Combattenti, ribelli e sovversive

La storia di tre donne rivoluzionarie nell’America latina degli anni Settanta

di David Lifodi

Norma “Gaby” Arrostito, Cecilia “Tamara” Magni e Ana María “Sayo” Villareal de Santucho: tre combattenti, tre donne ribelli nell’America latina degli anni Settanta che hanno pagato con la vita la coerenza con i loro ideali. L’occasione per ricordarle viene dal libro Le indomabili. Storie di donne rivoluzionarie (Paginauno, 2017) di Davide Steccanella e dai quarant’anni – domani, 15 gennaio – dall’assassinio di Norma Arrostito, argentina, tra le fondatrici dell’organizzazione guerrigliera dei montoneros, uccisa nelle stanze dell’Esma nel 1978.

“Gaby”, questo il suo nome di battaglia, fu la prima donna che partecipò alle azioni di guerriglia urbana ben prima del colpo di stato che fece sprofondare nell’incubo l’Argentina il 24 marzo 1976. Il 29 maggio 1970 fece da palo al sequestro del generale Pedro Eugenio Aramburu (poi fucilato) autodefinitosi “generale della Revolución libertadora”, ma che Rodolfo Walsh ribattezzò come generale della Revolución fusiladora, riferendosi alle fucilazioni seguite all’allontanamento di Perón dal governo. In precedenza, già nel 1965, Norma (nata nel 1940) aveva abbandonato il Partito comunista per aderire all’organizzazione armata del commando Camilo Torres, sorta sull’onda delle gesta del sacerdote guerrigliero colombiano. Negli anni della dittatura, Norma – già entrata in clandestinità – diventa leader dei montoneros e i giornali vicini alla dittatura, il 2 dicembre 1976, danno la notizia che la “delinquente sovversiva Arrostito” è stata abbattuta a seguito di uno scontro a fuoco. Pochi giorno dopo, il 9 dicembre, la rivista Gente pubblica alcune foto della donna con accanto un timbro che ne certifica la morte. Insieme a Gente anche quotidiani come La Opinión e La Razón celebrano la presunta fine della guerrigliera, evidenziando che si tratta di un duro colpo inflitto ai “sovversivi” e festeggiando la nascita di un’Argentina migliore a seguito dell’eliminazione della donna.

In realtà, Gaby non era stata uccisa, ma sequestrata e condotta all’interno dell’Esma. I militari avevano diffuso la notizia della sua uccisione per minare il morale dei montoneros e sfruttare la sua prigionia per convincerla a fare opera di delazione sotto tortura. Però i suoi aguzzini non le strapperanno una parola di bocca e la uccideranno vigliaccamente. Yo ni colaboro ni me rindo, disse più volte, fedele agli ideali di giustizia sociale che ormai erano rivendicati da tutti i movimenti di liberazione sorti in America latina e non solo. A decidere la sua morte, provocata da un’iniezione letale, furono Jorge “Tigre” Acosta e l’ammiraglio Emilio Eduardo Massera in persona.

Il ruolo di Norma Arrostito – in un’America latina dove anche le organizzazioni guerrigliere stentavano a riconoscere diritti e ruoli di primo piano alle donne (si pensi alla storia di Lavinia, protagonista del romanzo della scrittrice nicaraguense Gioconda Belli, La donna abitata) – merita di essere raccontata come la vita avventurosa della cilena Cecilia Magni, che giunse ai vertici del Frente Patriótico Manuel Rodríguez, nonostante i suoi compagni l’avessero esclusa dall’Operación Siglo XX, quella che il 7 settembre 1986 portò i guerriglieri dell’Fpmr a fare un attentato contro Pinochet. La comandante “Tamara” avrebbe dovuto pensare alla logistica e siccome all’interno del Frente molti erano convinti che in quell’operazione così rischiosa gran parte dei guerriglieri partecipanti sarebbero caduti, all’ultimo momento preferirono escluderla. Cinque uomini della scorta del dittatore rimasero uccisi, undici furono feriti, ma Pinochet uscì illeso dall’attacco del commando del Frente Patriótico Manuel Rodríguez, così come nessuno dei guerriglieri perse la vita. Denominata Tamara in onore di Tamara Bunke, la donna che combatté al fianco di Che Guevara, Cecilia ebbe il suo battesimo del fuoco in occasione dell’assalto ad una banca per attività di autofinanziamento del Frente. “La lotta è l’unico strumento che abbiamo per cambiare il Paese”, amava ripetere, lei che proveniva da una famiglia dove Augusto Pinochet era visto con una certa simpatia e ammirazione. Per entrare a far parte del Frente Patriótico Manuel Rodríguez fu costretta ad abbandonare la figlia di soli due anni al suo compagno, che peraltro appoggiava la sua scelta.

