Crc: i conti non tornano per i risparmiatori

di Davide Fabbri e Franco Faberi (*)

MATEMATICA FRANCESE? IL CONCAMBIO SBALLATO FRA AZIONI CASSA RISPARMIO CESENA E AZIONI CREDIT AGRICOLE CARIPARMA

Analisi sul concambio sballato che penalizza i risparmiatori-azionisti di Cassa Risparmio Cesena
CALCOLO DEL CONCAMBIO
Nessuno ci ha spiegato come è stato trovato questo valore di concambio sia per Cassa Risparmio Ce-sena che per Cassa Risparmio Rimini e Cassa Risparmio S. Miniato. Il risultato è uscito da “sotto il cilindro”, come il coniglio dell’illusionista, senza spiegazioni e chiarimenti di nessun genere.
La nostra precisa richiesta – durante l’incontro che il nostro Comitato Difesa Risparmiatori CRC ha avuto con la nuova dirigenza CRC il giorno 8 marzo 2018 – di poter vedere i calcoli che avevano portato al concambio, è stata inevasa:  “E’ un documento riservato” ci è stato detto. Allora abbiamo chiesto chi avesse realizzato quel documento. Ci è stato detto che ben due società hanno avuto l’incarico, ma che anche il nome delle società era riservato e non ci poteva essere comunicato.
A questo punto pieni di fiducia abbiamo provato a capire come potevano essere stati trovati questi numeri che – ricordiamolo – sono 0,070 per Cassa Risparmio Cesena; 0,032 per Cassa Risparmio Rimini; infine 0,043 per Cassa Risparmio S.Miniato.
Sappiamo che nè Crédit Agricole Cariparma, nè le tre banche italiane che vengono incorporate, sono quotate in Borsa, per cui non abbiamo valori commerciali precisi che ci permettono di stabilire il concambio con una semplice proporzione.
E’ comunque possibile arrivare a risultati validi attraverso l’uso di metodi indiretti – che ora andremo ad esaminare – per raggiungere valori che sono obiettivamente e oggettivamente corretti e quanto più possibile vicini al vero.
Siccome non dobbiamo stabilire il valore delle banche interessate, ma solo il rapporto fra i valori di una e le altre tre, è sufficiente analizzare alcuni parametri che sono valorizzati con precisione e oggettivamente paragonarli fra di loro.
Non sono operazioni difficili e onerose: occorre una lettura attenta dei bilanci delle banche coinvolte e una conoscenza adeguata degli argomenti di cui parliamo; tutto questo ci consentirà di fare un’analisi sufficientemente precisa e attendibile.
Facciamo alcune valutazioni di metodi comparativi/valutativi che possono aiutarci a ottenere questo “fair value” (“valore equo”) del concambio, esaminando i pro e i contro di ciascun metodo.
Abbiamo preso in esame 6 parametri per l’ottenimento del valore di concambio, ed esattamente:
1. Il numero degli sportelli (modificato in funzione delle prestazioni degli sportelli con il valore medio degli impieghi per sportello).
2. Il numero dei dipendenti (modificato in funzione delle prestazioni del dipendente con il valore medio degli impieghi per dipendente).
3. Il valore di libro delle banche, come da bilancio dell’anno 2016.
4. Il volume degli impieghi, come da bilancio dell’anno 2016.
5. Il valore dei costi operativi in rapporto agli impieghi, come da bilancio dell’anno 2016.
6. La redditività delle banche, come da bilancio dell’anno 2016 (togliendo le rettifiche di bilancio a copertura dei crediti deteriorati, in quanto a oggi i crediti deteriorati sono stati ceduti e non esistono più).
Dato che non tutti questi parametri hanno la stessa importanza, abbiamo effettuato una media “pesata”: quindi non una media semplice ma una media che appunto tenesse conto del diverso peso del parametro, ai fini della determinazione della valutazione delle banche.
Diciamo subito che quando si vogliono comparare aziende ai fini di determinare il rapporto dei valori fra di loro, il parametro più importante è la redditività. Pertanto abbiamo maggiormente valiutato la redditività, che ha un peso del 42%; al contrario gli altri parametri (numero sportelli, numero dipendenti) hanno un peso del 7%; il valore di libro pesa il 14%; i costi operativi in rapporto agli impieghi pesano ugualmente il 14%; e infine gli impieghi pesano il 21%.
A nostro avviso sono interessanti i dati ottenuti di raffronto fra le tre Casse di Risparmio assorbite e la capogruppo Credit Agricole Cariparma.
I dati sono eloquenti.
Cassa Risparmio Cesena è superiore alle altre due banche nel rapporto impieghi/sportello: 37,6 mil/sportello contro i 36,6 mil/sportello di Cassa Risparmio Rimini e i 25,1 mil/sportello di Cassa Risparmio S.Miniato, seppure lontana dai 59,9 mil/sportello di Credit Agricole Cariparma.
