Ci manca(va) un venerdì- 44

Se l’astrofilosofo, che è poi Fabrizio Melodia, una sera quasi autunnale incontra Keplero e Bruno parlando dei mondi innumerevoli, del “sonno” della ragione umana e delle ciarle fatte nelle antiche “botteghe dei barbieri”

CMUV-JohannesKepler1610
«Bruno ha concepito il mondo infinito in modo tale che quante sono le stelle fisse, tanti sono i mondi, e questo nostro mondo diviene uno fra i mondi innumerabili, perlopiù in nulla diverso dai rimanenti che lo circondano» scriveva Giovanni Keplero, astronomo e filosofo, nel «
De stella nova in pede serpentarii», riguardo a certi pensieri di Giordano Bruno, famoso per le teorie – allora si diceva “strampalate” – su un universo pullulante di forme di vita extraterrestri.
Andiamo con ordine. Giordano Bruno riteneva, a ragione, che fosse la Terra a girare intorno al Sole e non il contrario come ci avevano abituato gli aristotelici e il buon Tolomeo. Inoltre, contrariamente al buon Copernico, che dell’eliocentrismo era stato il padre fondatore, Bruno sosteneva che nel cosmo esistesse una quantità infinita di creature come noi, la qual cosa causò talmente tanto scandalo nella Chiesa di Roma – ancor più del suo tanto decantato panteismo (che mostrava come tutte le religioni secolarizzate fossero perfettamente inutili) – da spedirlo al rogo e farlo appendere a testa in giù, denudato; un po’ come per la crocifissione di San Pietro, un’umiliazione di cui la Chiesa, secoli dopo, chiede perdono.
Giovanni Keplero sposava perfettamente le teorie di Bruno, tanto da scrivere un testo di fantascienza decisamente ardito per i suoi tempi, armandosi delle migliori conoscenze scientifiche del tempo. Giordano Bruno fu messo al rogo nel 1600 e nel 1611 Keplero diede alle stampe il suo «
Somnium», in cui immaginava un viaggio sulla Luna e l’incontro con stranissime forme di vita.
«Concepita negli anni studenteschi di Tübingen, durante i quali l’originale interrogativo di come potesse essere visto dagli ipotetici abitatori lunari il moto dei pianeti e del sole cominciò ad agitare la mente di Keplero, l’operetta si trascinò per anni incompiuta; ma nel 1611 una copia del manoscritto capitò nelle mani di un tal barone von Volckerstorff, che lo portò a Tübingen: La cosa fu fatale a Keplero, poiché il “sogno” – una fantasia dei suoi colloqui e relazioni con spiriti celesti con cui il nostro voleva convincere coloro che credono unicamente a ciò che hanno visto – passò ben presto in dominio pubblico, al punto che “se ne era ciarlato perfino nelle botteghe dei barbieri” (
dass sogar in den Barbierstuben darüber geschwatz worden ist), fomentando e rinsaldando la convinzione ch’egli (Durakotus, nel sogno) e la madre (Fiolxhilde) effettivamente avessero ricevuto il messaggio del “demone” circa il modo di poter pervenire all’isola Levania (la Luna), sospesa nell’etere a 50.000 miglia dalla Terra, sull’accelerazione necessaria a vincere la forza di gravità terrestre, sui pericoli di tale accelerazione per l’uomo, sullo stato ideale una volta pervenuti nel vuoto atmosferico, sull’attrazione lunare ecc»: così ebbe modo di scrivere la saggista Maria Teresa Mandalari nel suo articolo “Keplero e le streghe” («La Fiera Letteraria», 1967).
Ripensando a quello che scrittori come Theodore Sturgeon o Philip Dick subirono nella seconda metà del ‘900, fa sorridere (amaramente) arrivare alla consapevolezza che, nonostante i progressi tecnologici e scientifici, l’essere umano alla fine riveli spesso una natura bellicosa e oscurantista, piuttosto che perdere il proprio “primato” sul Creato e cedere alla Ragione invece che alle forze oscure dell’inconscio, simboleggiate in modo primordiale proprio dalle creature provenienti dallo spazio profondo, le quali però sono anche le nostre speranze e fantasie più belle.
Molti esseri umani non perdono modo di farsi notare in negativo, accecati dall’istinto di sopravvivenza, tanto che persino le grandi religioni per lungo tempo si sono opposte a ogni ipotesi di altre creature nell’universo, invece di pensare che l’esistenza di altri mondi, di altre creature era “a maggior gloria di Dio” (o chi per Lui; o chi per Lei, aggiunge la teologia femminista). Forse perché se su altri mondi si troveranno religioni “organizzate”… la concorrenza sarebbe pericolosa.
«O siamo soli nell’universo o non lo siamo. In entrambi i casi, la prospettiva è terrificante» affermava Arthur Clarke (nota per profani: è quello del racconto «
La sentinella» cui Stanley Kubrick si ispirò per “2001 – Odissea nello spazio”). In effetti l’affermazione è corretta. Nel primo caso, l’essere umano potrebbe continuare a farsi la guerra a vicenda, fino alla propria completa estinzione, in un’assurda lotta fratricida per impossessarsi delle ultime risorse che, nei secoli, ha sciaguratamente sperperato.
Nel secondo caso, potrebbe verificarsi l’ipotesi “
La guerra dei mondi”, con un vero cronista orsonwellesiano – ma alla televisione – che interrompe la pubblicità per riferire (fra uno spot e l’altro?) l’attacco alieno con i raggi della morte, protetti da scudi energetici impenetrabili.
Ma c’è un’altra «
Sentinella», quella del famoso e brevissimo racconto di Frederic Brown: leggetelo se non lo conoscete e poi decidete… da che parte stare.

L’ipotesi “Star Trek” – un cosmo in cui le varie forme di vita convivono più o meno pacificamente e gli esseri umani non interferiscono e tentano sempre soluzioni ragionevoli – sembra soltanto essere un’ Utopia… Planitia (famoso cantiere cosmico dove è stata costruita la USS Enterprise D).

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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