Colombia senza pace

Proseguono gli omicidi mirati e la campagna dell’ultradestra oligarchica per affossare definitivamente il processo di pace.

di David Lifodi

La morte di Samuel David González Pushaina, il neonato di 7 mesi figlio di due ex guerriglieri delle Farc della comunità ECTR Simón Trinidad ucciso lo scorso 14 aprile da colpi di armi da fuoco sparato da sconosciuti per uccidere il padre, Carlos Enrique González, rappresentano un ulteriore, durissimo colpo, alla sempre più traballante pace in Colombia.

Carlos Enrique González e la madre del bimbo Sandra Pushaina sono due dei guerriglieri che hanno aderito al percorso per il reinserimento nella vita civile. Entrambi indigeni wayú, i due genitori sono stati vittime di un attacco compiuto da un gruppo paramilitare che ha fatto irruzione nella loro casa. Secondo i dati di Telesur Tv, dalla firma degli accordi di pace, più di 600 attivisti sociali sono stati assassinati dai paras e dal terrorismo di stato, ben 39 nel solo 2019. Sempre Telesur informa che quasi 8 milioni di colombiani sono stati vittime di sfollamento forzato  a causa della presenza delle bande paramilitari e delle multinazionali legate alla costruzione delle dighe e all’estrazione mineraria.  Inoltre, la Colombia è uno dei paesi di Africa e Asia con il maggior numero di sfollati interni, addirittura davanti a Siria, Afghanistan, Irak e Sudan. In crescita anche i casi di sparizione forzata.

Solo pochi giorni prima dell’assalto alla coppia di ex guerriglieri, il 10 aprile, era stato ucciso Policarpo Guzman, fondatore dell’Asociación  Campesina de Trabajadores de Argelia. A togliere la vita al contadino dieci colpi di arma da fuoco sparati da sicari che vedevano nell’uomo una minaccia per la sua costante denuncia della presenza di gruppi armati di paramilitari come quello di Los Rastrojos, legati all’esercito. Christian Delgado, coordinatore dei diritti umani per Marcha Patriótica, ha spiegato che l’uccisione di Policarpo rappresenta l’ennesimo tentativo di intimidire le comunità contadine.

In Colombia il terrorismo di stato e la sparizione forzata sono tutt’altro che scomparsi e, sotto la presidenza del destrissimo Duque, hanno preso di nuovo vigore. Per alcuni il numero di desaparecidos in Colombia potrebbe essere almeno 3 o 4 volte maggiore di quello degli scomparsi all’epoca della dittatura argentina. A quasi dieci mesi dall’arrivo di Duque a Palacio Nariño, il suo autoritarismo sembra ricordare molto da vicino quello del suo mentore Uribe, ma sembra che gli stessi Stati uniti non siano assolutamente contenti del cavallo su cui avevano puntato. Gli Usa rimproverano al presidente colombiano di non aver compiuto alcun passo avanti nella lotta contro il narcotraffico, anzi, gli imputano di aver favorito la diffusione della pandillas, che rischiano di portare il paese in una situazione molto simile a quella guatemalteca, hondureña o salvadoreña.

In un contesto in cui il governo sembra indebolito e, una volta di più, gestito a piacimento dai gruppi paramilitari, la pace fin troppo prematuramente sbandierata pare in realtà rimanere solo un accordo scritto su un foglio di carta. Lo Stato colombiano insiste nel condurre politiche di sterminio contro tutti coloro che si fanno portavoce di istanze legate a rivendicazioni sociali o politiche e questo è il solo aspetto per il quale gli Stati uniti si rallegrano della presidenza Duque. A fare terra bruciata, in precedenza, aveva pensato Santos, la cui vera urgenza per raggiungere la pace, oltre a quella di guadagnare un immeritato quanto affrettato premio Nobel, era rappresentata dalla volontà di spianare la strada alle multinazionali per sfruttare e depredare al meglio le risorse della Colombia, una volta di più nelle mani del capitalismo transnazionale.

Se lo Stato colombiano si vanta di esser riuscito nel suo compito, quello di smobilitare la guerriglia delle Farc (senza preoccuparsi, peraltro, di garantire davvero il reinserimento dei combattenti nella vita civile, ma perpetrando omicidi e crimini politici nei confronti di sindacalisti, attivisti per i diritti umani, contadini e militanti sociali), non si è mai preoccupato, ad esempio, di tenere sotto controllo il famigerato Esmad (Escuadrón Móvil Antidisturbios de la Policía Nacional), creato il 24 febbraio 1999 tramite la cosiddetta Directiva Transitoria #0205 per compiacere l’ultradestra oligarchica.

L’Esmad ha rivestito un ruolo molto simile a quello dei paramilitari e, coperto dallo Stato, si è caratterizzato per innumerevoli episodi di violenza contro studenti, contadini, indigeni ecc… tanto da meritarsi il nome di escuela del sicariato poiché agiva (e agisce) come il braccio più violento dell’istituzione statale e, in quanto tale, legittimata a reprimere qualsiasi mobilitazione che rivendicasse diritti e democrazia.

Dall’assassinio di Jorge Eliécer Gaitán ad ora, in Colombia poco è cambiato e i 70 anni di conflitto armato purtroppo non vedranno presto una vera fine.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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