Ci manca(va) un Venerdì – 27

Possibile che l’Astrofilosofo, cioè Fabrizio Melodia, sia d’accordo con Seth Lloyd che «tutto è bit»? Gli spiritosoni direbbero che la questione è “Spinoza”… Ma voi leggete e saprete tutto, dall’archè in poi.

Cmuv-realtàsimulazione
«Prima del Bit Bang? Nulla, nessuna energia, nessun bit. Un miliardesimo di secondo dopo, l’Universo conteneva già 10 elevato alla 50 bit, tanti quanti sono gli atomi che formano la Terra. Il Big Bang è stato anche un Bit Bang»: così scrive il valente matematico e filosofo digitale Seth Lloyd, autore di «Programming the universe».
Seth Lloyd è un filosofo presocratico un po’ fuori dal suo tempo oltre che fuori di testa, capofila di quella filosofia digitale che vede nel matematico britannico Gregory Chaitin e nel fisico Stephen Wolfram – non casualmente – il ritorno a un concetto forte di filosofia, nientemeno a quella presocratica riguardante la ricerca dell’«archè», il “Principio di tutte le cose”, al pari di Talete, Anissamandro, Anassimene, Eraclito, Senofane, Anassagora, Zenone, Parmenide e, non ultimo, Democrito con la sua teoria atomica.
Qui assistiamo alla nascita di una nuova filosofia, esattamente come ebbe la luce nella Grecia antica con il buon Talete di Mileto, che indicò nell’acqua il principio generatore e comune di tutte le cose. Qui è la filosofia digitale a nascere. Il suo credo è riassumibile in un detto: «It from bit» ovvero «La materia è generata dal bit», «Tutto è bit» cioè «Tutto è informazione», superando il concetto stesso che «Tutto è particelle» prima ancora dell’esortazione hegeliana «Il reale è razionale e il razionale è reale».
«Tutto è algoritmo» esclama razionalmente e con grande entusiasmo Gregory Chaitin, ispirandosi a una famosa considerazione, la “madre” della scienza moderna: «L’ Universo non si può intender, se prima non s’impara a intendere la lingua, e a conoscere i caratteri nei quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri sono triangoli, cerchi e altre figure geometriche» come spiegò Galileo Galilei («Il Saggiatore», 6).
Ancora meglio avrebbe definito Wittgenstein – in «Tractatus logico-philosophicus» (4.014) – altro filosofo indicato proprio da Lloyd come il maggior precursore della filosofia digitale: «Il disco fonografico, il pensiero musicale, la notazione musicale, le onde sonore stanno tutti l’uno con l’altro in quell’intima relazione di raffigurazione che sussiste fra linguaggio e mondo. A essi tutti è comune la struttura logica (Come la fiaba, i due adolescenti, i loro due cavalli e i loro gigli. In un certo senso, essi sono tutt’uno)».
In sostanza tutto sarebbe bit, unità d’informazione indipendente dal suo processo: concetto che soppianta l’atomo e inaugura una nuova maniera di vedere il mondo, come un insieme di processi d’informazione in continua elaborazione.
«Matrix» all’ennesima potenza? Forse no, si può considerare l’idea ancor più radicale e rivoluzionaria. Nella trilogia dei fratelli Wachowskij, ispirata alle opere di Philip Kindred Dick e di William Gibson, la realtà esterna esiste come noi la intendiamo e «Matrix» è una prigione virtuale dove le menti umane sono tenute prigioniere inconsapevolmente dalle macchine ribelli, le quali sfruttano abilmente l’energia bioenergetica dell’essere umano, esattamente come facciamo noi con le batterie.
Nella nuova filosofia presocratica digitale, la realtà come noi la intendiamo, con le leggi fisiche e gli atomi, semplicemente non esiste in quanto è una errata interpretazione.
Tutto è bit, ovvero unità d’informazione assolutamente rappresentabili, niente atomi e numeri reali, di fatto impossibili da calcolare e quindi da rappresentare; tutti questi bit sono immersi in un processo d’informazione che tutto organizza e tutto incanala.

