Cile, 1907: strage di operai

Il 21 dicembre 1907 la polizia spara sui lavoratori inermi in sciopero. Si tratta di uno dei primi conflitti di classe in cui imprese e oligarchia scatenano tutta la loro forza repressiva: quante similitudini tra il Cile di allora e quello di oggi.

di David Lifodi (*)

Foto: El Desconcierto

Il massacro della Escuela Santa María de Iquique, dove furono assassinati tra i 200 e i 3.600 operai (a questo proposito le  cifre sono molto discordanti), rappresenta uno dei maggiori conflitti sociali avvenuti in Cile nel primo Novecento. Quel 21 dicembre 1907 viene ricordato, ancora oggi, come un simbolo di lotta, ma anche come un vero e proprio martirio della classe operaia cilena.

La sciopero ebbe inizio il 10 dicembre 1907 per reclamare migliori condizioni di lavoro e un aumento dei salari. La huelga salitrera si scontrò però con l’irremovibilità padronale e, di conseguenza, un gran numero di lavoratori, tra i 15 e i 23mila, decise di incrociare le braccia. Per tutta risposta, l’allora ministro dell’Interno Rafael Sotomayor sospese la libertà di riunione e impedì che altri operai giungessero a Iquique per solidarizzare con gli scioperanti, mentre il sindaco della città, Carlos Eastman ordinò agli helguistas di far ritorno a casa minacciando l’uso della forza. Di fronte al rifiuto degli operai di abbandonare l’occupazione della Escuela Santa María de Iquique, dove erano accampati da una settimana, il generale Roberto Silva Renard ordinò alle sue truppe di sparare all’impazzata contro di loro. Fu una strage di classe.

Il massacro di Iquique rappresentò l’episodio di maggior violenza scatenata contro la classe operaia cilena, alcuni la definiscono come la fase repressiva più dura nella storia del paese, seconda soltanto a quella del regime militare di Pinochet a seguito del colpo di stato dell’11 settembre 1973.

Gli operai, che avevano condotto una lotta totalmente non violenta, avevano accettato anche un arbitrato con la partecipazione di un rappresentante sindacale, di uno padronale e di un terzo nominato dalle due parti in causa. Lo Stato, tramite il presidente Montt, si era offerto di pagare la metà dell’eventuale aumento a cui aspiravano i lavoratori, ma le imprese non indietreggiarono di un millimetro. Mai fu condotta un’indagine sul massacro degli operai, ritenuto dagli storici cileni come la “maggiore mattanza in tempo di pace”, anzi, alcuni tra i dirigenti operai scampati alla morte per anni furono imprigionati e sottoposti a processo.

Già allora, anticipando la scusa dell’obediencia debida di cui si sarebbero serviti i repressori negli anni Settanta, il quotidiano conservatore El Mercurio scriveva: “Come può, il governo, punire i militari che hanno solo compiuto il proprio dovere?” El Diario Ilustrado definiva la mattanza come “dolorosa, ma inevitabile” e, sulla stessa lunghezza d’onda, El Chileno parlava di “tristissima missione”. Solo quattro parlamentari condannarono la strage: Malaquías Concha, Bonifacio Veas, Daniel Espejo e Arturo Alessandri Palma. Il primo denunciò la sparatoria di tre minuti su diecimila operai inermi che provocò montagne di cadaveri, chiedendosi come mai la Camera non provasse orrore. “I fatti di Iquique”, denunciò Malaquías Concha, “rappresentano una vergogna per il nostro paese, avvenimenti che passeranno alla storia al pari delle mattanze compiute contro i primi cristiani”. Tuttavia, non solo la Camera non si commosse più di tanto, ma fu teatro di interventi come quello del dirigente liberale Luis Izquierdo, il quale ribadì che gli uomini agli ordini di Roberto Silva Renard avevano solo obbedito agli ordini e compiuto il loro dovere, per quanto crudele.

Ad essere uccisi non furono soltanto gli operai cileni, ma anche molti peruviani e boliviani giunti a Iquique per lavorare, ma che furono assassinati con il beneplacito dell’oligarchia cilena, preoccupata del diffondersi degli ideali anarchici e socialisti tra molti di loro. Il governo riconobbe “solo” 126 morti e 135 feriti.

Nel Cile di oggi ci sono poche differenze rispetto ad allora. Precarietà e mancanza di diritti rappresentano il (triste) filo rosso che lega le proteste dei primi anni del Novecento con quelle di questi ultimi mesi, ma per fortuna anche l’organizzazione collettiva, la lotta e la solidarietà che fecero da cornice agli eventi del 1907 caratterizzano le lotte di oggi.

La “Cantata Santa María de Iquique” su Canzoni contro la guerra

 

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

 

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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