Ci manca(va) un Venerdì – 18

Fra lupi, umani e Pascal: dove un «astrofilosofo» del calibro di Fabrizio Melodia ragiona di corde, legami, rispetto, speranza e rettitudine

BlaisePascal
Un’anima candida mi rimbalza (da «Logos Quotes») una massima di Blaise Pascal che – casomai non lo sapeste – fu filosofo giansenista e scienziato di prim’ordine: da ragazzo riscoprì da solo gli elementi di Euclide e costruì il primo calcolatore della storia, la famosa “Pascalina”, la quale operava agevolmente addizioni e sottrazioni eliminando il problema del riporto.

La frase in questione è intrigante assai: «Le corde che legano il rispetto degli uni per gli altri sono, in genere, corde di necessità».
Detto da un filosofo che riconosceva nella scommessa la cifra della vita – ovvero il vivere per scommessa come se Dio esistesse – l’affermazione è pregnante: nella dura scorza della speranza e della rettitudine si insinua dunque il dubbio sulla reale bontà innata dell’essere umano?
La dottrina religiosa sposata da Pascal – fondata da Giansenio nel XVII secolo riportando all’antica dottrina di Agostino d’Ippona – si basava d’altronde proprio su questo assunto, sull’intrinseca corruzione dell’essere umano e di come quindi egli sia necessariamente portato a commettere il male. Senza “la grazia divina” dunque l’uomo non può far altro che portare odio, guerra e sangue al prossimo, in una spirale tremenda da cui solo con la scommessa su Dio si può uscire.
Un messaggio che sarebbe stato recepito appieno da Alessandro Manzoni, giansenista, per formazione francese: «Ci par di vedere la natura umana spinta invincibilmente al male da cagioni indipendenti dal suo arbitrio, e come legata in un sogno perverso e affannoso, da cui non ha mezzo di riscotersi, di cui non può nemmeno accorgersi». Lo scrisse nell’introduzione del (purtroppo) poco letto «Storia della colonna infame», mettendo in luce una tesi che avrebbe trovato nel romanzo storico «I promessi sposi» una rappresentazione corale e cinematografica alla ennesima potenza, superata probabilmente solo da Lev Tolstoj, il quale però sarebbe arrivato a conclusioni ben diverse sia da Pascal che da Manzoni.
«Compresi, in realtà, solo ciò che sapevo da moltissimo tempo, quella verità che è stata trasmessa agli uomini sin dai tempi più antichi, da Buddha, da Isaia, da Lao-Tse, da Socrate e, in modo particolarmente chiaro e inequivocabile, da Gesù Cristo e dal suo predecessore Giovanni Battista. Giovanni Battista, alla domanda degli uomini: “Che dobbiamo fare?” ha risposto in modo semplice, breve e chiaro: “Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto” […] Capii che un uomo, oltre a vivere per il proprio bene personale, deve inevitabilmente contribuire al bene degli altri: se dobbiamo prendere un paragone dal mondo degli animali […] allora occorre prenderlo dal mondo degli animali sociali, come le api; ed è per questo che l’uomo, senza parlare dell’amore per il prossimo che è innato in lui, è chiamato sia dalla ragione sia dalla sua stessa natura a servire gli altri uomini e l’umanità in generale. Capii che questa legge naturale dell’uomo è la sola che gli permette di compiere quanto gli è stato assegnato e di essere quindi felice»: così scrisse l’autore di «Guerra e pace» nel suo (devo dire di nuovo purtroppo) poco noto libro «Che fare».
E qui i problemi si moltiplicano. Dove il giansenismo e Thomas Hobbes predicavano “bene” riguardo alla vecchia massima di Plauto «Homo homini lupus», qui Tolstoj pone l’accento sull’intrinseca ragione della natura, la quale prevede «la società naturale» dove davvero il bene comune coincide con quello privato.
In sostanza, una società come la nostra andrebbe letteralmente “contro natura”, fomentando odio, diffidenze, divisioni, abbandono della vita politica da parte del popolo e cancrenizzazione degli assetti di poteri criminali potenzialmente (e spesso concretamente) assassini. Lupi per agnelli, si potrebbe dire.
Mai come ora dunque siamo tutte/i chiamati a superare ciò che dice la nostra “pancia” e l’ignoranza indotta da un sistema vuoto, per agire seriamente affinché il bene privato coincida con il bene pubblico, sorretto da un’azione concreta e coerente con questo bene.
«L’idea del bene e del male non ha quindi nulla da spartire con la religione o con la coscienza misteriosa; è un bisogno naturale delle razze animali» conferma Pëtr Alekseevič Kropotkin. Ma allora gli anarchici sono la nostra unica speranza? Magari… ne parleremo prossimamente.

 

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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