Della bandiera

di Mark Adin

La mia compagna è rincasata con un pacchetto tra le mani e una misteriosa soddisfazione sul viso. L’ha aperto e ne ha svolto una bandiera grande pressappoco come lei, un Tricolore che è subito finito a garrire sul balcone.

Mai avrei pensato che a casa mia sventolasse il Tricolore, e spiego subito perché.

Nel secolo scorso, evo dal quale provengo, il Tricolore lo innalzavano i fascisti. Ai comizi di Almirante, quelli che tentavamo di bloccare insieme a qualche vecchio partigiano – a volte riuscendoci a costo di assaggiare il calcio del moschetto – la piazza ne era gremita. Vedere un Tricolore era la punta dell’iceberg, lì sotto c’era un fascista. E i fascisti di allora erano quelli del Movimento Sociale Italiano, quelli di Junio Valerio Borghese, di Pino Rauti, di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, non so se mi spiego, la Russa era un dilettante.

Il Tricolore era insomma “dall’altra parte”. Sventolava cupo.

Le “nostre” bandiere erano altre: quelle rosse, rosse e nere, nere. Si portavano in corteo, spesso arrotolate su aste robuste e nodose.

Devo dire che, come oggetto simbolico, mi sono sempre state – tutte – un po’ antipatiche, perché hanno sempre richiamato alla mente qualcosa di militaresco, di marziale, di anti-moderno, da giostra medievale, da gonfalone liturgico. Transeat.

Guardo perciò l’amorosa, durante l’operazione di esposizione del patrio vessillo, con una leggera apprensione, chiedendomi: ma che stiamo facendo?

Stiamo facendo un gesto che si contrappone, oggi ricorrente i centocinquanta  dell’Unità d’Italia, a quanti vorrebbero che venisse posta in discussione.

Il 17 marzo (numero imbarazzante dal punto di vista apotropaico) è una festa nuova di pacca, che forse verrà scambiata con altra analoga, tanto perché il Pil non ne risenta, una festa che non tutti vogliono festeggiare, che rappresenta un cortocircuito per la nostra Repubblica, perché il Governo ha, al suo interno, Ministri che consigliano cittadini “di pulircisi il culo” con la bandiera nazionale, forse volendo ripristinare un’antica consuetudine di cui, probabilmente, non sono consapevoli.

Non resisto a divagare sul tema. Dalle mie parti, assicura il Vassalli, era invalso l’uso, prima che la carta fosse tanto disponibile, di nettarsi le terga con uno straccio di uso comune che veniva appeso a un chiodino fissato al muro della latrina. Sul pendulo vergognoso cencio era necessario trovare spazio libero e pulito per  utilizzarlo nel senso che indicava il signor Ministro. Il nome con cui veniva indicato questa pezza di dubbia igienicità è eloquente e, al contempo, da brivido: “leopardo”.

Torniamo a bomba.

L’esposizione del vessillo nazionale ha una connotazione diversa dal passato, è simbolo di unità di popolo, in contrapposizione alla bandiera leghista, che è simbolo della sua divisione: Italia da una parte e Padania dall’altra. In fondo c’è qualcosa che assomiglia al dualismo di valori che, ieri, venivano espressi dal nazionalismo dei fasci – che inalberavano il Tricolore – e l’internazionalismo della bandiera rossa o nera – che segnava l’anelito di fratellanza universale: “…nostra patria è il mondo intero…”.

L’una si chiudeva in sé stessa, l’altra si apriva al mondo. Questo, ovviamente, nelle pie intenzioni.

Oggi rivediamo queste due tendenze ancora contrapporsi, però in una logica più piccina, in tutti i sensi. Oggi gli orizzonti si sono ristretti, l’inspirazione inclusiva, l’abbraccio, contro l’espirazione esclusiva, il respingimento, riguarda solo lo stivaletto italiano. La nazione dei popoli ha lasciato il posto alla nazione padana, ambizioni diverse. L’Esperanto, sogno di una lingua comune, contro le parlate locali.

