Del Popolo Riolo e Zelazny in edicola ovvero…

quando Urania è meravigliosa

di Diego Rossi. A seguire una “dichiarazione di voto” dell’incauto db

La fantascienza italiana degli ultimi anni attraversa un periodo prolifico e sperimentale in cui si evidenzia un forte legame con la cultura contemporanea e che risponde in modo originale alla migliore produzione in lingua inglese. Come direbbe Bruce Sterling: “In letteratura le classificazioni sono doppiamente sgradevoli, perché l’autore a cui viene attribuita un’etichetta si sente incasellato, chi non ce l’ha si sente trascurato”. Senza cercare dunque coordinate rigide per questa produzione, esiste tuttavia un punto di forza o di ispirazione comune. Le storie più convincenti vanno cercate fra gli autori e le autrici che hanno coraggio con il desiderio di partecipare e di elevarsi dal più sicuro escapismo e catastrofismo. Da tutto il mondo rispondono al richiamo di Ursula K. Le Guin (*) che – nel discorso di ringraziamento per aver ricevuto il prestigioso National Book Award (2014) – disse: “Sono in arrivo tempi duri, e avremo bisogno delle voci di scrittori capaci di vedere alternative al modo in cui viviamo ora, capaci di vedere, al di là di una società stretta dalla paura e dall’ossessione tecnologica, altri modi di essere, e immaginare persino nuove basi per la speranza. Abbiamo bisogno di scrittori che si ricordino la libertà. Poeti, visionari, realisti di una realtà più grande”.

Le antologie italiane di valore non mancano, le case editrici piccole e grandi presentano nuove voci accostate a quelle più note. E poi arriva finalmente novembre: da diversi anni chi vince il premio più atteso e prestigioso, l’Urania italiano, lascia il segno.

Il Pugno dell’Uomo” di Davide Del Popolo Riolo – d’ora in poi DDPR per brevità- ha vinto il Premio Urania 2019 ed è stato appena pubblicato su Urania 1684 (**). Un romanzo coraggioso, in cui l’efficace tecnica narrativa e il talento non comune si fondono in un notevole intreccio, illuminandosi di rivelazione intima e di contenuto. Il primo punto di contatto va forse a Terra Infranta di McDonald. L’approccio di DDPR è scientifico-politico ma rivela anche una spiccata audacia intellettuale, snellendo e moderando le derivazioni fantastiche tipiche di McDonald (se prendiamo lui a paragone). DDPR trova una soluzione essenziale, corale, più introspettiva nella scelta di molte voci narranti, storie della/nella storia.

Un romanzo raro che si legge con gli occhi della mente e con quelli del cuore. Una forte denuncia della politica coloniale e della ricerca di “capri espiatori”. A me sono venute in mente anche certe suggestioni di Mike Resnick ma qui c’è la scelta di un mondo “vittoriano” nella versione steampunk. Dunque siamo catapultati a tratti nella Londra di Gibson (ad esempio Inverso) che si fonde alla Parigi illuminista, alla Roma imperiale e a un “matriarcato” senza tempo. Richiami sfumati che forse aiutano a tracciare la geografia letteraria di un mondo senza nome e di una Città in bilico tra privilegio, uguaglianza, odio “razziale” e ingiustizia sociale.  

[Anton] Fece una smorfia e si sforzò di vedere meglio: il bancone della mescita era vuoto, così come i due tavoli non apparecchiati. Un uomo dagli occhi vacui e l’abito rozzo gli ficcò in mano un volantino. ‘Il Pugno dell’Uomo’ gli spiegò quello in un accento plebeo tanto rozzo che ebbe difficoltà a capirlo […]

Una nuvola di fumo spesso e acre dominava la sala. Un lungo tavolaccio di legno circondato da sgabelli, su cui erano seduti pochi rozzi bifolchi […]

Distolse lo sguardo da tutta quella volgarità e così notò che al muro era appesa un’insegna: un grande pugno chiuso disegnato in modo orrendo, in colori cupi e poco appariscenti. Si sentì terribilmente solo e si chiese che ci faceva lì […]

All’altra estremità della sala, un uomo di aspetto mediocre era in piedi a concionare. Il volto comune e gli abiti dozzinali gli fecero storcere la bocca. L’uomo continuò a parlare, gesticolando con movimenti ampi, eccessivi […]

