monografia e in altri saggi e sta lavorando ora alla Bibliografia ragionata. I dodici testi qui raccolti in un grazioso volume cartaceo (con delicata copertina) sono le introduzioni ad altrettanti romanzi recentemente ripubblicati in edizione digitale, epub.

CINQUE

John Mortimer

«Rumpole per la difesa»

traduzione di Luisa Nera (otiginale 1982)

Sellerio

300 pagine, 14 euro

Londra e Oxford. Decenni fa. L’anziano avvocato Horace Rumpole, barrister dell’Old Bailey (alta corte criminale inglese) ha un giovane cliente accusato di ricatto e imprigionato, Peter Vernon, giardiniere e tuttofare del St. Joseph’s di Oxford, il suo vecchio college. Scendendo dal treno incontra proprio i due antichi compagni di gozzoviglie, Monty, ora docente di lettere antiche, e Fozzy, ora tutor di storia moderna. Il caso gli procura nuovi viaggi da pendolare e parecchie notti insonni nella residenza coniugale sulla Gloucester Road accanto a Colei Che Deve Essere Obbedita, la moglie Hilda alle prese con rivestimenti e imbiancature. È un maestro nell’arte del controesame e dimostra infine l’innocenza dell’indagato, ma ci sono sia altre vittorie che sconfitte in “Rumpole per la difesa”, sette acuti divertenti racconti di questa nuova raccolta di John Mortimer (1923-2009), avvocato affermato e celebre scrittore (anche in televisione) proprio per le storie giudiziarie.

SEI

Cristina Cassar Scalia

«La salita dei saponari»

Einaudi

306 pagine, 18 euro

Catania. Fine novembre scorso. Due informatori scientifici farmaceutici scendono dall’aereo, recuperano la macchina e trovano un cadavere in un’altra auto parcheggiata (male) lì vicino, hanno sparato al conducente. L’ispettore capo Carmelo Spanò chiama subito la stimata 39enne vicequestore e sua dirigente Vanina Guarrasi, da due settimane in trasferta a Palermo per collaborare alla cattura del latitante diabetico Salvatore Bazzuca Fratta, riuscito però ancora una volta a farla franca. Il morto si chiama Esteban Torres, nato a L’Avana il 3 febbraio 1942, espatriato a Miami nel 1960, arricchitosi nel business degli alberghi e dei casinò a Las Vegas, cittadino americano trasferitosi in Italia nel 1990, residente in Svizzera, plurisposato, ora ucciso con una Makarov 9 mm, pistola russa. Bisognerà approfondire un poco la storia e la cultura cubane per capirci qualcosa. Si vedeva spesso in Sicilia, ma le prime indagini non conducono a nulla. Poi viene trovato nel pozzo del giardino di un magnifico hotel di Taormina il cadavere di Roberta Bubi Geraci, nata a Catania nel 1957, separata e residente a Noto, esperta di pubbliche relazioni, lasciata nell’acqua stagnante del fondo per almeno dieci giorni. Tra gli effetti personali c’è una sua foto proprio con Esteban, erano amanti, i delitti sono in qualche modo collegati. Vanina fa lo slalom fra veri indizi e false piste, interessi d’affari e legami di sangue; alla fine si districa con acume, aiutata soprattutto dall’anziano commissario in pensione Biagio Patanè (nonostante l’incredibile gelosia della moglie Angelina) e distratta soprattutto dal proprio rapporto d’amore col sostituto procuratore palermitano Paolo Malfitano, il magistrato più minacciato e detestato dai criminali dell’isola, con il quale non si sente d’impegnarsi a fondo, tristemente memore del padre trucidato da Cosa Nostra venticinque anni prima.

La medica oftalmologa Cristina Cassar Scalia (Noto, 1977) fa bene a insistere col giallo, siamo al terzo ottimo romanzo della bella serie. La narrazione è in terza varia al passato, perlopiù sulla protagonista, oppure sugli altri investigatori. Lo stile appare simpatico, scorrevole, colto e attento alle parole. Il titolo fa riferimento a un indirizzo nella strada verso l’Etna, appena fuori dal comune di Viagrande, verso Trecastagni, Salita dei Saponari appunto, la strada da cui un tempo ascendevano con fatica i fedeli durante le feste o chi barattava pezzi di sapone con ogni possibile oggetto. Esteban aveva una casa da quelle parti. Lei ormai è impregnata di “catanesate” e si appassiona, appunta e aggiorna di continuo note sul suo iPhone relative ai modi di dire e alle abitudini sociali tipiche dei catanesi, come la storia dei ricchi monfiani e dei poveri mammoriani. Ancora una volta si dimostra all’altezza della situazione, caratteraccio integro, fumatrice abbastanza incallita, scientificamente disordinata, sempre armata, affetta da ossessioni cinefile, in Mini o auto di servizio, ostile a arredi e cucine, accudita da vicine amorevoli brave cuoche, cioccolato (fondente)-dipendente come Patanè e vari lettori. Ormai si è orientata sulla musica classica e sulle opere liriche, anche se le canzoni di De André e il vino bianco ghiacciato conciliano gli arrapamenti.

SETTE

AA. VV. (a cura di Denis Brotto e Attilio Motta)

«George Simenon. La letteratura al cinema»

Marsilio

156 pagine, 16 euro

Georges Simenon fu grande scrittore. 1903-1989, origine bretone, belga di nascita, francese d’adozione, centinaia di libri e non solo la serie Maigret (75 romanzi e 26 racconti), interviste, reportages, inchieste, memorie. Due professori associati presso l’università di Padova, il cinefilo Denis Brotto (Padova, 1979) e il letterato Attilio Motta (Lecce, 1971) organizzarono nel maggio 2016 (come Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari) un convegno a lui dedicato. Ora sono raccolti in “George Simenon” i contributi che vi furono presentati da Giovanna Angeli, Borriero, Brandalise, Chiesi, Geneviève Henrot Sostero, Perissinotto, Rabbito, Rella, Tinazzi. Si parla della lingua e della poetica, di alcuni particolari romanzi, del ruolo degli incipit, delle trasposizioni televisive e cinematografiche (in moltissimi paesi), degli interessi di antropologo e fotografo. Completano il testo la filmografia e la bibliografia essenziale (curate da Gianni Pigato) e un utile indice dei nomi.

 

Redazione
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Un commento

  • Daniele Barbieri

    Come scrive Valerio Calzolaio il romanzo «Il borghese Pellegrino» di Marco Malvaldi è la storia di un delitto “perfetto” (in camera chiusa). Ma nella prima parte ci sono anche squarci interessanti sull’epoca e sul decadente impero ottomano… in mano alla finanza europea. E siccome «molte delle cose inverosimili sono vere» nella breve nota in coda al libro Malvaldi ricorda che nel settembre 2009 il piccione viaggiatore Winston vinse una gara di velocità contro la Telkom sudafricana. Storicamente documentata è anche l’idea del senatore Paolo Mantegazza che per rendere più produttive e obbedienti le classi lavoratrici sarebbe stato opportuno distribuire gratuitamente la cocaina.

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