Contro il fascismo di Erdogan

Il 10 ottobre per Ocalan. A seguire l’articolo di Tania Paolino su una iniziativa solidale di avvocati italiani.

 

Sabato 10 ottobre, mobilitazione internazionale per la libertà di Ocalan

Manifestazioni a Torino, Milano, Bologna, Rovigo, Palermo…

  • Il Movimento NoMuos esprimerà la sua solidarietà internazionalista alla Resistenza del popolo curdo nel corso dell’assemblea regionale (dalle 16 al centro sociale Liardo a Niscemi).

A Roma: ore15 in piazza Barberini su questa piattaforma

Il risveglio sociale in Kurdistan e il suo appello per un mondo di giustizia sociale affascinano le persone di tutto il mondo che desiderano una democrazia radicale, la liberazione della donna e l’ecologia. Tuttavia, questa culla della speranza continua ad essere esposta ad attacchi: che si tratti della guerra di aggressione e occupazione della Turchia in Rojava / Siria settentrionale, la guerra contro il popolo del Kurdistan settentrionale e la guerra spietata contro l’opposizione democratica in Turchia da parte del regime dell’AKP, così come l’operazione militare in corso nel Kurdistan meridionale / Iraq settentrionale. Questa politica è tacitamente sostenuta dal governo tedesco e dall’Unione Europea.

In nessun luogo l’isolamento è più concreto che sull’isola prigione turca di Imrali. Qui il fondatore e mente del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), Abdullah Ocalan, è stato tenuto in detenzione dal 15 febbraio 1999. È stato l’unico prigioniero lì per oltre dieci anni. Nonostante le condizioni indescrivibili della sua prigionia, non ha mai smesso di sperare in una soluzione pacifica ai conflitti in Medio Oriente, soprattutto alla questione curda. Per diversi anni il governo turco ha negoziato con Öcalan per trovare una soluzione al conflitto. Inoltre, la stragrande maggioranza dei curdi è con Öcalan. 3,5 milioni di curdi lo hanno sottoscritto come loro rappresentante politico nel 2005/2006.

Allo stato attuale, lo Stato turco sta ancora una volta sottoponendo Öcalan a una politica di isolamento senza precedenti. Ogni visita del suo gruppo di avvocati o dei suoi familiari a Imrali è il risultato di lunghe lotte sociali. Così, migliaia di persone dentro e fuori le carceri turche hanno rotto l’isolamento di Imrali nel maggio 2019 con uno sciopero della fame che è durato per mesi. Dopo anni di diniego da parte delle autorità turche, hanno reso nuovamente possibili consultazioni legali presso Öcalan per un breve periodo di tempo. Tuttavia, dal 7 agosto 2019, il gruppo di difesa e Abdullah Öcalan sono nuovamente fuori contatto. La Procura della Repubblica non reagisce né positivamente né negativamente alle richieste settimanali di visite. Il governo turco blocca così ogni possibilità di negoziazione e una soluzione pacifica alla guerra in Kurdistan e in Medio Oriente.

Su Imrali, lo Stato turco non punta solo a isolare la persona di Öcalan. Le conquiste democratiche in Kurdistan e in tutto il Medio Oriente, che si basano sulle idee di Öcalan, sono ovunque l’obiettivo dell’attacco dello Stato turco e dei suoi partner. Öcalan è il pioniere ideologico del confederalismo democratico, un concetto di società democratico di base, liberato dal genere ed ecologico che rappresenta un contro-modello al modello di stato-nazione in crisi in Medio Oriente. Ha posto le basi teoriche e pratiche per il risveglio sociale nel nord della Siria, la liberazione dei curdi yazidi a Shengal e il progetto del Partito Democratico dei Popoli (HDP) in Turchia.

Nonostante le mura della prigione e le opportunità limitate, ha ispirato milioni di persone in tutto il mondo. L’isolamento su Imrali è quindi strettamente legato alla guerra contro il movimento democratico curdo e al suo modello di soluzione, il confederalismo democratico. Per questo motivo, la lotta per la pace e la democrazia nella regione può essere pensata solo insieme alla lotta contro l’isolamento di Öcalan.

Il 9 ottobre segna l’anniversario dell’inizio della cospirazione internazionale contro il leader curdo. Öcalan ha dovuto lasciare la Siria 22 anni fa il 9 ottobre 1998, sotto la pressione internazionale della Turchia e della NATO, e ha intrapreso un’odissea per un processo di pace che alla fine ha portato al suo rapimento dall’ambasciata greca a Nairobi da un’operazione di intelligence internazionale in Turchia. Questo giorno è un giorno di protesta, perché la situazione di Öcalan è considerata anche un metro per la situazione della società curda.

