Cile: i carabineros sono quelli degli anni ’70

Il 2 ottobre un militare ha fatto cadere dal Puente Pío Nono di Santiago un sedicenne. Non si contano più gli episodi di violenza di cui si sono resi protagonisti gli agenti.
di David Lifodi (*)

Per quanto possa sembrare scontato scriverlo o pensarlo, i fatti di Santiago del Cile del 2 ottobre scorso richiamano alla mente il regime di Pinochet o quello di Videla-Massera-Agosti degli anni ’70.

Poco lontano dalla Plaza Dignidad, un ragazzo di 16 anni viene inseguito da un agente dei carabineros che sono impegnati a reprimere una delle tante manifestazioni che si susseguono in tutto il Paese dall’estallido social dello scorso autunno. Il militare si avvicina al giovane e lo fa cadere dal Puente Pío Nono. Lo studente compie un volo di 7 metri prima di atterrare nel letto del Río Mapocho. Nel frattempo, i carabineros proseguono le loro scorribande come se nulla fosse accaduto. Adesso l’agente, Nicolás Zamora Soto, di 22 anni, appartenente all’unità Control de Orden Público de Carabineros, si trova in stato di detenzione preventiva per 120 giorni, accusato di tentato omicidio.

Il sedicenne, soccorso dai volontari dei pompieri e del Servicio de Atención Médico de Urgencias (Samu), viene subito condotto in un presidio medico nelle vicinanze, ma ciò che inquieta, ancora una volta, come all’epoca del pinochettismo, è l’arroganza con la quale il presidente Piñera e il suo governo hanno gestito la situazione. Prima la Moneda ha emesso un ambiguo comunicato di “condanna categorica contro tutti coloro che compiano azioni contro i diritti umani”, nel tentativo di equiparare carabineros e manifestanti, per poi evidenziare che si trattava di un contesto in cui c’erano “persone che stavano provocando disordini”.

Questo è lo scenario del Cile che il 25 ottobre tornerà alle urne per decidere se cambiare o meno la Costituzione voluta da Pinochet e tuttora vigente.

Dall’estallido social ad oggi non è la prima volta che i carabineros si rendono protagonisti di episodi di violenza. Lo scorso 16 dicembre, anche allora a seguito di ripetute violazioni dei diritti umani, il presidente Sebastián Piñera difese il generale dei carabineros Mario Rozas, sostenendo che aveva fatto tutto il possibile per evitare gli eccessi compiuti dai manifestanti. Pochi giorni fa, il ministro dell’Interno Víctor Pérez aveva dichiarato che sul volo del ragazzo di sedici anni dal Puente Pío Nono non potevano essere espressi giudizi affrettati. E ancora, in più di una circostanza Rozas ha dichiarato che mai nessuno dei suoi uomini sarebbe stato punito, anche se fosse stato obbligato a farlo, per le azioni compiute in occasione dei cortei di protesta contro il governo.

Tutto ciò non sorprende poiché sono molti i personaggi del governo ad essere legati al terrorismo di stato dell’epoca pinochettista. Il ministro dell’Interno Víctor Pérez e quello della Giustizia e dei diritti umani, Hernán Larraín, hanno dichiarato più volte, pubblicamente, di essere legati alla tristemente nota Colonia Dignidad di ispirazione nazista. Così si spiega anche la liberazione, da parte del governo, di criminali quali Raúl Rojas Nieto e Víctor Mattig Guzman, avvenuta nel luglio 2020 dopo meno di tre anni di detenzione.

Dal 18 ottobre il presidente Sebastián Piñera ha decretato una sorta di stato d’assedio costituzionale che ha provocato soltanto ulteriori violazioni dei diritti umani: nel solo periodo tra il 18 ottobre 2019 e il 18 febbraio 2020, sottolinea l’Istituto nazionale per i diritti umani, sono state ferite dai carabineros 3.765 persone (comprese 439 donne e 282 adolescenti), soprattutto a seguito del lancio di lacrimogeni e dell’esplosione di colpi di armi da fuoco.

Secondo Jaime Bassa, docente di Diritto costituzionale, l’unica cosa da fare sarebbe quella di sciogliere i carabineros e costruire un nuovo corpo di polizia che non si renda più protagonista di omicidi, violazioni dei diritti umani ed episodi di repressione. La lista di violenze da parte dei militari cileni, solo per rimanere agli ultimi anni, è lunghissima.

Il 14 novembre 2018, nell’ambito dell’Operación Huracán, il giovane comunero mapuche Camilo Catrillanca viene ucciso dai carabineros del Gope (Grupo de Operaciones Policiales Especiales) il cui ex funzionario Carlos Alarcón ha ricevuto un indennizzo milionario dopo che era stato costretto ad abbandonare il corpo. Gli stessi alti comandi dei carabineros sono stati coinvolti nel cosiddetto Pacogate, una serie di atti di corruzione che li hanno visti protagonisti tra ilse ttembre 2016 e il settembre 2017. Da allora episodi del genere si sono ripetuti, fin quando, il 26 settembre scorso, a Stoccolma, è stata promossa la Campagna internazionale affinché Piñera sia denunciato di fronte alla Corte penale internazionale dell’Aja per crimini di lesa umanità.

Si, i modi di agire dei carabineros sono ancora quelli del regime militare, come l’impunità che continua a proteggerli e il volo dal Puente Pío Nono del giovane di 16 anni fa pensare ai voli della morte dei desaparecidos gettati dagli aerei nell’Argentina sotto la dittatura militare.

(*) Fonte: Peacelink

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

Un commento

  • Gianni Hochkofler

    Caro David, grazie per questa messa in evidenza cronologica.
    Io aggiungerei anche che i carabineros sono gli stessi della dottora presidenta Bachelet che oggi a Ginevra non fa nessun cenno alla continua violazione dei diritti umani in un paese in cui è vigente ancora la costituzione di Pinochet.
    In due turni di presidenza si è guardata bene di revocarla, come sanno bene tutte le vittime mapuche.
    Ma si sa il Cile è un paese democratico e il Venezuela di Maduro una dittatura giustamente condannata dall’istituzione presieduta dalla dottora a Ginevra.

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