Cos’è successo il 21 marzo 2012?

a parte il ritorno di “Madonna Primavera”

di Fabio Troncarelli

Che è successo il 21 marzo, a parte il ritorno di Madonna Primavera? Beh, per esempio, il 21 marzo 2012 è morto Tonino Guerra, poeta in dialetto e in italiano, scrittore, pittore, sceneggiatore di «Amarcord» e di tanti altri capolavori.

Chi era Tonino? E’ difficile rispondere in poche parole. Facciamo così: vi faccio leggere una piccola favola che ha scritto un po’ per scherzo, un po’ sul serio. A Sant’Arcangelo di Romagna dov’era nato, c’è una piccola sorgente, racchiusa in una grotta che oggi è al piano inferiore di un ristorante squisito, La Sangiovesa. Sopra la fonte ci sono quattro grandi maioliche con le parole di Tonino Guerra.

La sorgente dei desideri

A proposito di questo pozzo sepolto nella grotta, si tramanda la storia di una giovane serva che si chiamava Penelope. Veniva tutti i giorni a riempire la caraffa per i signori Nadiani e lei, che non possedeva neanche uno specchio, si guardava nell’acqua limpidissima del pozzo. Un giorno Penelope vide accanto alla sua faccia anche quella di un giovane operaio che in quiel momento si stava specchiando nella cisterna del castello malatestiano in cima alle Contrade. Allora si è capèito che l’acqua sorgiva portava a galla anche i visi di chi si voleva sposare. E infatti Penelope si unì per tutta la vita a quel ragazzo lì. Magari la leggenda è vera e c’è speranza che valga anche per i giovani di oggi e sia per tutti l’acqua che rispecchia i desideri.

Ecco, Tonino Guerra era così. E se pensiamo che sua madre si chiamava Penelope e che a sua madre ha dedicato una poesia struggente, ci rendiamo conto che l’animo di questo eterno ragazzo si è specchiato nel desiderio di vedere apparire come in uno specchio magico il volto di questa donna che l’avrebbe atteso con la pazienza con cui l’altra Penelope attendeva Ulisse. La poesia è questa, nel suo dialetto arguto, sonoro, rapido e dolce come il canto dei merli. Leggetela in dialetto. Poi proverò a tradurla.

       I sacriféizi

Se mè ò studié

l’è stè par la mi ma,

ch’la fa una cròusa invéci de su nóm.

 

S’a cnòss tótt al zità

ch’u i è in chèva e’ mònd,

l’è stè par la mi ma, ch’la n’à viazè.

 

E ir a l’ò purtèda t’un cafè

a fè du pas, ch’la n’ vàid bèla piò lómm.

Mitéiv disdài. Csa vléiv! Vléiv un bignè?

I sacrifici

Se io ho studiato

è stato

per mia madre che invece

del suo nome fa una croce.

 

E se conosco tutte le città

in capo al mondo, pure questo è stato

merito di mia madre, che non ha

mai viaggiato.

 

E l’ho portata, ieri, in un caffé,

a far due passi, perché non ci vede

quasi più. “Venite qui, sedete.

Cosa volete? Volete un bigné?”

 

Non è strano che Tonino sia nato a Sant’Arcangelo, la “Piccola Atene” della Romagna dov’è nato anche papa Clemente XIV, l’amico di Ludovico Muratori (che invece era di Vignola) e della cultura, passato alla storia per avere soppresso l’ordine dei Gesuiti; o che di Sant’Arcangelo sia il grandissimo studioso Augusto Campana, che di Guerra fu professore e mentore. Sant’Arcangelo non è un posto come gli altri. Non chiedetemi perché. Chiedetelo ai suoi abitanti. Forse vi risponderanno con un motto di spirito, volterriano ed erasmiano, e vi indicheranno una lapide in via Costantino Ruggeri, a pochi metri della Sangiovesa e dall’Associazione Culturale Tonino Guerra, che promuove tante iniziative per ricordarlo, una delle più belle epigrafi che gli uomini abbiano mai scritto, che riassume così bene l’essenza della città e dei suoi abitanti:

Germano

Germano era calzolaio e assaggiatore di vino e acqua per conto di amici. Andava a piedi lungo il fiume e sulla groppa delle colline a cercare del Sangiovese con l’odore delle viole e l’acqua dei pozzi dei contadini che sapesse di menta.

