Chiapas: l’assalto delle imprese straniere per il titanio

di David Lifodi

Importante per la telefonia, fondamentale per l’industria delle armi, aeronautica e navale, il titanio si è trasformato nell’ultimo minerale a cui mirano le multinazionali europee, statunitensi e canadesi, riversatesi nel Chiapas per saccheggiarne il sottosuolo e appropriarsene.

I maggiori consumatori di titanio sono Stati Uniti, Unione Europea, Giappone e Cina, ma il Messico è uno dei paesi dell’America di sotto dove maggiore è la sua presenza insieme a Brasile, Paraguay, Cile e Perù. Inutile dire che l’estrazione indiscriminata del titanio dal sottosuolo chiapaneco metta a rischio la vita di intere comunità e di escosistemi tanto ricchi di biodiversità quanto fragili, ma ciò non interessa alle alte sfere di Los Pinos, per le quali il Messico può soddisfare tranquillamente la domanda di titanio proveniente da mezzo mondo. Il Sistema Integral de Administración Minera messicano informa che il governo finora ha concesso 99 licenze per l’estrazione del titanio dal sottosuolo del Chiapas nel solo 2015: le multinazionali hanno ricevuto il permesso di poter eseguire tutte le perforazioni che vogliono almeno fino al 2050. Inoltre, non si conosce con precisione il numero delle estrazioni illegali, che proliferano in tutto il sud-est messicano. Tra le imprese che hanno ottenuto facilmente il maggior numero di concessioni spiccano Brigus Gold (ex Linear Gold), BlackFire, Riversides Resources Inc. e Honour Up Trading. Le prime tre sono canadesi, la quarta è cinese. Già nel 1980 gli Stati Uniti indicavano il titanio come uno dei 40 minerali strategici per gli Stati Uniti e in effetti, al giorno d’oggi, gli Usa dipendono anche dalle sue importazioni. La maggior parte delle concessioni di titanio in Chiapas si trova nella zona della Sierra Madre, in particolare nella regione del Soconusco, dove sono presenti ben sei riserve ecologiche: El Cabildo-Amatal, El Gancho-Murillo, Cordón Pico El Loro-Paxtal, La Encrucijada-Volcán, Tacaná e El Triunfo. A difesa di queste terre è sorto il Frente Popular en Defensa del Soconusco che, insieme alla Red Mexicana de Afectados por la Minería, ha denunciato l’estrazione del titanio soprattutto nel Corredor Mesoamericano-Chiapas, costituito da una complessa rete idrogeologica e caratterizzato da una grande eterogeneità di microclimi. Nella regione del Soconusco 1 ettaro su 3 è nelle mani dell’industria mineraria nonostante le numerose manifestazioni di protesta avvenute in diversi municipi che si sono autodenominati, a seguito di partecipate assemblee comunitarie, libres de minería. I comuni di Tapachula, Tuxtla Gutiérrez, Acacoyagua, Escuintla, Cintalapa e molti altri si sono uniti ai tanti municipi degli stati del Guerrero e di Oaxaca, che già in passato si erano dichiarati “territori liberi dall’estrazione mineraria”. In più di una circostanza le imprese hanno cercato di ingannare o di dividere le comunità, come accaduto a Los Cacos, che si trova nel municipio di Acacoyagua, dove il governo federale ha concesso la costruzione di tunnel sotterranei per l’estrazione del titanio ad opera dell’impresa Honour Up Trading, responsabile non solo di aver inquinato i fiumi della zona, ma anche di aver  provato a comprare le comunità indigene e contadine, le quali, per fortuna, non si sono fatte ingannare dal denaro. Anzi, sono state proprio le comunità a far presente che l’estrazione a cielo aperto del titanio aveva contaminato i fiumi Cintalapa, Cacaluta e Doña María e provocato piaghe ed eruzioni della pelle alle persone. Un episodio simile è avvenuto nella comunità La Joya del municipio di Escuintla, sempre nella regione del Soconusco, dove la Secretaria de Medio Ambiente y Recursos Naturale del governo messicano ha consentito alla multinazionale Honour Trading Up di poter procedere con l’estrazione mineraria in almeno  8 punti della zona, nonostante lo stesso governo avesse riconosciuto che si trattava di un luogo ad alta biodiversità. Tutto ciò, con il trascorrere degli anni, rischia di provocare casi di cancro, deformazione di feti e aborti spontanei, denuncia la Red Mexicana de Afectados por la Minería, mentre diverse specie animali già stanno morendo. Nell’ambito dei trattati di libero commercio, i governi sono obbligati a garantire gli investimenti alle imprese straniere se vogliono evitare di essere portati in giudizio di fronte al Ciadi, il Centro Internazionale di Risoluzione delle Controversie relative agli Investimenti della Banca Mondiale, come già accaduto alla Bolivia di Evo Morales ai tempi delle guerre dell’acqua. Gran parte dei paesi latinoamericani sono legati mani e piedi a Stati Uniti, Europa, Cina e Canada dai trattati di libero commercio: almeno il 60% delle cause esaminate dal Ciadi (il cui giudizio, ovviamente, è a senso unico), provengono dalle multinazionali legate all’estrazione mineraria. Sempre a causa dei trattati di libero commercio, almeno la metà del territorio messicano e tutte le sue ricchezze (gas, petrolio, oro, acqua, titanio, legno ecc…) sono nelle mani delle grandi transnazionali, che lo stanno privatizzando grazie ad una serie di riforme strutturali promosse dal governo.

Anche nei casi in cui i governi statali impongono l’alt alle multinazionali, arriva subito il governo federale a smentire le valutazioni tecniche d’impatto ambientale con esito negativo, come accaduto finora nonostante i ripetuti allarmi lanciati dalla Secretaría de Protección Civil para el Manejo Integral de Riesgos de Desastres dello stato del Chiapas, e tutto ciò non fa che aumentare le preoccupazioni per il futuro.

 

 

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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