Espansione versus contrazione. Il polmone si riempie, il polmone si svuota: forse è così che respira la Storia. Io, in ogni caso, ho fame d’aria: sempre e comunque.

Pesco tra i ricordi un episodio di cronaca locale: parecchi anni fa (mi manca il coraggio per dire la verità, saranno una quarantina…) si celebrò, nella mia città in territorio padano, un processo per “vilipendio alla bandiera”, proprio così. Non so se ancora esista questo tipo di reato, ma non è questo il punto, allora era reato penale e veniva perseguito.

Un tizio, passando davanti a un Tricolore che, a causa dell’accentuata inclinazione dell’asta, penzolava a portata di mano, trovandosi in stato di necessità, ci si era soffiato il naso e aveva poi proseguito per la sua strada. L’incauto costipato era stato, ahilui!, notato da uno zelante cittadino il quale, pervaso da incontenibile amor di Patria, si era preso la briga di denunciarlo ai Carabinieri.

Racconta il difensore di allora, il Nando, straordinario avvocato, che il teppista che aveva osato oltraggiare la bandiera, macchiandosi di un crimine sì orrendo, rischiava una pena detentiva tutt’altro che trascurabile. La situazione processuale non era facile, il clima non era buono, la condanna molto probabile.

Il reo, non considerando la rilevanza della pena irrogabile aveva, spontaneamente quanto ingenuamente, ammesso la sua nefandezza, e dunque…

Ma il Nando non si dava per vinto, facendo appello a tutta la sua sapienza giuridica e al suo istinto forense, escogitò la migliore delle difese. Con il suo tono fiero e con voce alta e sicura raccontò ai giudici, ricostruendo il fattaccio, che il suo assistito stava tornando a casa dall’officina, reduce da una giornata pesante e faticosa. Padre di famiglia e gran lavoratore, quel giorno si era speso in modo particolare, con impegno e profusione di energie. Era esausto.

Nel transitare sotto al Tricolore, si era fermato e con il lembo della bandiera, sacro emblema di una Repubblica che proprio sul lavoro è fondata, non si era soffiato il naso come il malizioso testimone aveva riferito, bensì aveva asciugato il sudore che gli imperlava la fronte, sudore che rappresentava lo stigma di una Italia operosa e onesta. Splendido retore, il Nando.

L’immagine aveva suscitato la commozione nei giudici, che avevano prontamente assolto l’imputato.

Viva l’Italia.

Redazione
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4 commenti

  • Marco Pacifici

    …sei il mejo dei peggio DB…me fai morir dal vivere…

  • Caro Pugillares,
    hai ragione, oggi anche il patriotitismo italiano puo’ diventare simbolo dell’opposizione, simbolo di sinistra, invece che simulacro fascista. Grazie alla Lega, grazie a Berlusconi, che fa a pezzi la costituzione, e grazie a Ciampi, che malgrado la retorica, la costituzione la voleva come base del nuovo patriottismo costituzionale. Baci

  • Siamo passati dal reato di vilipendio alla Bandiera ad una grande tolleranza. Sono, come dici tu, il respiro della storia, il va e vieni di un’onda che spero non diventi mai tsunami. Sono abbastanza vecchio, ma non mi ricordo dei “leopardi”. Ricordo invece di un signore un po’ di sinistra, che, raccontava lui, si fece stampare da un suo amico tipografo, il ritratto del duce su fogli di carta velina. Li usava poi come carta igienica. Erano tempi di dittatura e per sua fortuna non fu mai scoperto. Talvolta però mi prende smania di emularlo. Cambiando soggetto, ovviamente.

  • E’ un momento di retorica: per affrancarci, torniamo alle parole dei padri della patria 😉 Si trovano su twitter…
    http://twitter.com/@twitalia150/eroi-twittanti

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