Ci manca(va) un Venerdì – 10

Dove un astrofilosofo del calibro di Fabrizio Melodia gioca con quel buontempone di Robin Williams, con Orazio e con le nostre case blindate

 

«Avrai momenti difficili ma ti faranno apprezzare le cose belle alle quali non prestavi attenzione» mi fa notare una cara amica di Facebook citandomi il buon vecchio Robin Williams, che ci ha lasciato – per sua mano – non molto tempo addietro.
Non ha torto, pensando anche ai personaggi che ha interpretato, come il professor Keating nel meraviglioso «L’attimo fuggente», passando per il ruolo che gli avrebbe conferito l’Oscar come miglior attore non protagonista, il professore nel film «Will Hunting – Genio ribelle», in cui faceva da spalla a un grandioso e giovane Matt Damon, il quale era ben coadiuvato dal forse meno talentuoso Ben Affleck ma sicuramente bravissimo anche nel soggetto e nella sceneggiatura.
La mia risposta astrofilosofica potrebbe suonare pressapoco così: «Carpe diem, quam minimum credula postero», che nella mia traduzione – dal carme di Quinto Orazio Flacco – suona più o meno: «Cogli il giorno, mai fidarti del domani».
In effetti passiamo troppo tempo chiedendo a oracoli, religiosi, santoni, filosofi, guru televisivi e altre guide spirituali o scientifiche quale sarà il nostro destino, cosa il futuro ci riserva, quali potranno essere i nostri amori, le nostre gioie, gli eventuali dolori.
Insomma, la domanda è sempre quella: “quale vita mi aspetta?”. Essenzialmente questa domanda è mal posta. Meglio sarebbe vederla così: non domandare cosa la vita ti riserva, domanda piuttosto a te stesso cosa vuoi fare tu della vita che ti viene elargita giorno per giorno (lo so: anche John Kennedy disse una frase del genere in tutt’altro contesto).
Essenzialmente parlando, perdiamo più tempo a chiederci cosa ci aspetta nel futuro che a vivere il presente costruendoci un buon domani.
Sembra che, in tempi di crisi, il fatalismo e l’incertezza siano la cartina al tornasole di una totale incapacità di costruire qualcosa nell’ambito sociale e umano.
Nell’incertezza ognuno pensa al proprio orticello, nel più totale disinteresse del vicino, sempre che esso non possa tornare utile in qualche modo, anche solo come oggetto di sfogo di ogni più basso istinto.
Ecco dunque a preoccuparci di ciò che il futuro ci riserva, a rinchiuderci nelle case bunker circondati da sistemi d’allarme sofisticatissimi e porte blindate di ultima generazione, con relativa “Panic room”, sorta di bunker nel bunker, per proteggere gli abitanti della casa con una stanza completamente autosufficiente e che “potrebbe” reggere un bombardamento nucleare. Ecco la totale inettitudine dell’essere umano che Orazio e Robin Williams colgono bene su due sponde diverse, entrambi con estrema gentilezza, magari venata di amarezza e rimpianto.
Per concludere: «Cogli la rosa quando è il momento / che il tempo, lo sai, vola / e lo stesso fiore che sboccia oggi, / domani appassirà» come poetava meravigliosamente Robert Herrick nell’opera «Hesperides», con la poesia «O Vergine, cogli l’attimo che fugge», resa celebre appunto da Peter Weir nel film intitolato «L’attimo fuggente».
Tutto ritorna, come si può vedere: però mai uguale all’altro. Il tempo non è un cerchio chiuso e la nostra libertà di scegliere non può di certo essere gettata nell’abisso e noi costretti su una ruota che gira e rigira all’infinito. Siamo chiamati a vivere per la vita, non certo per una lenta morte.

 

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