Il 21 ottobre 1988, insieme a Raúl Pellegrín, comandante del Frente, partecipò all’assalto ad una caserma, a seguito del quale la polizia pinochettista scatenò una gigantesca caccia all’uomo. Una settimana dopo, il 29 ottobre, il corpo di Cecilia Magni fu trovato senza vita in un fiume e, il giorno successivo, fu rivenuto quello di Pellegrín. I militari si affannarono a sostenere che entrambi erano morti affogati nel tentativo di fuga, ma in realtà sui corpi dei due guerriglieri erano evidenti i segni delle torture. Quando la comandante Tamara morì aveva 31 anni. Ancora oggi, i responsabili della sua morte non hanno pagato per il loro delitto. Juan Rivera Iratchet, uno dei militari coinvolti nell’omicidio, quando fermò Pellegrín e Magni, non li consegnò alla “giustizia” ma mise entrambi nelle mani del tenente Carlos Bezmalinovic. Quest’ultimo, appartenente al Grupo de Operaciones Especiales de Carabineros (Gope), aveva perso un occhio disinnescando una bomba posta dalla guerriglia e anche per questo infliggeva torture atroci ai militanti arrestati. Il regime voleva dimostrare di mantenere ancora il controllo sul Paese tramite il pugno di ferro nonostante, all’inizio del mese, il popolo avesse sconfitto il regime nel referendum convocato dalla stessa dittatura e il Frente avesse dato vita ad una serie di azioni di guerriglia per far sì che in Cile non permanesse una sorta di democratura basata comunque sul modello economico neoliberale.

Alcuni anni prima che “il condor” volasse stabilmente sulla sua Argentina e sull’intero continente latinoamericano, aveva cominciato il suo percorso di lotta anche Ana María Villareal de Santucho, nome di battaglia “Sayo” per via dei suoi tratti orientali. Militante del Frente Revolucionario Indoamericano y Popular, che poi confluì nel Partido Revolucionario de los Trabajadores-Ejército Revolucionario del Pueblo, la donna fu arrestata dalla polizia nel febbraio 1972 e condotta nel carcere di massima sicurezza di Rawson, nella provincia del Chubut, Patagonia argentina (*). Il terrorismo di stato era giunto nel Paese ben prima del colpo di stato del 24 marzo 1976, sotto forma della dittatura di Alejandro Lanusse. Il 15 agosto 1972 Sayo e altri venticinque prigionieri politici tentarono la fuga: volevano arrivare al vecchio aeroporto di Trelew, distante 21 km e da lì raggiungere il Cile, ancora governato da Salvador Allende. Solo sei di loro riuscirono nell’impresa. Ana María Villareal de Santucho ed altri quindici suoi compagni furono ripresi dai militari e condotti alla base aeronavale “Almirante Zar” dove furono fucilati in quello che è tristemente ricordato come il “massacro di Trelew”.

Sovvertire il potere costituito mettendo in gioco la propria vita è stato ciò che ha accomunato Norma, Cecilia e Ana María: se l’America latina resta, ancora oggi, ribelle e sovversiva il merito è anche loro.

(*) è una storia raccontata qui Scor-data: 22 agosto 1972 da Sabatino Annecchiarico

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

 

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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