Pochi minuti dopo si accorse che il cuore gli batteva forte e la gola si era seccata. Non era ciò che l’uomo diceva, riusciva appena a capirlo. Non era come lo diceva: il suo stile oratorio era rozzo e volgare, le braccia che mulinavano in aria, la faccia piena di smorfie. Non era questo, no. Era la forza, la violenza, la passione che sentiva provenire da lui. Era l’odio. L’uomo vibrava di odio compresso e pareva pronto a esplodere. Si sentì d’improvviso pieno di volontà, di energia e di ispirazione. […]

«Gli umani devono stare uniti! Uniti come le dita di un pugno chiuso! Un’unione, una comunità! Siamo sotto attacco, quando lo capirete? Dobbiamo difenderci per sopravvivere! Difenderci! Difenderci! La mescolanza di razze distruggerà la nostra Città! La mescolanza di razze porta solo all’abominio e alla malattia! La malattia! La malattia sta per arrivare! Ci distruggerà se non ci difendiamo!» Gli occhi dell’uomo sembravano brillare, mentre la sua voce si alzava in toni sempre più veementi «Per salvare gli umani dobbiamo annientare gli inumani! Annientare i putridi uomini-pesci, disgustosi! Annientare i sabbiosi, schifosi! Ma soprattutto dobbiamo annientare i più pericolosi di tutti: i perfidi succhiatori, che rapiscono i nostri bambini per nutrirsi di loro! Annientare i succhiatori!»

L’uomo piombò di schianto sulla sedia, esausto. Era sudato fradicio e pareva svuotato. Anton si alzò di scatto, applaudendo con tutti gli altri, sentendosi felice per la prima volto dopo molto tempo.”

Un ulteriore livello narrativo si sovrappone al primo, è un richiamo intimo che tocca le corde dell’anima. Un’amicizia impossibile, la geniale caratterizzazione del connubio tra i diversi: fra pallidi (non posso spoilerare) e umani. Il gioco sottile fra la promiscuità che varca i confini dell’amore e apre a quel contrasto tanto caro alla tragedia greca.

Su un biglietto di quel periodo c’erano due versi di una poetessa pallida che lo avevano colpito:

Per sempre, i giorni che abbiamo trascorso.

Per sempre i giorni. Per sempre l’amore. Per sempre le ore.

Mi scrisse che li dedicava a me, suo fratello di sangue, e io confesso che mi commossi. Bagnai quel biglietto con le mie lacrime.”

Amicizia, giustizia, amore, tradimento emergono nella ricostruzione di un mondo altro, ma anche nei sentimenti di due ragazzi: Dick Oleander – un pallido – e l’umano Benjamin Caster.

Fra gli altri personaggi impetuosi spiccano Deirdre – il tecnicismo dello scrivere in seconda persona si rivela nel clamoroso finale – e Alex ma anche Anton, Jana e Derrick.

Il Pugno dell’Uomo” è sicuramente il romanzo più compiuto di Davide del Popolo Riolo. L’autore vince dopo essere arrivato già in finale col suo Übermensch (***).

Vale la pena riportare una riflessione scritta da DDPR al termine dell’ultima stesura di questo romanzo, e che esprime al meglio il duro lavoro e il grande merito dei tanti professionisti del settore: “Forsyth una volta scrisse che, scomparsi i guardiani dei fari, scrivere è l’ultimo mestiere che richiede necessariamente solitudine. In effetti, esclusi i romanzi scritti a quattro mani, che comunque non sono molti, è un lavoro che si fa meglio da soli, e probabilmente è anche per questo che mi piace farlo.

Quando si pubblica un romanzo con Urania, però, si scopre che non è più del tutto così. Un romanzo Urania passa attraverso molte mani, e ora che l’uscita si avvicina mi sembra il momento giusto per ringraziarle. Per prima ovviamente la mia editor, Anna Pullia, è stata bravissima e il suo lavoro mi ha consentito, tra le altre cose, di approfondire e sviluppare il carattere dei miei personaggi. Tra l’altro, mi sono accorto di aver sempre lavorato con donne come editor (lei, Giulia Abbate, Elena Di Fazio) e ogni volta mi sono trovato benissimo, sarà un caso? Poi naturalmente Franco Forte, il curatore di Urania. Non solo ha dato fiducia al mio romanzo, premiandolo, ma mi ha indotto a modificarlo e svilupparlo, consigliandomi come farlo. Il testo che leggerete è molto diverso da quello arrivato in Mondadori, e se è migliorato è in gran parte merito suo. Soprattutto mi ha fatto capire che un romanzo si scrive per i lettori, non per noi stessi. Infine, le due bravissime redattrici di Urania, che non conosco personalmente, che hanno curato le ultime limature del testo: Federica e Alice. A loro merito, hanno trovato ancora piccole cose da aggiustare dove pensavo non ce ne fossero più. Come dicono gli scrittori ‘veri’ in questi casi: la responsabilità per ogni difetto, errore o cosa che non vi piace rimane comunque totalmente mia!”.