Chiediamo quindi una giornata d’azione decentralizzata contro l’isolamento di Abdullah Öcalan sabato 10 ottobre. Mobilitiamoci insieme per porre fine al sistema Imrali, chiediamo la libertà di Öcalan e rompiamo l’isolamento della sua persona e delle sue idee!

Partecipa alla giornata di mobilitazione con iniziative creative nelle tue città! Sollevati contro l’isolamento!

Roma sabato 10 ottobre ore 15 Piazza Barberini ,

Ufficio di informazione del Kurdistan in Italia (info.uikionlus@gmail.com)
Rete Kurdistan Italia (info@retekurdistan.it)

 

Firenze – Liberare Ocalan e tutt@ i/le prigionier@politic@ in Turchia – Sabato 10, SMS di Rifredi

In occasione della giornata internazionale per la liberazione di Abdullah Ocalan e di tutt* i prigionier* politici in Turchia: 

alle 18 la Compagnia Teatrale “Attori e Convenuti”, composta da avvocati e giuristi fiorentini, presenta “Fame di libertà” – reading dedicato alla storia di Ebru Timtik e Nasrin Sotoudeh, avvocatesse che attraverso lo sciopero della fame hanno scelto di fare delle proprie vite uno strumento di libertà.

dalle 19 interventi e dibattito con: un avvocato del collegio difensivo di Ocalan, un avvocato dell’ordine avvocati di Firenze, Erdal Karabey portavoce della comunità kurda toscana.

Comunità kurda toscana

Coordinamento Toscana per il Kurdistan

 

Alessandria per la liberazione di Abdullah Ocalan, presidio  h 16 via dei Martiri

Sono 50 mila i detenuti politici in Turchia, su una popolazione carceraria superiore ai 250 mila detenuti , sparsi in 386 carceri. Spaventose sono anche le condizioni carcerarie: torture, stupri, malversazioni, negazione delle cure, denutrizione..

Questa è oggi la Turchia di Erdogan, un’immensa prigione a cielo aperto.

Quello imposto ad Abdullah Ocalan che dura da oltre vent’anni, senza interruzioni nell’isola lager di Imrali, in mezzo al Mar di Marmara, una vera e propria”Guantanamo” d’Europa, rappresenta il più grande isolamento della storia umana.

Ocalan è oggi il prigioniero più prigioniero del mondo!

I suoi avvocati erano riusciti ad avere un colloquio con lui, in carcere, solo dopo il più grande sciopero della fame di massa della storia che, in Turchia, ha coinvolto più di 7 mila detenuti, di cui 9 persero la vita.

Esso venne sospeso solo quando il ministro della giustizia turco garantì che le visite degli avvocati e dei famigliari di Ocalan sarebbero proseguite.

Così non è stato, Ocalan continua ad essere in totale isolamento. Questo è anche l’isolamento del popolo kurdo e di tutti coloro che credono nella democrazia e nel cambiamento.

Per questo, lanciamo un appello a partecipare al PRESIDIO di SABATO 10 ottobre in Via dei Martiri in Alessandria alle or 16.00 per salutare l’inizio della Campagna per la liberazione di Ocalan e di tutti i detenuti politici in Turchia.

Vi chiediamo di diffondere, di partecipare e di portare tanti amici e compagni.

Alessandria per il Kurdistan

COMUNICATO DI RIFONDAZIONE COMUNISTA

Il 10 ottobre giornata di mobilitazione in Italia e in Europa

Il dirigente curdo Abdullah Ocalan arrivò a Roma il 12 novembre 1998 accompagnato da Ramon Mantovani, deputato di Rifondazione Comunista.

Ocalan venne in Italia, consapevole delle difficoltà che avrebbe incontrato, per illustrare all’Unione Europea, tramite il Governo italiano, una proposta di pace, nel tentativo di risolvere con l’azione politica il conflitto tra il popolo curdo e la Turchia.

Il dirigente del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), consegnandosi alla polizia italiana, sperava di ottenere asilo politico, ma le pressioni esterne e la minaccia di boicottaggio verso le aziende italiane spinse il governo D’Alema a ripensarci.

L’Italia non poteva estradare Ocalan in Turchia, Paese in cui era ancora in vigore la pena di morte (abolita nel 2002), né aveva intenzione di concedergli asilo politico. Fu così che, dopo 65 giorni, il 16 gennaio Ocalan fu costretto a lasciare l’Italia.

Il 15 febbraio 1999 Ocalan venne catturato in Kenya da agenti dei servizi segreti turchi e israeliani e portato in Turchia dove fu subito recluso in un carcere di massima sicurezza ad İmralı, un’isola nel Mar di Marmara. Il 29 giugno del 1999 dopo un breve processo venne condannato a morte. Il processo è stato giudicato “ingiusto” dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel 2005 e la condanna è stata commutata in “ergastolo aggravato”.

