Cucine del popolo 2016 e 10 anni di «Stop al panico»

Due appuntamenti: a Massenzatico convegno internazionale il 30 settembre, 1-2 ottobre; a Bologna, città che sempre più si mostra come “laboratorio della repressione” il 1 ottobre incontro su «10 anni di Mutuo Soccorso per il diritto d’espressione» 

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La cucina dell’amore è da intendersi afrodisiaca, affettiva e solidale.
La prima punta alla seduzione e rientra nei preamboli di un rapporto sessuale; la seconda coinvolge la sfera sentimentale, qualsiasi età, e si traduce in un dono tanto più gradito in quanto disinteressato e spontaneo; la terza aggrega attorno alle grandi idealità utopiche le componenti sociali escluse dai privilegi alimentari gestiti dai potentati della gastronomia. In questi tre modi, il convegno affronta il far cucina finalizzato a relazioni personali, familiari e sociali, con una caratteristica precisa: il soggetto che opera nello scegliere gli ingredienti, nel cuocerli e nel presentarli, ha una relazione intima con essi e con il loro destinatario, anzi parla e comunica con il cibo, meglio che con la parola, dando vita a percorsi collettivi di liberazione.

La cucina afrodisiaca parte da un presupposto: gli ingredienti hanno un potere suggestivo e stimolante, coinvolgono il partner e suscitano in lui un piacere che è preliminare a un gioco sessuale. Essa quindi comporta un preciso rito, con due persone, con un menù a sorpresa, con un arredo scelto e intimo. La sorpresa è fondamentale. Anche se un piattone di paccheri può disarmare il partner maschile o femminile, sospingendolo verso una lenta digestione e un dolce sopore, il cibo deve esprimere la novità del rapporto, stimolare la curiosità, favorire la conversazione. Spesso queste finalità sono espresse da ingredienti costosi, da piccole porzioni, da abbinamenti singolari: ostriche che sembrano vive, beccacce dal sapore persistente, coinvolgente, salmone rosa, un rosa nudo. Le bevande alcooliche non giocano un ruolo determinante, anzi è il simbolico champagne che ha sempre dominato, anche se oggi non mancano vini meno ovvi, da seduzione. La competenza di chi invita e lascia parlare il cibo è fondamentale.

La cucina d’amore è invece dono, senza contropartita immediata. Si fonda su una conoscenza sentimentale intuitiva o profonda di colui e di coloro che la ricevono; come la precedente è un atto unilaterale e spontaneo ma senza altro scopo che quello di stimolare la gratitudine. Una relazione di parentela, l’amicizia, l’affetto sono all’origine di piatti che appartengono alla memoria sia di colui/colei che offre sia di quanti ricevono. È possibile che la novità entri nella scelta degli ingredienti di un piatto, ma essa opera in un patto di reciproca gratificazione in cui chi l’ha preparato gioca un ruolo disinteressato, chi lo riceve deve semplicemente apprezzarlo. Mamme e padri, amiche e amici, compagne e compagni al momento del pranzo o della cena si ritrovano davanti a un cibo che parla il linguaggio di chi l’ha preparato e di chi lo consuma. Il piattone di paccheri o una gialla polenta possono essere gesto d’amore, mentre ostriche e tartufi suonerebbero fuori posto. Va da sé che una ricetta non basta per descrivere la cucina dell’amore ma essa richiede un’indagine preliminare di chi offre e di chi riceve e serberà forse un ricordo durevole.

Infine la cucina solidale che abbraccia il popolo tutto. Essa rappresenta, fin dalla nascita del socialismo, un laboratorio di sperimentazione legato alla gastronomia povera e diffusa, locale e generale, che ha saputo unire i suoi momenti più significativi, alle scadenze del movimento operaio.
La tavola proletaria, a partire dalla Prima internazionale dei lavoratori, è stata una forte realtà sperimentale e irregolare con le cucine comuniste, socialiste e libertarie; con gli spazi sociali, mutualistici e cooperativi; con i presidi del conflitto, della lotta e della resistenza; con i luoghi aggregativi delle bettole, cameracce e osterie. Proprio lì si sono manifestati i legami più stretti fra vino, cibo, ideali, fratellanza e affetto.

Massenzatico (Reggio Emilia): 30 settembre, 1-2 ottobre 2016

Le cucine dell’amore – Les cuisines de l’amour – The kitchens of love – Las cocinas de amor – die Kuchen der Liebe – La kuirejoj de amo

convegno internazionale

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Care amiche e cari amici, care compagne e cari compagni,

sono passati quindici anni da quando, con il caro Gino Veronelli, abbiamo costruito questo laboratorio sperimentale – unico nel suo genere – che ha saputo unire gastronomia e convivialità, solidarietà e aggregazione, autogestione e autoproduzioni.