Germano è morto che aveva 94 anni, povero, com’era sempre vissuto. I parenti hanno trovato un suo libretto di banca carico di soldi che lui si è rifiutato sempre di toccare. Erano gli assegni che da trent’anni gli arrivavano mensilmente per la morte nella grande guerra del giovane figlio ufficiale di artiglieria.

Come si vede, la Romagna non è solo il dolce paese dei “vitelloni” di Fellini e neppure dei “fanciullini” di Pascoli nato a sette chilometri da Sant’Arcangelo. E’ la terra degli uomini senza qualità, come Germano, che hanno la qualità di non volere altra qualità che la loro dignità umile, ferma, riservata, che consente di scoprire vini che odorano di viole come in un poema di Saffo. La terra degli uomini come Bartolomeo Borghesi, il più grande studioso italiano di archeologia dell’Ottocento, esule volontario a San Marino per sfuggire alla cieca ferocia delle guardie pontificie e inventarsi lì, sul picco di un non natio borgo selvaggio, l’Epigrafia romana e venire omaggiato dai più grandi studiosi di Europa, come Theodor Mommsen, disposti ad andare in pellegrinaggio nel suo eremo-prigione pur di non perdere una sillaba di chi altri volevano far tacere per sempre. La terra di Augusto Campana, il più grande studioso italiano di manoscritti e storia della cultura medievale e umanistica, imprigionato da ragazzo per avere nascosto in casa una rivista antifascista, che non si piega mai per anni e anni di fronte a chi gli dice di iscriversi al Fascismo, per avere almeno il pane quotidiano e che continua a studiare da solo, senza boria, senza gloria, fino a quando trova rifugio in Vaticano, esule anch’egli come Borghesi ma, ironia della storia, presso coloro da cui Borghesi era fuggito.

E’ questa la terra di Tonino Guerra. E Tonino non lo ha mai dimenticato, neppure quando era immerso nel vortice della “Dolce Vita” romana, all’apice del successo mondano, un successo che pure non disdegnava.

Dobbiamo a lui un’epigrafe in versi dedicata proprio a Campana, che fa a gara con quella dedicata a Germano ed esprime bene il senso profondo della tensione morale degli abitanti della sua piccola Atene, degna di Socrate e del suo umanissimo “sapere di non sapere”:

Zarchè

Mal mócci ‘d spazadéura ti cantéun

l’aréiva chi burdél a sfurgatè;

è ‘préim l’à impéi al bascòzi e pu u s’ n’è andè,

ch’la cólt un póing ad òsi e di butéun.

 

La bòcia ch’ la è ròtta e tótta in pézz

la pis ma quèll di véidar culurèd,

e cal burdèli al tó di pan strazèd

par la bumbòza ch’la péerd e’ sgadèz.

 

Mo quant chi à bén finéi da sfurgatè

e ven ch’l’aréiva éun e u n gn’è piò gnént;

e smèsa un po, e’ va véa cuntént,

che tótt e’ bèl, s’avéiv, l’è te zarchè.

Cercare

Ai mucchi d’immondizia nei cantoni

arrivano i bambini per frugare;

il primo, se n’è andato già – le tasche

gonfie di un pugno d’ossi e di bottoni.

 

La boccia, tutta rotta, cristallina

va al bambino dei vetri colorati;

segatura, con stracci sfilacciati,

da una bambola asciuga una bambina.

 

Ma quando hanno finito di frugare,

arriva un altro, ma non c’è più niente.

Rovista un po’. Poi se ne va ridente.

Sapete, tutto il bello è nel cercare.

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Un commento

  • Profondo ringraziamento a F.Troncarelli e a Dibbì.
    Santarcangelo è piena d’iscrizioni commoventissime, memoria viva di compaesanx.

