Congresso internazionale delle donne per la pace

Dal 28 aprile al 1 maggio 1915 all’Aja

di Daniela Pia

«Noi, le donne del mondo, vediamo con apprensione e angoscia la situazione presente in Europa che rischia di coinvolgere l’intero continente, se non l’intero mondo, nei disastri e negli orrori della guerra. In questa terribile ora, quando il destino dell’Europa dipende da decisioni che noi donne non abbiamo il potere di formare, noi – assumendo le responsabilità che ci vengono dall’essere madri delle generazioni future – non possiamo rimanere passive. Benché siamo sul piano politico prive di potere, richiamiamo con forza i governi e coloro che questo potere detengono nei nostri differenti Paesi ad allontanare il pericolo di una catastrofe che non avrà paragone. In nessuno dei Paesi immediatamente coinvolti nella minaccia della guerra le donne hanno il potere diretto di controllare i destini del loro Paese. Esse si trovano sul margine di una posizione pressoché insostenibile, vedere le case, le famiglie, i figli soggetti non soltanto al rischio ma alla certezza di un immane disastro che esse non possono in nessun modo allontanare o impedire. Qualunque ne sarà il risultato, il conflitto lascerà l’umanità più povera, segnerà un passo indietro nel progresso della civiltà e costituirà un grande scacco nel graduale miglioramento delle condizioni delle grandi masse e delle persone da cui dipende il reale benessere delle nazioni. Noi donne di ventisei Paesi, che ci siamo unite nell’ “International Women’s Suffrage Alliance” con l’obiettivo di ottenere strumenti politici per condividere con gli uomini il potere che determina il destino delle nazioni, ci appelliamo a voi perché non lasciate intentato nessun metodo di conciliazione o di arbitraggio per risolvere le controversie internazionali, nessun metodo che possa aiutarci a prevenire l’annegamento nel sangue di metà del mondo civilizzato. (“Jus Suffragii. Monthly organ of the International Woman Suffrage Alliance”, volume 8, numero 13, September, 1914.)

Questo il testo che, nel luglio 1914, il movimento politico delle donne – raccolto nella IWSA (International Woman Suffrage Alliance) – pose come base della riflessione contro la guerra. Il manifesto fu presentato, alle ambasciate di tutti i governi presenti a Londra, alla vigilia della deflagrazione. Un’opposizione inequivocabile alla follia che trascinò verso il collasso e alla fine contò 17 milioni di morti fra militari e civili.

Fra le donne che si batterono per risvegliare le coscienze obnubilate dalla voglia di combattere, prevalsero quelle di area socialista che, assieme a tante altre, furono capaci di dare risonanza al loro dissenso attraverso giornali e manifestazioni di piazza.

Una dichiarazione di intenti che costituì l’atto di nascita del femminismo pacifista, trovando la sua concretezza nei giorni dal 28 aprile al 1 maggio 1915 quando si svolse all’Aja il Congresso Internazionale delle Donne per la Pace. 

Di quelle donne ci sono le foto (conservate presso la London school of economics): osservare i volti di queste antesignane di grandi lotte è commovente, riempie di orgoglio e di speranza rinnovata. Gli abiti lunghi e i cappelli non furono un ostacolo alle lunghe distanze che dovettero percorrere per ritrovarsi. Giunsero in Olanda da luoghi diversi ma le accomunava la consapevolezza che erano ugualmente pronte ad osteggiare l’orrore di quel conflitto. Convinte che fosse indispensabile agire perché si giungesse, sempre e comunque, a una soluzione pacifica delle controversie internazionali, anticipando quanto il presidente Wilson avrebbe ripreso nei suoi 14 Punti, alla conclusione della prima guerra mondiale. Le distingueva la certezza che ciò che rendeva simili uomini e donne appartenenti a popoli diversi fosse la necessità di mettere al primo posto i diritti e la dignità che le armi cancellavano.

Erano tante, considerati i tempi e le difficoltà organizzative: 1187 delegate provenienti da 12 paesi – belligeranti e non – presiedute dalla statunitense Jane Addams, pacifista, emancipazionista e riformatrice sociale, fondatrice della Chicago Hull, uno dei più importanti centri per l’accoglienza e il miglioramento delle condizioni di vita degli immigrati.

Erano tante e furono capaci di dare un segnale forte: il loro impegno mise in luce il contrasto esistente fra una visione esaltata e virile rispetto alla sensibilità di donne che quegli stereotipi avevano smascherato, denunciando il legame esistente fra guerra, povertà, ingiustizia e ruoli di genere.

La loro testimonianza oggi può aiutarci a capire in che modo opporci agli attuali e sempre più numerosi venti di guerra, come contrastare le economie capaci di inventare nemici contro i quali partorire sempre più terribili ordigni di morte.

La scrittrice Virginia Woolf mise bene in luce questa posizione di estraneità che le donne assunsero rispetto alla guerra nazionalista e le sue parole rappresentano un sentire comune: «Io in quanto donna non ho patria. In quanto donna, la mia patria è il mondo intero». 

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

 

 

 

Daniela Pia
Sarda sono, fatta di pagine e di penna. Insegno e imparo. Cammino all' alba, in campagna, in compagnia di cani randagi. Ho superato le cinquanta primavere. Veglio e ora, come diceva Pavese :"In sostanza chiedo un letargo, un anestetico, la certezza di essere ben nascosto. Non chiedo la pace nel mondo, chiedo la mia".

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