«L’eredità intellettuale dell’Occidente – Pitagora, Platone, Galilei – stabilisce che “tutto è numero; Dio è matematico”. Adesso stiamo cominciando a credere qualcosa di leggermente diverso, un raffinamento del credo originale di Pitagora: “Tutto è software e Dio è un programmatore”. O ancora meglio: “Tutto è algoritmo”». Così Gregory Chaitin, matematico e filosofo britannico, che molti definiscono il secondo pilastro della new wave della filosofia digitale.

La metafisica, la scienza dell’Essere, torna prepotentemente alla ribalta al posto dell’epistemologia, la scienza che stabilisce i criteri di ciò che possiamo sapere e in che modo possiamo saperlo, dopo la tanto decantata morte per mano di Wittgenstein medesimo più che del buon vecchio Friedrich W. Nietzsche.
Siamo un’intelligenza artificiale unica e pensante, ne siamo i bit. L’informazione scorre in un flusso continuo di dati, senza un senso del tempo. Chaitin avvicina se stesso a Leibniz e al concetto delle monadi per spiegare meglio i bit, ma secondo me avrebbe fatto meglio a riprendere il concetto del Dio Sostanza di Baruch Spinoza, che decisamente è meglio accostabile con l’Essere e i suoi Attributi:

«1. Per Causa di sé non intendo una realtà che produca attivamente se stessa, cosa che per la ragione sarebbe inconcepibile; intendo una realtà la cui essenza implica l’esistenza: ossia una realtà di tale natura che non possa essere pensata se non come esistente.
2. Si dice finita nel suo genere una cosa che può essere limitata da un’altra cosa della stessa natura.
P. es., noi diciamo che un corpo qualsiasi è finito perché possiamo sempre pensarne uno più grande che lo limita o lo delimita. Così anche un pensiero può essere limitato da un altro pensiero. Ma un corpo non viene delimitato da un pensiero, né un pensiero da un corpo.
3. Per Sostanza intendo una realtà che sussiste per sé (“causa di sé”: vedi sopra) e che può essere pensata assolutamente, cioè senza bisogno di derivarne il concetto da quello di un’altra realtà.
4. Per Attributo intendo un’entità che l’intelletto percepisce tanto come manifestazione o aspetto della Sostanza quanto come costituente o struttura dell’essenza della Sostanza stessa.
5. Per Modo intendo una manifestazione circoscritta e individuabile (anche se infinita; vedi oltre) della Sostanza, ovvero una realtà che esiste grazie a (o sulla base di) un’altra realtà, senza la quale la realtà considerata è inconcepibile.
6. Per Dio intendo un Ente assolutamente infinito: cioè una Sostanza che consta di infiniti attributi, ciascuno dei quali esprime un’essenza eterna e infinita».

Così recita l’incipit dell’opera fondamentale di Spinoza, ovvero «Ethica more geometrico demonstrata».
Ecco come l’universo ben si presta a essere spinozianamente accostato a un computer, ciò che è in sé, per meglio vederne gli attributi, ovvero i bit che lo compongono, in un processo d’informazione che è la natura che genera se stessa e non ha bisogno di altro per esistere.
Ecco come comprendere il “Dio Computer” dei nuovi filosofi digitali – lo scrive Seth Lloyd – sarà possibile solo dopo che si sarà costruito un computer quantico davvero funzionante.
Per approfondire:
– Giuseppe O. Longo, Andrea Vaccaro, “Bit Bang. La nascita della filosofia digitale”, Apogeo, 2013.
– Gregory Chaitin, “Teoria algoritmica della complessità”, Giappichelli, Torino, 2006.
– Seth Lloyd, “Il programma dell’universo”, Einaudi, Torino, 2006.
– Rudy Rucker, “La quarta dimensione. Un viaggio guidato negli universi di ordine superiore”, Adelphi, Milano, 1994.

 

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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