C’era una volta a…Hollywood – Quentin Tarantino

(visto da Francesco Masala)

Dicono che è un film troppo lungo, dicono che non è più il Tarantino di una volta, dicono che a tratti è noioso, tutti, come è giusto, ma ciascuno veda coi suoi occhi e la sua testa.

Per me, quasi sempre, e questa è una di quelle volte, vedere un film di Quentin Tarantino è come fare un giro in una giostra, come quando eri bambino.

Sai già che sarai a bocca aperta, e che tante scene saranno di un altro pianeta, come il dialogo fra Leonardo Di Caprio e la bambina.

E poi il film è un omaggio esplicito al cinema italiano degli anni ’60 e ’70, quando era di serie A, senza dubbio.

Tarantino riscrive la storia, non come Benigni che fa entrare per primi gli statiunitensi ad Auschwitz, anziché i russi, e questo e un falso storico.

Tarantino “solo” fa entrare il Male di Manson, e delle sue due scagnozze, in una casa in cui credevano di chiudere i conti con chi li aveva trattati male, pensando in una passeggiata, per poi chiudere la serata con Sharon Tate.

Purtroppo per loro le cose vanno diversamente e Sharon Tate è salva.

Ah, come le cose vanno male nella vita vera, ci dice Tarantino, e si inventa una ucronia, e lo fa con affetto, con delicatezza, per proteggere gli innocenti.

Gli interpreti sono strepitosi, guidati con mano ferma e sapiente (e nell’ultima parte Leonardo DiCaprio sembra la controfigura di Jack Black).

Se il film ti piacerà la metà di quanto è piaciuto a me, non sarai deluso, la sala cinematografica ti aspetta, alla tv di casa questo film perderà quasi tutta la sua forza.

https://markx7.blogspot.com/2019/09/cera-una-volta-ahollywood-quentin.html

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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