Fin da subito definimmo in modo coerente “lo stile libero” delle cucine del popolo: azionamento dal basso, carattere assembleare, zero profitti, tanta solidarietà e nessun finanziamento pubblico.

Naturalmente non eravamo soli in questa avventura avvincente che continua tuttora.
Con noi c’erano un gruppo di artisti d’avanguardia, un nucleo di librai militanti, una bella squadra di professori di storia contemporanea, una rete di giovani libertari e soprattutto una formidabile schiera di cuoche rosse capaci di produrre – in progress – un quintale di cappelletti fatti a mano.
Dopo una lunga ricerca nei luoghi topici del socialismo reggiano trovammo un spazio straordinario a Massenzatico – vicino a Reggio Emilia – dove nacque la prima “casa del popolo” in Italia, nel 1893.

In questi anni di intensa attività abbiamo realizzato innumerevoli iniziative, incontri, presentazioni, feste e degustazioni, a partire dai 6 convegni internazionali delle cucine: letterarie, popolari, rivoluzionarie, utopiche, visionarie e solidaristiche.
Hanno partecipato ai nostri eventi, fra gli altri, Gianni Mura, Maurizio Maggiani, Edoardo Sanguineti, Libereso Guglielmi, Pino Cacucci, Paolo Nori, Stefano Raspini, Giuseppe Caliceti, Carlo Lucarelli, Ivanna Rossi, Isabelle Felici, Michela Zucca, Natalia Caprili, Priama Gelati e Fiamma Chessa.
L’architettura dei convegni di studi storici è stata allestita dai professori Alberto Capatti, Giorgio Sacchetti e Federico Ferretti e ha visto la presenza di tantissimi ricercatori.
Hanno recitato e cantato per noi Alessio Lega, Cecio e gli Spavaldi, Les Anarchistes, Don Pasta, Mara Redeghieri, Fabio Bonvicini, Francesco Benozzo, Berretto Frigio, Max Collini, Jukka Reverberi e tanti altri.
In questo panorama di “gran classe” non ci siamo fatti mancare maghi, inventori, profeti, sapienti e indovini. Non solo, sui nostri palchi si sono confrontati vignaioli, contadini, rezdore, liquoristi, cuoche e cuochi, con in testa il Barone Rosso della Lunigiana, unico chef in possesso del ricettario dell’utopista.
A Massenzatico sono passati studiosi spagnoli, francesi, svizzeri e tedeschi, dando un grande valore internazionale alla nostra esperienza. Abbiamo ospitato svariate cucine etniche: balcaniche, americane, indiane, africane e gitane, superando barriere nazionali e culturali.

In questi anni difficili, le Cucine del Popolo hanno saputo dare parola tanto alla «cuoca di Lenin» quanto alla «cuoca di Durruti».
Dalla nostra “officina del piacere” si sono riscoperte le migliori ricette della tradizione sociale, a partire dalle tagliatelle dell’Internazionale alle insalate dei comunardi, dai cappelletti antifascisti ai tortelli socialisti, dai lambruschi proibiti ai liquori proletari.
Quindi abbiamo scoperto i luoghi della tavola proletaria: le camere del lavoro per i veglioni socialisti, le cucine comuniste dei sindacalisti rivoluzionari, le osterie senza oste degli anarchici e le vecchie cameracce dei repubblicani.

Le Cucine del Popolo, a detta dei partecipanti alle precedenti edizioni, hanno saputo trasmettere forti emozioni, regalando momenti unici in un clima di autentica solidarietà.

Con il professor Capatti abbiamo messo a punto “l’indirizzo culturale” del prossimo convegno, che si preannuncia fin da ora, grazie ai suoi importanti ospiti, un evento fuori dal comune.
Questa volta affronteremo un tema esagerato.
Parleremo dell’amore, dell’affetto, del sentimento e del socialismo nella dimensione libertaria di sempre.

Vi aspettiamo tutte e tutti a Massenzatico come sempre.

