Dieci, cento, mille Fernando Pessoa – 1

Comincio con oggi la pubblicazione in sei puntate di uno straordinario lavoro di Orazio Barrese sul personaggio Pessoa.
L’ho volutamente definito personaggio.
Pur trattandosi di uno tra i principali poeti del Novecento, forse il più prolifico e creativo, per la ragioni che Orazio Barrese sintetizza nel pezzo di introduzione che segue, egli ha fatto di se stesso uomo un mito, un labirinto (labirinto di nomi e di personalità), una cooperativa di scrittori immaginari; trasformandosi egli stesso in un eroe immaginario.


Non aggiungo altro a questa presentazione. Tutto il necessario da sapere lo ha già sintetizzato l’autore. Per quanto sia sintetizzabile la iperbolica, fantascientifica opera di un artista che non trova degni paragoni. (Mauro Antonio Miglieruolo)

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Pessoa
Di Orazio Barrese

Per almeno vent’anni, tra il 1915 e il 1935, al centro della vita culturale portoghese vi fu un gruppo di letterati di varie “scuole” e tendenze. Di essi, a parte le pubblicazioni, erano note soltanto una sommaria biografia e la professione: medico, ingegnere navale, ecc. ma l’unico fisicamente noto era Fernando Pessoa. Alla sua morte, nel 1935, si venne a scoprire che quella moltitudine di poeti, che pure avevano affascinato i critici dell’epoca, anagraficamente non erano mai esistiti. Erano stati “creati” da Pessoa, assieme a numerosi altri personaggi -filosofi, enigmisti, esoterici, scrittori di gialli- e la “creazione” era stata così “perfetta”, che nessuno aveva mai dubitato della loro esistenza. Peraltro era impossibile pensare a degli eteronomi, dato che frequenti e accese erano le polemiche tra di loro, e Pessoa aveva più volte dichiarato di non condividere nulla della loro, che poi era la sua, produzione letteraria.
Pessoa è considerato il più grande poeta portoghese del ‘900, sia per la “sua” opera, ma soprattutto per quella, tanto diversa eppur sempre sua, dei suoi eteronomi e vasti sono gli onori e gli omaggi che gli vengono ancor oggi tributati.
A Lisbona sul marciapiede davanti all’ingresso del famoso caffé A Brasileira, una singolare scultura mostra un uomo seduto su sua sedia con le gambe accavallate. Del piccolo “monumento”, che raffigura Pessoa, fa parte anche una sedia vuota, come a far posto al turista o al passante che intende avere una particolare foto-ricordo. A Porto v’è una università a lui intitolata, con facoltà sia umanistiche che scientifiche ( medicina e ingegneria), vi sono biblioteche in tutto il paese, v’è persino – massimo attestato – la sua immagine su una banconota da 100 escudos.

Sino alla fine degli anni settanta il nome di Pessoa era noto solo a ristrette élites culturali. É nei primi anni ottanta che si diffondono gli studi e le pubblicazioni a lui dedicate. In Italia il merito va a un esiguo gruppo di intellettuali, primo tra tutti, Antonio Tabucchi, e a case editrici quali Adelphi e Guanda, cui si sono via via aggiunti altri autori ed editori. A dilatarne la notorietà interviene poi, nel 1984, L’anno della morte di Ricardo Reis, il celebre romanzo di José Saramago.

Ormai Pessoa non è più segregato negli ambienti paludati dell’alta letteratura, ma ha cominciato ad affrontare, esercitando uno straordinario fascino, un “auditorio” più ampio. Non a caso Roberto Vecchioni gli ha dedicato la canzone Lettera d’amore nell’album Il cielo capovolto; una quasi analoga citazione si ha nella canzone Vivosunamela dei Bluvertigo, scritta da Morgan e inclusa nell’album Acidi e basi; nel film Il ciclone di Leonardo Pieraccioni il protagonista maschile per far colpo su una ragazza finge di conoscere tutte le poesie di Pessoa; nell’album White magic for Lovers del gruppo britannico Drugstore è inclusa la canzone Song For Pessoa.
L’interesse continua a crescere, come dimostrano i nuovi libri e le tante ristampe. C’è un esempio particolarmente significativo: nel diciannovesimo volume del 2011 della “Biblioteca di Repubblica”, la collana che il quotidiano romano dedica ai grandi della narrativa, e che ha una diffusione di alcune centinaia di migliaia di copie, viene pubblicato il suo Il banchiere anarchico, che pure vari anni prima era stato apparso nelle edizioni Guanda, con l’aggiunta di altri racconti.
La prima stesura del soggetto che qui si propone – e che in sede di sceneggiatura dovrà essere arricchito di dettagli, atmosfere, approfondimenti dei contesti e del carattere dei personaggi- risale a vari anni fa ed è stata più volte rivista e aggiornata sulla base delle nuove “scoperte”. Riteniamo che oggi ci si trovi di fronte a un quadro completo e che proporlo al vasto pubblico televisivo possa dar luogo non soltanto a un grande spettacolo, ma anche a uno straordinario evento culturale.

Redazione
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  • Aggiungo che il Demotape degli esordienti Bluvertigo (che precedeva Acidi e Basi, l’album contenente Vivosunamela) si intitolava “Note del poeta fingitore”

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