Possiamo quindi prevedere nel futuro prossimo un maggior efficientamento degli sportelli oppure una ulteriore riduzione degli stessi nel numero, per raggiungere lo standard della capogruppo.
Per quanto riguarda gli impieghi/dipendente, Cesena e Rimini si equivalgono: 3,48 mil/dipendente e 3,54 mil/dipendente per Rimini.  Distante S. Miniato con 2,96 mil/dipendente. Più efficiente la capogruppo Credit Agricole Cariparma con 4,66 mil/dipendente.
Infine anche il rapporto impieghi su costi vede prevalere ancora Cassa Risparmio Cesena in vantaggio con 37,7 mil/impieghi per milione di costi, contro 36,6 di Rimini e 25,1 di S.Miniato, contro i 59,9 di Credit Agricole Cariparma.
Le due banche romagnole si equivalgono, seppure con una leggera prevalenza di Cesena, mentre S. Miniato è più indietro, l’area critica riguarda i costi e un’efficienza generale più bassa. Quindi ci sarà da lavorare più su S. Miniato per raggiungere gli standard della capogruppo Credit Agricole Cariparma.
Ancora due considerazioni di grande importanza per la valutazione.
Tutti i dati che sono serviti per i calcoli sono stati desunti dai bilanci dell’anno 2016 delle quattro banche in questione: le tre assorbite, più l’acquirente Credit Agricole Cariparma.
Questa è già una condizione di estremo sfavore per le tre banche acquisite, in quanto l’anno 2016 per Cassa Risparmio Cesena e per le altre due Casse di Risparmio, è stato “annus horribilis”, cioè il peggior anno della loro storia di istituto bancario.
Ora che le tre ex Cassa di Risparmio sono state ricapitalizzate, che gli NPL (crediti deteriorati) sono stati ceduti, di fatto queste tre banche sono state risanate e possono ripartire alla grande, generando i redditi di alcuni anni fa; questo processo però richiede tempo per andare a regime, almeno 3-4 anni.
Pertanto incorporare le banche con i bilanci 2016 e determinare ora il valore di concambio, è un vero e proprio “inganno contabile”, in quanto appunto si vanno a comparare tre istituti appena risanati, che non hanno ancora avuto il tempo di ripartire, rafforzarsi e dispiegare tutti gli effetti benefici del risanamento, con una banca che già sta correndo forte da anni.
E’ un confronto privo di logica elementare: sarebbe come far correre un ottimo atleta, con diversi anni di allenamento giornaliero, con tre atleti appena usciti dall’ospedale, dopo una malattia che li ha portati vicino alla morte con una terapia che li ha salvati ma che è ancora in atto, per cui correranno dopo essersi appena alzati dal letto e con la flebo ancora collegata alla vena.
Tutto questo può essere un confronto possibile ed equo?
Sarebbe stato necessario far lavorare queste tre Casse di Risparmio, per almeno tre anni, e solo in se-guito fare una comparazione corretta dei valori.
Tutto questo non si è voluto fare, per due motivi essenziali.
Il primo è stato nei fatti già illustrato: penalizzare il concambio delle tre banche, penalizzare ancora di più i risparmiatori-azionisti, cercando di pagare il meno possibile le loro azioni.
Il secondo motivo è quello sotto indicato e riguarda i bilanci pregressi delle tre banche.
Ora le tre Casse di Risparmio, ma in particolare Cassa Risparmio Cesena, possiedono un “tesoretto fiscale”, anzi un vero e proprio tesoro fiscale, del quale Credit Agricole Cariparma vuole appropriarsi. E per realizzare questo scopo, deve incorporare la tre banche.
Solo Cassa Risparmio Cesena nei due anni 2015 e 2016, ha avuto perdite di bilancio per ben 444 milioni di euro.
Queste ingenti perdite portano ad avere un credito di imposta – già a bilancio – di ben 120 milioni di euro.
Questo credito di imposta appartiene a Cassa Risparmio Cesena e deriva dalle perdite, e allo stesso modo dalle perdite deriva l’abbattimento del valore delle azioni, da 16/18 euro a 0,50 euro.
Questo credito di imposta è stato pesantemente pagato dagli azionisti-risparmiatori, che hanno avuto una perdita che rasenta il 97,5% in conto capitale, e quindi appartiene in toto ai vecchi risparmiatori-azionisti, che hanno subìto una pesante penalizzazione.
Con gli utili futuri che potrebbe fare Cassa Risparmio Cesena si potrebbero recuperare questi 120 milioni di euro di credito di imposta e quindi gli azionisti ne beneficerebbero in termini di
dividendi o di aumento del valore del titolo.
In soldoni: facciamo qualche ragionamento molto concreto.
