Democrazia a rischio

di Gian Marco Martignoni

“Oggi è politicamente corretto il dileggio, l’aggressione verbale, la volgarità, la scurrilità”, annota sapientemente  il giurista Gustavo Zagrebelsky nel pampleth “Sulla lingua del tempo presente”, pubblicato  recentemente  dalla casa editrice Einaudi.

Le invettive del Presidente del Consiglio contro gli insegnanti, i magistrati, la Costituzione, le dichiarazioni altisonanti di Bossi contro i “clandestini”, quelle retoricamente  “criminali” di Castelli e Speroni sono il compendio di quanto ci viene propinato quotidianamente dal peggior ceto politico di governo dalla Resistenza ad oggi.

Un ceto politico che certamente è stato eletto, rispecchiando la mutazione antropologica che ha investito il nostro paese dagli anni ’80 a partire dal craxismo e il disorientamento determinato dall’introiezione da parte dell’ex –sinistra dei dettami del neo-liberismo rispetto alla sua tradizionale base sociale; ma che, nonostante il sistema maggioritario sia intrinsecamente autoritario, trova nel dettato costituzionale un argine incredibilmente potente e resistente a quella dittatura della maggioranza a cui tendenzialmente aspira.

Una dittatura della maggioranza che è l’espressione di quella pseudo-cultura aziendalista che ha nel PdL e nella Lega Nord i suoi interpreti dichiarati, per cui la magistratura deve essere assoggettata al potere assoluto dell’esecutivo, per non avere intralci  di sorta con la giustizia, lasciando proseguire indisturbato quell’affarismo che ha incrementato a dismisura la corruzione, come ci ha segnalato recentemente  la Corte dei Conti nella consueta relazione annuale.

D’altronde, il Presidente del Consiglio è notoriamente entrato in politica per sfuggire alla giustizia, ed ora, dopo che i sodali Dell’Utri e Previti sono stati pesantemente condannati per affari loschi, sente il fiato sul collo dalla magistratura, nonché con tutta probabilità registra un certo calo dei consensi.

Poiché una cosa è arringare di volta in volta le folle a L’Aquila, a Napoli, a Lampedusa ecc., contando sulla manipolazione mediatica e i servigi di direttori prezzolati alla Minzolini, un altro è fare i conti con la realtà concreta, in quanto  non materializzandosi le promesse facilmente declamate, si determina conseguentemente disillusione, repulsione e disaffezione dalla politica politicante.

In quanto alla Lega Nord come dice il proverbio “il diavolo fa le pentole ma non i coperchi”: pertanto dopo aver attuato con il Ministro Maroni la criminale politica dei respingimenti, al solo scopo di raccogliere uno strumentale e bieco consenso, contando sui servigi dell’amico Gheddafi nella negazione più completa dei diritti umani, il sommovimento che ha investito i paesi del Nord Africa ha svelato l’assenza di qualsiasi politica di accoglienza e di solidarietà umana da parte dell’attuale compagine governativa.

Infatti, il populismo di destra su scala europea ed internazionale alimenta le politiche volte a carpire il consenso proprio attraverso la propaganda razzista e sicuritaria, essendo portatore di una pedagogia negativa, poiché “tratta i cittadini comuni, non esperti di cose politiche”, riprendo ancora le puntuali osservazioni  di Zagrebelsky , “ non come persone consapevoli ma sudditi, anzi come plebe “.

Inoltre, essendosi la Lega Nord legata mani e piedi ai voleri di Silvio Berlusconi, pensando di aumentare le poltrone di sottogoverno a cui voracemente ambisce  e di incassare il federalismo in salsa secessionista  ,  mentre strepita contro Roma, le ripetute cadute di stile del presidente del Consiglio sicuramente non le giovano .

Se poi si considera che il governo intende sopravvivere attraverso l’inqualificabile compravendita dei parlamentari, mentre a proposito della vicenda Parmalat Mario Deaglio su  “ La Stampa” del 26.3 ha correttamente descritto  il rischio di retrocessione che  l’Italia corre  sul piano economico e occupazionale a livello internazionale, abbiamo una plastica idea dei danni provocati  nell’ultimo decennio da queste destre petulanti.

Oltre che della barbarie purtroppo presente e dilagante del cosiddetto Occidente “ civilizzato”

In questo quadro eversivo per le sorti della democrazia purtroppo le forze di opposizione in Parlamento si dimostrano inadeguate rispetto alla durezza del conflitto in corso, poiché non avendo al centro dei loro programmi la difesa e la valorizzazione del lavoro – la vicenda Fiat è paradossalmente emblematica in questo senso -, e scontando un grave ritardo storico-politico nei confronti della tematica innovativa dei beni comuni, prigioniere come sono dell’ideologia privatistica che le plasma, si limitano ad una difesa solo formale, ma insufficiente, della democrazia.

Giacchè la democrazia o viene innervata socialmente grazie alla pressione di adeguati rapporti di forza nel mondo del lavoro e nella società, di qui l’importanza e la centralità dello sciopero generale promosso dalla Cgil il 6 maggio, oppure la stessa subisce un progressivo svuotamento per mano delle destre reazionarie e di un padronato tutt’altro che illuminato.

Redazione
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