Dicono che uno ogni sette sia Marte-dì

1 – Scalzi; 2 – Simak (sì… ma);  3-l’artificiale luccicante e l’umano arruginito; 4 – annunci ghiotti

1

Ecco il primo Urania potabile: «Uomini in rosso» (traduzione di Marcello Jatosti; soliti 4,90 euri per 264 pagine) di John Scalzi: «premio Hugo 2013 miglior romanzo». Sembra uno “space opera” ma troppe volte, fin dall’inizio, c’è chi ripete «tutto questo è completamente assurdo». Così, fra le pagine 86 e 89 arriva il colpo di scena: è proprio un Big Bang (che ovviamente taceròòòòò) e tutto cambia. Non potendovi raccontare la trama vi accennerò che «dio è un imbrattacarte» pag 115), che «qui la storia comincia a farsi un po’ folle» (pag 172), che c’è un bel finale più tre “code” che sanno quasi di avanguardie.

«Non ne possiamo più delle divise blu» si canticchia in certi cortei antagonisti. Ma quelli «con le divise rosse» (la prima serie di «Star Trek», ricordate?) non ci infastidiranno troppo perché «c’era qualche sfigato con la divisa rossa che finiva polverizzato prima dello stacco pubblicitario; la morale della favola era che non dovevi portare la maglia rossa».

In sintesi: «Uomini rossi» è da leggere, da godere in alcuni passaggi. Però – dettone bene – un piccolo dubbio lo avanzo: se questo è il miglior romanzo del 2013… non dev’essere stata una delle annate migliori.

2

Sempre in edicola un altro Urania (o meglio: Urania Collezione) da leggere: è «I visitatori» – del 1980, traduzione di Giuseppe Lippi; 248 pagine per 5,90 euri – di Clifford Simak, uno dei padri della fantascienza classica. Dico subito che è un bel libro, con un ottimo finale “sospeso” e ricco di idee… seppure non all’altezza del più splendente Simak (ma quanti libri nel secolo scorso sono paragonabili a «CityAnni senza fine»?). Confesso che «I visitatori» mi ha sorpreso per due motivi: a suo tempo mi era sfuggito (che strano) e l’ultimo Simak era fiacchissimo (forse per questo inconsciamente lo avevo evitato?).

Stavolta qualcosa della trama posso dirvi. L’Ufo (o qualcosa che vagamente gli assomiglia) atterra a pagina 12 e nella pag seguente c’è già un idiota che spara… per finire incenerito. Poi il ritmo rallenta ma le attese sono costruite magistralmente. Geniale che “il rapito” (per così dire) dagli alieni rifiuti di parlare con i giornalisti… per non fare la figura del pazzo. Fra le non moltissime storie costruite sulla “incomprensibilità” questo è uno dei migliori. Difetti? Qualcuno: per esempio è un pochino troppo “buono” con gli Usa. E a essere pignoli non credo che tradurre indifferentemente «ecologi» ed «ecologisti» sia corretto. Ma il ragionamento sulla «possibilità» da esplorare, il sarcasmo sulle automobili (ma anche sui tifosi inferociti) e un paio di altre chicche – che non posso dirvi – vi faranno passar sopra ogni difettuccio. Una sola citazione: «Non ne so molto di storia ma da qualche parte c’è un vicolo cieco e noi lo abbiamo imboccato». Eh, sì. A fine libro vi ricorderete del noto detto «timeo danaos et dona ferentes» – per chi non sa il latino: «temo i Greci anche quando portano doni» – e forse vi chiederete chi sono i troiani… nel mondo di Simak e in quello parallelo nel quale abitate e forse anch’io abito. Lo ripeto? Non è «CityAnni senza fine» (a proposito: se non lo conoscete correte in libreria, lo trovate negli Oscar) ma va letto.

3

Ho provato a “piratarli” ma non ci sono riuscito. Se siete più bravi di me recuperate in rete due articoli su «Il fatto quotidiano» di ieri, ovvero «Quei robot più intelligenti di noi» di Ferruccio Sansa e «Se saremo d’ostacolo elimineranno l’uomo» di Beatrice Borromeo dove quello strano “elimineranno” senza soggetto si riferisce a “loro” cioè alle Ai (Artificial Intelligence). Nel primo caso Sansa chiacchiera con Roberto Cingolani, direttore dell’Istituto di tecnologia di Genova, nel secondo Borromeo vola a Oxford per intervistare Nick Bostrom, «direttore dell’Istituto per il futuro dell’umanità della prestigiosa Oxford university e tra i massimi esperti mondiali di Ai». Fra citazioni di «Terminator» e «Blade Runner» il quadro è fosco: «sarà la fine della nostra civiltà», «è una battaglia che non possiamo vincere» martella Bostrom. Quando? Non molto più in là del 2040 e dunque fanciulle e fanciulli affrettatevi a prendere i posti migliori per vedere la fine della civiltà da vicino. Come ben sappiamo, da tempo uno dei casini in cui ci siamo cacciati è quello di giornalisti e intellettuali (veri e/o presunti) all’insegna del corno “apocalittici e integrati”, ovvero: o stiamo marciando verso la catastrofe o questo è il miglior mondo possibile. In mezzo nulla: riforme, rivoluzioni, correttivi, ricerca, pensiero critico, altre possibilità… non ci sono (o meglio non se ne parla, questa è la mia tesi). Stupisce in questa inchiesta – interessante in alcuni passaggi – l’assenza di ogni riferimento alla politica ma anche a scuola e studio che possono aiutare gli umani a controllare il futuro (includendo le Ai) invece che subirlo: forse il problema non consiste nelle tecnologie luccicanti ma negli umani arruginiti… e/o spossessati di ogni potere politico, per  come la vedo io. Quanto al minaccioso 2040…. a fiuto direi che prima delle Ai ci dovremmo preoccupare di due concretissimi e comprovati rischi: il collasso ecologico-climatico e la crescente arroganza di costruttori d’arma e militari che ci stanno precipitando verso molte, nuove guerre. E quando dico “preoccupare” intendo agire invece di blaterare, impiegare le nostre Na (naturali intelligenze) per cambiar rotta. E mi permetto di consigliare al suddetto quartetto – in ordine alfabetico: Borromeo, Bostrom, Cingolani, Sansa – la lettura del romanzo di Simak sopra citato, soprattutto delle ultime pagine.

4

La prossima settimana prevedo e preparo un Marte-dì ghiottissimo. Perciò non teletrasportatevi troppo lontano e a lungo.

 

 

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Redazione
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