Cheikou Oumar Ly: noi non archiviamo

di Vito Totire (*)

Circa l’evento che ha condotto al decesso di Chikou Oumar Ly (**) la Procura della repubblica di Bologna propone l’archiviazione. La proposta parrebbe associata a una sorta di promemoria indirizzato al “signor questore” al fine di «sistemare» le telecamere della videosorveglianza.

Non siamo d’accordo con l’ipotesi di epilogo fatta dalla Procura, per questi motivi:

  1. fin dall’inizio l’ipotesi di una responsabilità penale di alcuni agenti ci ha fatto venire in mente lo schema mentale del “capro espiatorio”; dunque il tema non è archiviare la posizione degli agenti; il problema non è uno o l’altro anello della catena ma la “organizzazione” del sistema di prevenzione;
  2. il tema è valutare se si possa dire che la questura di Bologna abbia adottato un piano di prevenzione del suicidio adeguato alla natura del rischio; riteniamo che la risposta sia assolutamente negativa;
  3. il gesto della persona reclusa è stato imprevedibile? Dobbiamo approfondire: a) a chi di noi in visita adì un museo viene chiesto di togliere lacci delle scarpe e cintura ? Si dirà che questa è una norma generale per le persone trattenute in questura o in carcere, ma se è una norma precauzionale vuol dire che il rischio esiste e viene considerato intrinseco a quella condizione; allora quale sarebbe la ratio della privazione di lacci e cintura lasciando invece in dotazione mezzi equivalenti? … Sequestro il fucile e lascio la pistola?
  4. secondo un quotidiano di Bologna (di ieri) Cheikou Oumar Ly è stato visitato da un medico. Vorremmo capire se ciò abbia significato mettere in campo la capacità previsionale di un esperto in prevenzione del suicidio. Secondo noi il medico generico deve essere affiancato da un esperto e, in situazioni come questa, anche da un mediatore culturale: occorre capire quale reazione può avere la persona privata della libertà anche in relazione alle sue caratteristiche socio-culturali, in particolare in circostanze in cui l’evento potrebbe avere i connotati – noti agli esperti di prevenzione – di violenza a 180 gradi rivolta contro se stessi; sono eventi nei quali, riuscendo a fare in modo che si concludano con conseguenze non gravi, si può avere una ottima prognosi per il futuro, vale a dire destinati a non reiterarsi, come invece accade nelle depressioni di una certa gravità;
  5. l’autopsia affidata “solo” al dottor Tudini (medico-legale esperto e al di sopra di ogni sospetto) tradisce il limite dell’ottica sposata dalla Procura: quella della medicina somatica. Più volte abbiamo detto il nostro punto di vista, ignorato; lo ripetiamo. Occorre fare quello che il Centro di prevenzione del suicidio di Los Angeles praticava già negli anni ’70 del secolo scorso, vale a dire la autospia psicologica post-suicidaria; questo approccio, dalla Procura di Bologna, ci pare non essere stato preso in considerazione;
  6. l’evento sarebbe stato oltre che “imprevedibile” anche “fulmineo”; purtroppo molti comportamenti di questi tipo sono velocissimi, ragione in più per attivare una sorveglianza efficace che è certo l’ultima spiaggia o l’ultima risorsa quando si siano già affrontati e focalizzati i fattori di rischio suicidogeni. Ma la sorveglianza va attuata: con mezzi video? con più personale? con pareti trasparenti? con sistemi di chiusura elettronici che si possano immediatamente spalancare in caso di bisogno? con altri sensori di segnalazione? evitando la presenza nella cella di punti a cui agganciare un nodo scorsoio? Tutto ci saremmo aspettati salvo che la Procura concludesse con un generico promemoria finalizzato al funzionamento delle telecamere la cui condizione di avaria sarebbe stata addirittura ininfluente ma non si sa mai… è meglio aggiustarle “per la prossima volta…”
  7. leggendo questa drammatica vicenda vengono in mente due analogie desumibili dal libro di Raffaele Guariniello “La giustizia non è un sogno”: a) l’ex-magistrato di Torino evidenzia la necessità di osservare la gerarchia della fabbrica fino all’alto del consiglio di amministrazione; b) chiederemo un parere a questo noto ex-magistrato (in pensione): potevano esserci margini “organizzativi” e assistenziali per prevenire l’evento o quantomeno per evitare l’epilogo?
  8. Ribadiamo che, per noi, IL CASO E’ APERTO: il “signor questore” deve dimettersi salvo che la Procura sia in grado di prevedere che anche il prossimo evento sarà così fulmineo da rendere ininfluente la avaria del sistema di videosorveglianza.

Bologna, 18.10.2017

(*) Vito Totire è medico del lavoro e psichiatra a nome di Circolo Chico Mendes e del Centro per l’alternativa alla medicina e alla psichiatria Francesco Lorusso

(**) ecco i post precedenti: Bologna: un suicidio?, Bologna, morire in questura, Bologna, ancora sul «suicidio» di Cheikou e Bologna: “suicidio” in questura, nulla da archiviare

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