Ma novembre non finisce qui!

Imperdibile è Urania Collezione 214 è disponibile ovverio la riedizione di “La pista dell’orrore” di Roger Zelazny – un genio – finalmente proposto nella versione integrale.

Merita una citazione (come ulteriore omaggio alla letteratura italiana) il racconto lì inserito come contenuto speciale: è della vincitrice Urania dello scorso anno, Francesca Cavallero. Una storia che sorprende e cattura, che si ispira alla forza della musica e dei sentimenti. Le descrizioni ampie di “Dimenticare gli uragani” caratterizzano, incidono e meravigliano. Ecco un frammento: “Quando i raggi del sole s’incrinavano sulle vetrate per poi infrangersi in tutto il quartiere, i colori dei vecchi palazzi cambiavano, scaldandosi nelle sfumature occulte della pietra. L’opulenza dei colonnati barocchi, l’eleganza temprata e bruna delle statue equestri, le guglie acuminate, tetre di leggerezza antica, erano una sinfonia grandiosa e imperfetta nel contrappunto freddo dei grattacieli circostanti, fitti orditi di vetro e metallo. Linee curve contro linee rette, sfumature contro riflessi. Mi piaceva osservare il dialogo delle forme e, anche se non sapevo dare un nome a ciò che vedevo, i miei occhi di bambina si riempivano del panorama, esfoliato fra i secoli, che la città offriva. Il grande fiume scorreva lentamente, il nastro delle sue acque era una pennellata d’oro fra i quartieri opachi.

Due bei libri e chissà se a novembre gli edicolanti si sorprendono che Urania venda di più. Certo esiste anche la lettura digitale, ma resto dell’idea che i libri importanti è sempre piacevole sfogliarli, custodirli in libreria, nel vecchio senso romantico di Ray Bradbury: una pagina stampata, amica, insostituibile ricordo di un’avventura.

NOTE:

(*) Citazione tratta dalla prefazione alla splendida antologia “Mondi Paralleli, il meglio della fantascienza italiana indipendente del 2019”, a cura di Carmine Treanni. Senza dimenticare “Distopia” (antologia Urania di luglio 2020) in cui Franco Forte nella sua prefazione pone un collegamento tra il periodo difficile della pandemia e la selezione dei racconti proposti. Vedi anche http://www.labottegadelbarbieri.org/urania-manda-in-edicola-distopia/

(**) A contorno i tre ottimi racconti finalisti dell’Urania Short: Il Patch, Luigi Calisi. The Body Print, Giada Cecchinelli. Un patto equo, Michela Lazzaroni.

(***) “Lui si sentì schiacciato dalla potenza del sentimento dell’altro e si appoggiò allo schienale della poltrona, quasi a proteggersene. Non se lo era mai domandato, in effetti. Non aveva mai avuto il tempo di domandarselo. Aveva sempre considerato Übermensch come un terremoto o un’alluvione. Ha senso odiare un terremoto? Certamente no.

In quel momento, forse per la prima volta, capì che Übermensch non era un fenomeno naturale ma un essere intelligente che aveva consapevolmente deciso di servire il male. Aveva ucciso di persona migliaia di esseri umani, se non di più. Aveva distrutto città e intere nazioni. Aveva permesso a un regime cupo e sanguinario, il peggiore che fosse mai apparso, di dominare il mondo. Pensò a tutto questo e poi alla propria famiglia e agli amici e d’improvviso sentì di odiarlo. Di odiarlo come non aveva mai odiato nessuno.

