Contro vel-ENI (nei polmoni e sui media)

articoli di Elena Mazzoni, di Legambiente e di Tonio Dell’Olio

Giornata di mobilitazione contro ENI #EniKills

di Elena Mazzoni (*)

Le politiche, molto poco ambiziose dal punto di vista ambientale, messe in atto dai governi degli ultimi decenni, Sblocca Italia in testa, hanno reso il nostro Paese completamente dipendente dai combustibili fossili.

Il ruolo centrale in questo scenario appartiene ad ENI, il colosso fossile in parte a partecipazione statale, controllato dal ministero dell’Economia e delle Finanze per il 4,34% e da GreenDiesel Spa per il 25,76% e che rappresenta la cristallizzazione di una politica aziendale speculativa, che ignora completamente i territori in cui opera, dove si verificano pesanti ricadute ambientali e sanitarie.

Tutto questo condito dal tentativo continuo di restituire l’immagine di un’azienda attenta alle questioni ecologiche, come ha fatto nel caso dell’operazione, di puro marketing, di firmare con una mano l’impegno a ridurre le emissioni, in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, mentre con l’altra lavorava a un ulteriore incremento della produzione di idrocarburi.

Le mobilitazioni contro Eni sono diffuse in tutta la penisola perché tutta la penisola è ferita dalle molteplici attività dell’azienda: dalla Basilicata, dove c’è il più grande giacimento onshore dell’Europa continentale, fino ai siti industriali in cui le attività petrolchimiche di ENI hanno contribuito al disastro ambientale, come nel caso di Porto Marghera.

I suoi affari e interessi devastano comunità, territori e salute non solo in Italia ma anche in numerosi paesi del mondo, dalla Nigeria al Congo Brazzaville.

Eni è e rimane uno dei maggiori produttori di gas climalteranti al mondo e le false campagne di sostenibilità che mette in atto sono solo squallide operazioni di greenwashing neppure troppo riuscite.

Prendiamo il caso del loro tanto pubblicizzato #GreenDiesel che non è affatto #green, come ha detto la prima sentenza italiana contro il #GreenWashing che ha condannato il colosso fossile d’Italia a pagare 5 milioni di € di multa per pubblicità ingannevole.

L’olio di palma utilizzato per la millantata quota “Green” provoca gravissimi danni ambientali e deforestazione e la produzione di olio di palma è tra le principali cause nella distruzione delle foreste pluviali e della fauna selvatica.

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato infatti ha disposto, il 15 gennaio 2020, una multa di 5 milioni di euro nei confronti del colosso energetico italiano per «pratica commerciale ingannevole» in merito alla pubblicità «ENIdiesel+» che ha inondato giornali, televisione, radio, cinema, web e stazioni di servizio dal 2016 al 2019.

Una sentenza storica per pratica commerciale scorretta perché il cosiddetto “biodiesel”, prodotto con olio di palma, è insostenibile.

La sentenza rappresenta un segnale forte nei confronti delle compagnie di combustibili fossili e dei loro tentativi di rappresentare al pubblico i biocarburanti come rispettosi dell’ambiente e addirittura parte della soluzione alla crisi climatica.

Secondo uno studio per la Commissione europea, il biodiesel prodotto con olio di palma è tre volte peggiore per il clima rispetto a un prodotto diesel normale se si tiene conto delle emissioni indirette causate dalla modifica nell’uso della terra.

La sentenza, storica, è la prima che smaschera l’inganno perpetrato ai danni dei cittadini e dell’ambiente da ENI ed è anche la prima volta che si parla di greenwashing in un’aula di tribunale italiana.

Ora il Governo interrompa gli incentivi all’uso dell’olio di palma nel diesel, come da tempo chiedono le associazioni ed i movimenti ambientalisti.

ENI è parte in causa nella distruzione del nostro pianeta, della nostra casa e della crisi climatica attuale.

Bisogna cambiare il mondo della politica, bisogna cambiare il modo di produrre e commerciare perché abbiamo 8 anni per azzerare le emissioni.

Giustizia climatica è anche chiedere conto a chi, negli ultimi decenni, più di tutti ha compromesso irrimediabilmente ambiente ed esseri viventi.

Per approfondire i danni causati da ENI nei territori, consiglio l’approfondimento a cura del Centro Documentazione Conflitti Ambientali IL PAESE A SEI ZAMPE  http://cdca.it/wp-content/uploads/2019/10/esecutivo-eni-2019.pdf?fbclid=IwAR3uLTU22n9FoO5eb19SFUT5eKXwhTZTwt18vIO0Ic5kuus7zcnJT9AXNag

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(*) Elena Mazzoni è responsabile nazionale Ambiente del PRC-S.E.

Il comunicato di Legambiente

Oggi abbiamo vinto una causa contro Eni che nella pubblicità EniDiesel+ mentiva dichiarando questo carburante conveniente ed eco-friendly, senza il supporto di nessun dato concreto e senza rispetto per i consumatori e per l’ambiente. 

L’Autorità garante della concorrenza ci ha dato ragione. Non solo era falso, ma era vero il contrario: questo green diesel di verde ha solo il nome, e da oggi neanche quello.
Il greenwashing ha perso. Le bugie non sono più sostenibili.

Aiutaci a diffondere questa vittoria:

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    I consumatori hanno sconfitto Eni! Quello che pubblicizzano come green diesel di verde ha solo il nome, e da oggi neanche quello. Vai su Changeclimatechange e scopri quello che abbiamo fatto!

Oggi abbiamo vinto, ma ci aspettano tante altre sfide per il cambiare il cambiamento climatico.

Aderisci su ChangeClimateChange!

Lo staff di Legambiente

Eni carbura con Smith & Wesson

di Tonio Dell’Olio

«Compra un’arma Smith & Wesson fra quelle elencate qui sotto, presso uno S&W e Prima Armi ti fa il pieno. Per te in omaggio, una carta carburante ENI da 50 €». È l’annuncio pubblicitario di una rivista specializzata da cui si deduce che una multinazionale partecipata dallo Stato incoraggia l’acquisto di armi offrendo rifornimenti di carburante gratis. L’operazione va sotto il titolo: Carbura con Smith & Wesson. Giustamente il 27 gennaio scorso la deputata Rossella Muroni ha presentato un’interpellanza al ministro dell’Economia e delle finanze, che è il maggiore azionista, per comprendere il senso di questa accoppiata di armi straniere e petrolio. Insomma l’Eni – sottoposta a processo per corruzione in Nigeria e in Ecuador e imputata per danni ambientali in Montenegro e Kazakistan, nonché a Gela e a Potenza – si mette ora a promuovere l’acquisto (e quindi l’uso) di armi in Italia. Peraltro recentemente ha sottoscritto un accordo con l’Associazione nazionale dei presidi per proporre lezioni di educazione ambientale nelle scuole italiane (**) mentre prosegue “energicamente” nel sostegno di attività sociali e religiose verso realtà che per soldi si prestano a concorrere a “dare una mano di bianco” alla facciata dell’impresa. Non c’è che dire: le sei zampe del cane che rappresenta Eni sono ciascuna in scarpe diverse.

RIPRESO da www.mosaicodipace.it

(**) cfr Vel-Eni e greenwashing nelle scuole

Le immagini sono scelte dalla “bottega”.

 

Redazione
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