    Contrada dei Signori, verso la Piazza delle Monache: piazzetta deliziosa con pini e panchine rivolta a ovest, dedicata (il 24set2011, 67° della liberazione del paese, 24set1944) al partigiano e poeta Serino Baldazzi (28ott1927-1°lug2005, sobria commemorazione qui: http://www.romagnagazzette.com/2011/09/26/onore-alla-liberta-e-a-serino-baldazzi-a-santarcangelo-si-festeggia-la-liberazione-dal-nazi-fascismo/):

    “Ora che sei dove si raduna il tempo che non ha memoria,
    e il canto dell’usignolo è solo un lamento che si aggroviglia ai rami degli ulivi,
    le notti non ci portano che lune sbiadite a cui abbaiano cani solitari e tristi.
    Serino
    antico navigante dalla testa franca!
    Nessuno di noi ormai conosce la tua strada;
    ma basta un frinire argentato di cicala o il volo di una rondine sui tetti
    e tu sei ancora qui con noi
    nel trillo del tuo mandolino che scherza lieto
    attorno alle finestre luminose della nostra infanzia.
    Ecco che rifioriscono nella mente tante serenate,
    il fremito del vento nell’albicocco dell’orto,
    il verso del merlo fra le fronde dell’alloro,
    il Campanone che batte mezzogiorno…
    E siamo ancora in giro per le nostre contrade
    nelle sere vagabonde ad ascoltare, dalle mura, il mare
    che brontola lontano sotto un arco di stelle
    laddove, forse, riprende la tua strada.
    Il tuo compagno d’infanzia Gianni Fucci”

    (3ott1928-14feb2019, anch’egli partigiano e poeta, bella commemorazione con bibliografia qui: http://www.comune.santarcangelo.rn.it/elementi-per-homepage/notizie/gianni-fucci-il-ricordo-del-sindaco-parma-201cci-ha-trasmesso-l2019amore-per-la-poesia-e-i-valori-di-liberta-e-giustizia201d — gli a-capo son quelli del pannello: più che versi, prosa poetica, splendida nella sua semplicità ricca d’echi preziosi, Montale, Rimbaud…)

    E di seguito, nel medesimo pannello: “La Cuntréda di Sgnéur” dello stesso SB:

    “No, vuilt a n’li cnusivi m’al cuntrédi,
    duvò ch’i evva la vòia ad cantê
    a pénza svolta, e duvò che tòtt’e dè
    stévti s’che chè me cór
    ch’i n’avness sò
    a lighé Gualfardi, Pachia, Buciòin,
    Libero, Tic Tac e i fiùl d’la Létra
    parché i piséva ad dòi la sòvva
    respiréar tra l’arbòtt dal ciaughi
    tròp da spess chi artai ad libertà”

    (“No, voialtri non le conoscete quelle contrade, / dove c’era la voglia di cantare / a pancia vuota, e dove tutti i giorni / … / che non venissero su / ad arrestare Gualfardi, Pachi, Buciòin, / Libero, Tic Tac e i figli della Létra / perché a loro piaceva dir la propria, respirare tra gli scarti del … [Ciaughi è anche un cognome locale, ma qui compare minuscolo] / troppo spesso nei ritagli di libertà”; accenti e punteggiatura ricopiati fedelmente; traduzione italiana citata a memoria, ché mi stufavo a copiarmi a mano anche quella, non possedendo lo smarfóne per scelta tecno-politica: scusate le lacune, nel web il testo non si trova: ottimo pretesto per una gita).

    Scendendo la Contrada verso il cimitero, altro giardinetto rivolto a ponente, meno intimo ma erboso e con fontanella, dedicato (il 24set2013, 69° della liberazione del paese) a Ida Semprini (14apr1897-6mag1970) detta “Ida dla Cana”, cioè credo “della Canna”, che non so chi o che cosa fosse ma m’informerò:

    “[…] Oltre a mettere a disposizione la propria abitazione sita in via Pozzo Lungo per riunioni clandestine e deposito di armi e munizioni, permetteva l’ascolto di Radio Londra, si prodigò anche nell’aiutare ed ospitare prigionieri russi concentrati nella vicina fornace Salci. Da lei e da Cornelio [il marito], il figlio Dervis giovanissimo e alcuni suoi coetanei apprendevano le prime nozioni di politica e furono avviati alla lotta contro i nazifascisti”
    (Gianni Fucci e Serino Baldazzi, La notte delle bandierine rosse. Vita a Santarcangelo tra fascismo e antifascismo 1919-1943: appunti per una storia, Pragma, 1°gen1994, 2a edizione ANPI di Santarcangelo, 2017).

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