Se nel 2018 Cassa Risparmio Cesena facesse 30 milioni di utili lordi non pagherebbe le tasse sui 30 milioni di euro, pagando un’imposta di circa 13 milioni, ma avendo appunto maturato un credito di imposta pagherebbe le tasse solo sul 25% dell’utile, e quindi solo su 7,5 milioni, con una imposta di circa 2,5 milioni di euro.
Rimarrebbero nelle casse della banca ben 10,5 (13-2,5) milioni di euro in più e l’utile netto salirebbe a 30-2,5=27,5 milioni di euro, e non 30-13=17 milioni di euro.
Questo “giochino” si può fare senza limiti di tempo, fino al totale e completo recupero dei 120 milioni di euro, in un periodo presumibile di 10-15 anni.
Incorporando le tre banche in Credit Agricole Cariparma, questo tesoretto fiscale (oltre a quello di Cassa Risparmio Cesena vi sono anche quelli di Cassa Risparmio Rimini e Cassa Risparmio S.Miniato) viene portato all’interno della banca che incorpora, e considerando che Credit Agricole Cariparma fa utili di circa 250 milioni all’anno, in 2/4 anni tutti questi 120 milioni rimangono nella disponibilità di Credit Agricole Cariparma.
Un’operazione che grida vendetta, proprio perché questo vero e proprio “tesoro fiscale” discende direttamente dalle perdite di Cassa Risparmio Cesena e dalla conseguente svalutazione eccessiva del titolo.
Dal punto di vista etico, sono i vecchi azionisti – svalutati – che hanno diritto di beneficiarne, mentre in questo modo ne vengono completamente privati.
Infatti con il concambio proposto dai nuovi banchieri francesi, il valore di Cassa Risparmio Cesena è appena il 4,7% di Credit Agricole Cariparma, e pertanto i 120 milioni di euro vanno quasi tutti agli azionisti di Credit Agricole Cariparma, che nulla hanno a che fare con questo “tesoro fiscale”.
Tutta questa impostazione potrebbe essere accettata se le considerazioni di cui sopra fossero valutate nella determinazione del concambio proposto da Credit Agricole Cariparma, ma – come abbiamo visto – così non è.
Un’impostazione che non ha nulla di eticamente corretto ed equo.
Pur con queste pesantissimi limitazioni e penalizzazioni, il concambio da noi calcolato con il metodo sopra indicato (dati di bilancio 2016) risulta di ben il 90% superiore a quello proposto, ed esattamente il concambio proposto è 0,070. Il che significa che ci vogliono ben 14,28 azioni di Cassa Risparmio Cesena per ottenere un’azione di Credit Agricole Cariparma.
Con i nostri conti, il concambio corretto dovrebbe essere pari a 0,133. Il che significa che per ottenere un’azione di Credit Agricole Cariparma, servirebbero solo 7,52 azioni di Cassa Risparmio Cesena.
Considerando il valore del titolo Credit Agricole Cariparma pari a 5,80 euro, nel primo caso (concambio 0,070) l’azione CRC varrebbe 0,40 euro, mentre nel secondo caso (concambio 0,133) varrebbe 0,77 euro (un aumento del 90%).
Ci sembra proprio che oltre a una matematica “francese” molto originale, i francesi abbiano anche una filosofia assolutamente particolare, basata principalmente sul postulato:
“QUELLO CHE E’ MIO E’ MIO, E QUELLO CHE E’ TUO E’ MIO LO STESSO”
In definitiva: il concambio che noi proponiamo al valore di 0,133 euro, lo consideriamo corretto e oltremodo prudente, assolutamente conservativo, considerando che gli enormi benefici fiscali porterebbero il concambio a un valore ancora più conveniente per gli azionisti di CRC.
Alla luce di questa nostra inchiesta, a maggior ragione ribadiamo l’importanza e la ragionevolezza della nostra proposta avanzata alla nuova dirigenza di CRC. E cioè la costituzione di un fondo di ristoro – da mettere a bilancio della banca – al fine di risarcire gli azionisti, con importi congrui e adeguati. Non briciole o elemosine come si propone con l’OPA offerta pubblica di acquisto.
Crediamo che la nostra proposta sia una operazione indispensabile nella direzione della riacquisizione della fiducia da parte dei risparmiatori nei confronti dell’istituto bancario.
(*) Davide Fabbri e Franco Faberi sono portavoci del Comitato Difesa Risparmiatori Cassa Risparmio Cesena
LE VIGNETTE – scelte dalla “bottega” – SONO DI MAURO BIANI
Davide Fabbri

Un commento

  • Angelo galante

    Credo sia abbastanza chiaro l’intento dei francesi: spadroneggiare e conquistare, comandare, d’altronde i francesi sono maestri vista la storia, credo che sarebbe stato opportuno un intervento delle autorità di controllo (il Mise non potrebbe intervenire visto che si tratta di risparmi fiscali?) . Comunque dico che l’Opa deve essere rifiutata!

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