 

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2006-2016: 10 ANNI DI MUTUO SOCCORSO PER IL DIRITTO DI ESPRESSIONE

1 OTTOBRE

@ XM24 – VIA FIORAVANTI 24

ore 16

STOP AL PANICO!

incontro con avvocat* impiegat* a difendere chi è attiv* nelle lotte sociali

ore 20

cena di autofinanziamento

ore 21

Two Hicks One Cityman (live tra soul e space rock)

ore 22

Cassonetto Crew (serata disco-trash-revival)

INFO: mutuosoccorso.noblogs.org, mutuosoccorso@autistici.org

 

2006-2016. L’associazione di mutuo soccorso per il diritto di espressione giunge quest’anno al suo decennale e per l’occasione invita tutte e tutti a una giornata di confronto, dibattito e festa. L’associazione di mutuo soccorso, come da atto costitutivo, «si propone di contrastare i soprusi e le prevaricazioni del sistema giuridico-militare diretto alla repressione dei reati sociali nell’ambito di manifestazioni, picchetti, presidi, scioperi spontanei, occupazioni, volantinaggi, affissioni di manifesti, stampa, diffusione di idee…». In adesione a questi princìpi nel corso degli anni abbiamo cercato di dare, nei limiti delle nostre possibilità, la massima solidarietà morale e materiale a chi è stat@ perseguitat@ dai numerosi procedimenti penali, fogli di via e misure cautelari piovuti a Bologna e in provincia.

L’associazione ha svolto – programmaticamente – attività solidale territoriale, nonché altre attività che hanno lo stesso fine sia a livello locale che nazionale o internazionale. Non ci sfugge la necessità di un coordinamento più ampio che abbiamo – in tutti i modi – sollecitato e favorito.

Contemporaneamente pensiamo che le sovrastrutture non servano se non nascono dalle necessità e della volontà di base.

Abbiamo fatto pervenire – nel limite delle nostre possibilità – un sostegno solidale ad alcune/i compagne/i colpite dalla repressione per i reati di devastazione e saccheggio a seguito dei fatti di Genova del 2001 e della lotta No-Tav. Perché lì c’eravamo tutte/i e la loro lotta è la nostra lotta.

Il contesto in cui cade questo decennale indica, tuttavia, che non vi è nulla da festeggiare. Era già noto come Bologna fosse a tutti gli effetti un laboratorio della repressione utilizzata per prevenire i conflitti sociali.

Basti pensare ad esempio all’incredibile somma di 3.500 denunce promosse dalla questura a carico di attiviste e attivisti nel solo recente periodo compreso tra il 2009 e il 2013. Processi spesso del tutto inconsistenti e quasi sempre caduti in un nulla di fatto, certo, ma tuttavia promossi in un’ottica consapevolmente “preventiva”: cioè deliberatamente mirati a fungere come deterrente dal compiere ulteriori attività sociali di tipo conflittuale. Un accanimento giudiziario che va sommato ad un atteggiamento costantemente persecutorio e violento inscenato da parte della Digos e dalle forze di polizia in divisa, soprattutto verso i più giovani che si affacciano per le prime volte ai movimenti.

Ma è nell’ultimo anno che anche i numeri raccontano una realtà che, se osservata da lontano, potrebbe far pensare all’esistenza di una vera e propria guerra civile. In soli dodici mesi sono state elargite 500 denunce a carico di attivist* per attività sociali di ogni genere, 25 misure cautelari di natura quasi sempre custodiale, addirittura 19 sgomberi di immobili occupati. Tanto per capirci, molte più denunce di quanto non sia avvenuto per reati come lo spaccio di stupefacenti o per diversi reati contro il patrimonio; molte più energie umane ed economiche di quante non ne siano state impiegate nella lotta alla mafia o alla corruzione. E, soprattutto, un aumento sconsiderato della militarizzazione e dell’uso della violenza da parte delle forze dell’ordine, nelle piazze così come durante i numerosissimi sgomberi: le pubbliche manifestazioni, ormai, sono di fatto regolarmente ostaggio di una surreale strategia della tensione voluta e attuata dalla questura.

Tale eccezionale dispiego di forze nel tentativo di contenere ogni manifestazione di dissenso rappresenta ovviamente un enorme costo a carico della collettività, in termini sia economici che sociali. Quando si parla di fondi per la sicurezza, a Bologna, bisogna sapere che grossa parte di quei fondi già oggi è spesa per il contrasto del “movimento antagonista”. Un costo molto salato che, evidentemente, rappresenta l’ultimo e unico argine che la governance cittadina ha da opporre ad un crescente malessere sociale.

Il tentativo di soffocare sotto la ben nota retorica della legalità qualsiasi fenomeno di conflittualità sociale rappresenta una faccia della stessa medaglia. Man mano che perde credibilità e appeal, come ci dimostrano anche i dati delle ultime elezioni, la politica di palazzo si trincera nelle sue stanze allontanandosi sempre più dai problemi reali delle persone. Diventa così una questione di sopravvivenza cercare di erodere ogni spazio di agibilità politica a chi sceglie di non rassegnarsi al degrado sociale che le politiche dei Merola di turno irrimediabilmente continuano a generare.

Di tutto questo intendiamo parlare nel pomeriggio di sabato 1° ottobre, dalle ore 16, presso l’xm 24, invitandovi a partecipare quanto più numerose/i possibile

Redazione
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