Le condizioni di detenzione a cui è sottoposto non hanno precedenti in Europa: da 21 anni Apo (zio, come viene chiamato affettuosamente) si trova ad affrontare un regime di isolamento e arbitrarietà.

Ha potuto incontrare raramente i suoi avvocati e familiari, le sue condizioni di salute sono precarie, ma non ha perso e non perde di vista la condizione del suo popolo.

Ha scritto numerosi libri sul suo progetto culturale, politico e organizzativo di una nazione democratica che si basa sulla partecipazione dal basso e i cui processi decisionali sono all’interno delle comunità.

Ocalan è l’ispiratore del “Confederalismo democratico”, per la costruzione di una società liberata dalle differenze di genere, per la difesa dell’ambiente, le cui basi teoriche e pratiche puntano al risveglio sociale che i curdi hanno attuato nel Rojava, nel nord della Siria, alla tutela dei curdi yazidi a Shengal ed al progetto del Partito Democratico dei Popoli (HDP) in Turchia. L’isolamento ad Imrali è quindi strettamente legato alla guerra contro il movimento democratico curdo e la sua proposta di soluzione della questione curda. Per questo motivo la lotta per la pace e la democrazia nella regione può essere pensata solo insieme alla battaglia contro l’isolamento di Ocalan e per la sua liberazione.

Allo stesso tempo, il sultano Erdogan continua la guerra spietata contro l’opposizione democratica in Turchia e questa politica è tacitamente sostenuta dall’Unione Europea che non commenta e non interviene, nonostante la volontà del governo turco di mettere al bando il terzo partito più grande della Turchia, il Partito democratico dei Popoli (HDP) colpito duramente dalla repressione. Solo il 26 settembre scorso sono stati 82 gli arresti. Ogni giorno, in Kurdistan (e nel resto della Turchia) si realizzano arresti di massa. Si tratta di insegnanti, politici, avvocati, giornalisti, rappresentanti delle istituzioni e associazioni per i diritti umani e sociali. Dei 65 sindaci eletti nel marzo 2019 nei comuni a maggioranza curda ne restano in carica solo 6.

La stragrande maggioranza dei curdi è con Ocalan. 3,5 milioni di curdi lo riconoscono come loro rappresentante politico e loro dirigente. Migliaia di persone dentro e fuori le carceri turche hanno rotto l’isolamento di Imrali nel maggio 2019 con uno sciopero della fame che è durato per mesi. Sono deceduti per sciopero della fame donne e uomini.

Dopo anni di diniego da parte delle autorità turche, le proteste hanno reso nuovamente possibili gli incontri di Ocalan con gli avvocati. Ma dal 7 agosto 2019, il gruppo di difesa e Abdullah Ocalan non si sono più potuti parlare. La Procura della Repubblica non reagisce né positivamente, né negativamente alle richieste settimanali di visite. Il governo turco blocca così ogni possibilità di negoziato e di una soluzione pacifica alla guerra in Kurdistan e in Medio Oriente.

L’isolamento non riguarda solo una persona. Ad Imrali lo Stato turco non punta solo a isolare la persona di Ocalan. Le conquiste democratiche in Kurdistan e in tutto il Medio Oriente, che si basano sulle idee di Ocalan, sono ovunque l’obiettivo dell’attacco dello Stato turco e dei suoi alleati tra cui l’Italia che ha dimostrato, e sta confermando, di non avere una politica estera degna di questo nome. Di non avere un ministro in grado di distinguere la salvaguardia dei diritti umani insopprimibili, dagli affari e dalla pura convenienza diplomatica (da Giulio Regeni a Patrik Zaky). L’Italia continua irresponsabilmente a fare affari in Turchia e l’Unione Europea continua a concedere milioni di euro al dittatore Erdogan affinchè controlli i flussi migratori. Non si tiene conto che la politica repressiva senza precedenti di Ankara si è già affacciata sul Mediterraneo.

Il 10 ottobre si svolgeranno in Italia e in Europa manifestazioni per chiedere la fine della detenzione di Ocalan, dare un forte segnale alla società curda e turca, e rompere l’isolamento che stanno subendo i partigiani e le partigiane curdi/e.

Sabato 17 ottobre a Bologna si riunirà la Rete Kurdistan Italia per definire progetti e iniziative da sviluppare in futuro.

Il Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea aderisce alle mobilitazioni e fa appello alle iscritte, agli scritti, ed ai sinceri democratici a organizzarsi e partecipare alle mobilitazioni.

Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

Avvocati in sciopero
della fame contro
la repressione turca

Contro la repressione di Erdogan

L’iniziativa è partita dalla Calabria, a opera di Francesca Pesce, direttrice del Dipartimento diritti umani dello stesso sindacato, e, nel giro di qualche giorno, ha ottenuto l’adesione di molti, tra cui lo stesso presidente Mga, Cosimo D. Matteucci, il responsabile di Pace, diritti umani e solidarietà internazionale per Arci nazionale, Franco Uda, il segretario nazionale di Rifondazione comunista Maurizio Acerbo, che l’ha fatto sapere dall’ospedale in cui era ricoverato per Covid-19, Domenico Lucano, quel sindaco di Riace che ha imposto al mondo intero un nuovo modello di accoglienza e inclusione.

sciopero della fame“Lo scorso 12 settembre, 55 avvocati sono stati arrestati con l’accusa di terrorismo per avere “agevolato” appartenenti alla organizzazione FETHO, quella di Fethullah Gulen che nel luglio 2016 mise in piedi quel tentativo di colpo di stato che diede la stura ad arresti e licenziamenti di massa”, scrive in un comunicato il direttivo nazionale di Mga. È ancora vivo il ricordo di Ebru Timtik, avvocato e attivista turca di origine curda, impegnata nella difesa dei diritti umani, che il 27 agosto scorso è morta in carcere dopo 238 giorni di sciopero della fame.

“Tra poche ore finiranno i miei tre giorni di sciopero della fame. Sono stati duri, mentirei se dicessi il contrario. Eppure, ogni volta che la fame sembrava più forte, pensavo che il mio, il nostro sacrificio di soli tre giorni è niente davanti all’impegno, al sacrificio di tanti e tante, non solo in Turchia. – ha affermato l’avv. Francesca Pesce – Ecco perché sono orgogliosa di quello che stiamo facendo e sono orgogliosa del fatto che lo stiamo facendo insieme a tanti e tante.  Siamo avvocati, di quelli che si guardano intorno, senza toga sulle spalle e nel cuore, ma con la passione di credere che le cose cambino con le azioni e l’impegno”.

Diritti negati, libertà violate

“Questa staffetta è un urlo per il riconoscimento dei diritti negati, delle libertà violate, della democrazia calpestata. – sostiene la collega Maria Teresa Pratticò – Le persone che vi aderiscono sono legate da un’unica grande esigenza, quella della tutela e della salvaguardia del bisogno di giustizia sociale. Noi partiamo da noi. E ci mettiamo il cuore”. Mentre Enzo Infantino, attivista nei campi profughi greci, che le politiche scellerate di Erdogan le ha viste riflesse negli occhi dei tanti curdi che ha incontrato e sostenuto, si dice “contento che questa protesta sia partita dalla nostra terra – la Calabria – la quale dimostra di avere donne e uomini che non si arrendendo e che combattono per un mondo migliore”.

Lo sciopero della fame è una forma di resistenza che in alcuni casi diventa estrema. Ma chi vi aderisce, e non solo in maniera formale, dimostra di avere a cuore quel diritto che, prima ancora di essere scritto, è impresso nella natura umana, ed è fondamento della società civile e della giustizia. La toga non è un inutile orpello, ma il simbolo di chi, quella giustizia, la vuole affermare sempre, fosse pure a chilometri di distanza. Perché, il suo contrario, cioè l’ingiustizia, ricaccia l’essere umano nella brutalità da cui faticosamente si è emancipato.

(*) ripreso da www.strisciarossa.it

LE DUE VIGNETTE – scelte dalla “bottega” – sono di Benigno Moi e Gianluca Costantini.

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

3 commenti

  • Daniele Barbieri

    da Anbamed (“notizie dal Sud Est del Mediterraneo”) del 13 ottobre 2020
    TURCHIA
    4 giornalisti sono in carcere per aver scritto articoli su una condotta dell’esercito nei confronti di due curdi arrestati e gettati da un elicottero. Uno dei quali è sopravvissuto alle ferite subite e ricoverato in ospedale. Adnan Bielen e Giamil Aughor di “Mesopotamia”, Shahribian Abi e Nazan Sala di “Jeen News” hanno denunciato il crimine compiuto dai soldati, intervistando parenti e testimoni oculari. “La polizia ha sequestrato cellulari e computer dei 4 giornalisti, per cancellare qualsiasi documento che possa incastrare gli ufficiali dell’esercito”, sostiene l’avvocato dei 4 giornalisti, Barish Offlas. I quattro vengono accusati di appartenenza ad un’associazione terroristica e rischiano fino a 15 anni di reclusione.
    Per ascoltare l’audio: https://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/anbamed/indice_1602569939.htm

  • “Il punto di non ritorno con la Turchia di Erdogan è stato superato da un pezzo ma si fa finta di nulla”, Alberto Negri, il manifesto del 17/10/2020
    https://ilmanifesto.it/con-la-turchia-siamo-al-punto-di-non-ritorno/

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