Übermensch, vincitore del Premio Italia 2020, è un atto di amore per la storia, per la letteratura e per la fantascienza. Molto sperimentale: si alternano almeno tre voci narranti che ricostruiscono una realtà ucronica post bellica, in cui i nazisti e i fascisti hanno avuto la meglio sugli alleati. Il punto di forza è lo stile, calato perfettamente nelle ambientazioni; è curata la ricostruzione degli ambienti, si alternano scenari e descrizioni particolareggiate di città, treni, partite di calcio, dell’abbigliamento e delle forme verbali del periodo. La storia di due spie – Clara e Giuseppe (Henry) – scivola fra personaggi storici. Il rischio di non essere credibili è alto, soprattutto quando si avvicinano argomenti spinosi, come la descrizione di un iceberg gettato sulla Casa Bianca, o il povero Asimov deportato in un campo di concentramento. Eppure, con meraviglia e maestria, questi avvenimenti così puramente fantastici, non appesantiscono, ma sono resi credibili. Tra i minori è il personaggio di Roosevelt quello descritto con maggior precisione: commovente, determinato, eroico. La parte più avvincente è il finale, il passo narrativo accelera, l’ultima pagina arriva come una manciata di sabbia negli occhi.

(****) Francesca Cavallero, Le ombre di Morjegrad, vincitrice Urania 2018, presentato nella bottega qui: http://www.labottegadelbarbieri.org/urania-lesordio-di-francesca-cavallero/

 

UNA NOTICINA di db corredata da una (incauta?) dichiarazione di voto

Non ho ri-letto «La pista dell’orrore» ma lo farò. Ho invece divorato «Il pugno dell’uomo»: concordo in tutto con Diego Rossi, un gran libro. Neanche io svelerò la trama ma aggiungo che – pur proiettandosi altrove – è di attualità stringente, in un certo senso persino sui due mali più tremendi che ci stanno affliggendo: il Covid (o simili) da una parte e la demagogia bugiarda, vile, fascistoide dall’altra.

Il premio Urania per i romanzi è affiancato dall’Urania Short. Non sempre apprezzo le scelte della giuria (o dipende dalla qualità del raccolto?) ma quest’anno tutti e tre i racconti finalisti – «Il Patch» di Luigi Calisi, «The Body Print» di Giada Cecchinelli e «Un patto equo» di Michela Lazzaroni – mi sono sembrati scritti assai bene e con trame innovative. Però in fondo all’Urania 1684 la scheda consente un voto e dunque un solo racconto vincerà (ma in caso di parità c’è il “ballottaggio”?). Così prima di fare la mia scelta ho dovuto meditare a lungo e … piacevolmente rileggerli tutti e tre. Dopo lunghe incertezze ho deciso: voterò «Un patto equo». Come dite? Il voto è segreto, bla-bla. Io rispondo: perchè mai?

PS: a dicembre Urania riproporrà «Rex tremendae maiestatis» (tuffaevi, se vi fosse sfuggito) di Valerio Evangelisti e «Oltre l’invisibile» di Clifford Simak che se non è alla pari del suo capolavoro «Anni senza fine»… poco ci manca; anzi il mio vecchio socio Riccardo Mancini lo considerava un “pari merito”. Vi ho avvisate/i.

Nell’immagine d’apertura – scelta dalla bottega – Urania (dal greco antico Οὐρανία «cielo»): figlia di Zeus e di Mnemosine. Qui sopra un celebre disegno di Karel Thole, a lungo illustratore delle copertine di Urania-Mondadori.

Redazione
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4 commenti

  • Pierluigi Pedretti

    Accidenti al Rossi e pure al Barbieri che ci incuriosiscono allo spasmo. Io soffro perchè nelle edicole della mia città del profondo sud Urania arriva a smozzichi. Dove li trovo Del Popolo Riolo e Zelazny? Uffa!

  • Caro Pierluigi, ti capisco, nemmeno io volevo le versioni digitali, nel mio caso non mi sono arreso e di solito nelle ultime settimane del mese torna qualche copia. Grazie del commento.

  • Ciao, presto scriverò una mia recensione de “Il Pugno dell’Uomo”, linkerò il tuo splendido articolo in calce al mio.

  • Grazie Nick, oltre che un amico tu sei un grande per me. L’articolo è venuto fuori dopo una lettura appassionata, densa, I pensieri erano molti e grazie al contributo prezioso di Daniele Barbieri, un maestro, abbiamo trovato una buona occasione di parlare di alcune storie che stanno facendo la differenza. Sono felice e aspetto con ansia di leggerti.

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